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Unicredit-Mustier

Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm. Ecco cosa succederà con le regole Ifrs9

L’approfondimento di Francesco Ninfole, giornalista di Mf/Milano Finanza Le banche stanno accelerando la pulizia dei bilanci sfruttando l’avvio (avvenuto a gennaio) del principio contabile Ifrs9. Per effetto della novità regolamentare tutti i maggiori istituti hanno aumentato le coperture sui crediti deteriorati, come mostrano i dati raccolti da Moody’s: Unicredit è salita dal 56 al 59%, Intesa dal 51 al…

Le banche stanno accelerando la pulizia dei bilanci sfruttando l’avvio (avvenuto a gennaio) del principio contabile Ifrs9. Per effetto della novità regolamentare tutti i maggiori istituti hanno aumentato le coperture sui crediti deteriorati, come mostrano i dati raccolti da Moody’s: Unicredit è salita dal 56 al 59%, Intesa dal 51 al 57%, Banco Bpm dal 49 al 54%, Mps dal 51 al 57%, Ubi dal 36 al 43%, Bper dal 49 al 58%. Il livello delle coperture è uno degli indicatori della qualità dell’attivo, da considerare assieme alle garanzie e al livello complessivo dei non-performing loans.

IL GIUDIZIO DI MOODY’S

«La mossa delle banche è positiva perché accelererà lo smaltimento dei crediti deteriorati e ne faciliterà la vendita», ha osservato l’agenzia Moody’s. Inoltre «aiuterà le banche italiane a raggiungere le aspettative di vigilanza sempre più stringenti». Le maggiori coperture consentono più flessibilità alle banche poiché avvicinano i valori di bilancio delle sofferenze a quelli di mercato. I gruppi hanno così accelerato i programmi di riduzione dei crediti deteriorati.

TUTTI GLI EFFETTI

La manovra legata all’adozione dell’Ifrs9 non avrà un costo in termini di profitti, mentre produrrà una riduzione del capitale, che tuttavia sarà diluita in cinque anni con una ponderazione crescente. Anche se gli analisti guardano già all’effetto complessivo al 2023 (fully phased), le banche hanno tempo per assorbire l’impatto patrimoniale. Il carico è basso nei primi anni: solo il 5% dell’effetto patrimoniale si rifletterà sui bilanci nel 2018, un livello che salirà al 15% nel 2019, al 30% nel 2020, al 50% nel 2021, al 75% nel 2022 e al 100% nel 2023. Per esempio, Ubi ha reso noto che l’impatto sarà solo dello 0,01% quest’anno sullo 0,12% complessivo. Sarà più alto l’impatto finale per Unicredit (0,4% di capitale), Intesa  (1%), Bper  (1,7%), Banco Bpm  (1,75%) e Mps (2%).

DOSSIER ACCANTONAMENTI

Più in generale, il principio Ifrs9 prevede accantonamenti basati sulle perdite attese e non più soltanto su quelle effettivamente registrate. Perciò produrrà un aumento delle rettifiche e possibili effetti prociclici. Tuttavia la clausola di avvio, la cosiddetta first time adoption, è stata considerata un’occasione dalle banche perché ha permesso di svalutare i crediti senza impatto sui dividendi e senza compromettere i livelli di capitale.

COSA PENSA BANKITALIA

«Il problema delle banche italiane non è quello dei crediti deteriorati ma quello della redditività», ha detto ieri in occasione di un convegno Paolo Angelini, vice-capo del dipartimento vigilanza della Banca d’Italia. A proposito di npl, Angelini ha spiegato che «l’elevato stock deriva in primis dalla recessione e poi dalla durata delle procedure di recupero credito». Sulla base dei dati della Banca Mondiale, Angelini ha sottolineato che «in Italia occorrono 1.100 giorni per risolvere una controversia in tribunale contro una media europea di 400 giorni». Su questo fronte c’è quindi spazio per ulteriori progressi riguardo a normative ed efficienza di alcuni tribunali.

(estratto di un articolo di Mf/Milano Finanza)

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