L’autorità di controllo sulle banche americana concede una licenza nazionale alle Fintech che offrono servizi bancari. Ma l’associazione degli istituti non ci sta. Roberto Lorini (Pwc) avverte: le banche tradizionali non moriranno, purchè si adeguino.
Il Fintech Usa avanza, nel nome di Donald Trump. E apre un nuovo fronte con il sistema bancario tradizionale, poco tranquillo dinnanzi alla crescita del business mondiale della tecnofinanza (qui gli approfondimenti di Start Magazine). Ora ad aumentare la preoccupazione ci si è messa pure un’epocale decisione dell’Occ, ovvero l’Office of the Comptroller of the Currency, la vigilanza bancaria Usa.
Licenza bancaria nazionale al Fintech
Che cosa è successo? Lo scorso 15 marzo l’Occ ha diffuso una bozza di regolamento per consentire alle società del Fintech di richiedere una licenza bancaria valida in tutto il Paese. La differenza con la concessione di una normale licenza è sostanziale, perchè da questo momento in poi non sarà più necessario avviare un’apposita procedura per ogni Stato in cui la società è operativa. In pratica, se un cittadino del Missouri vuole utilizzare i servizi di quella società nel Kansas, potrà farlo liberamente. Una decisione che al di là dell’importante valore pratico ha un grande rilievo simbolico ed è coerente con un atteggiamento dell’amministrazione Trump tutto sommato ben disposta verso questa nuove realtà del mondo finanziario.
Cosa prevede il regolamento
Restano da capire i dettagli delle nuove regole varate dall’Autorità statunitense con sede a Washington. L’obiettivo è duplice. Il primo, va da se, ovvero promuovere la modernizzazione, la concorrenza e l’efficienza del sistema bancario statunitense, mettendolo in concorrenza con le realtà più innovative e dinamiche. D’altronde, sapere che nel mondo c’è chi è più veloce e magari meno costoso, è uno stimolo non da poco a fare di meglio. Il secondo obiettivo sta nell’estendere anche alle fintech alcuni requisiti patrimoniali e regolamentari posti a tutela dei consumatori e della stabilità del sistema. Che vuol dire?
Tra opportunità e regole
Non è che perchè una cosa è nuova allora è anche affidabile al 100%. Negli Stati Uniti lo hanno capito, e lo dimostra lo stesso regolamento dell’Occ. Tecnicamente quella che l’ufficio mette a disposizione è infatti una licenza speciale (special purpose national bank) che abilita i richiedenti solo ad alcune funzioni bancarie. In particolare non prevede la possibilità di raccogliere depositi dalla clientela con la copertura dell’assicurazione che protegge i conti correnti del sistema bancario tradizionale. In altre parole, le Fintech possono fare da banca ma non a 360 gradi come quelle tradizionali, considerate dalle istituzioni statunitensi, ancora più solide. A conti fatti, se da una parte cadono limiti geografici di operatività, dall’altra permangono requisiti precisi in termini di patrimonio.
La risposta della banche americane
Naturalmente le banche americane non potevano starsene zitte e buone davanti a tale decisione. L’Independent Community Bankers of America (Icba), l’associazione delle banche americane ha chiesto all’Occ di scartare la sua proposta. In una lettera l’Icba ha chiesto la revoca immediata del regolamento. “Icba continua ad avere forti preoccupazioni per una norma che non chiarisce l’effettivo ruolo delle Fintech nel sistema bancario. L’Occ avrebbe dovuto prima effettuare una consultazione pubblica e tra gli operatori finanziari, prima di procedere, tenendo anche incontri di consultazione”. Inoltre l’associazione rileva un aspetto. E cioè “quali sono le regole cui devono sottostare queste fintech? E quali le garanzie che hanno i consumatori tradizionali, abituati ai servizi delle banche classiche?”. Domande a cui l’Occ non ha ancora risposto.
Banche tradizionali tranquille (ma non troppo)
Sulla questione del Fintech Usa e sui possibili risvolti anche per l’Europa, Start Magazine ha chiesto il parere di Roberto Lorini, Fintech leader presso Pricewaterhousecoopers. “L’evoluzione delle normative, anche in Europa, sta cercando di favorire una competizione più aperta nel settore finanziario che comprenda anche operatori nuovi. Ne è un esempio la PSD2 – che è la nuova Direttiva sui Pagamenti che entrerà in vigore in tutti i Paesi Europei dal gennaio del prossimo anno – e che prevede che gli operatori tradizionali forniscano l’accesso ai conti correnti dei clienti a terze parti”. E così “anche la Cma (Competition and Market Authority in UK) che spinge le banche verso un modello aperto per garantire una maggiore offerta ai clienti”. La domanda però è, ma le banche possono stare tranquille? “Il fatto – spiega Lorini – che le normative non rappresentino più una barriera di ingresso a nuovi entranti nel mercato non comporta necessariamente uno smantellamento del sistema. Significa però certamente che gli operatori tradizionali devono fare delle scelte strategiche di posizionamento, analizzare e valutare nuovi modelli di business ed avviare coerentemente un percorso di innovazione che deve attraversare tutti gli aspetti core dell’azienda: cultura, modello di servizio, canali, processi e tecnologie”.
La battaglia per Moneygram
Intanto, tanto per rimanere in tema, tra Usa e Cina è in atto uno scontro sotterraneo in nome di uno dei business più redditizi al mondo: le rimesse all’estero, ovvero i soldi che i migranti spediscono al loro Paese per mantenere le famiglie. E’ la corsa per il controllo (qui l’approfondimento di Start Mag) di Moneygram, il leader mondiale delle rimesse all’estero e del trasferimento elettronico di denaro. In campo, nemmeno a dirlo, due giganti dell’innovazione, ovvero Alibaba, il colosso dell’e-commerce del magnate Jack Ma ed Euronet, gigante statunitense dei pagamenti elettronici con sede in Kansas. In palio c’è il 20% del mercato rimesse nel mondo (6,8 miliardi il giro d’affari in Italia) tanto vale infatti la quota di Moneygram, seconda solo a Western Union.
Il blitz di Jack Ma
Tutto è iniziato a gennaio, per la precisione sei giorni dopo il passaggio di testimone alla Casa Bianca tra Barack Obama e Donald Trump. Il 27 gennaio Ant, la divisione pagamenti di Alibaba, prossima alla quotazione, ha presentato un’offerta di 880 milioni di dollari, in pratica 13,2 dollari per ogni azione. Una mossa arrivata in coincidenza dell’insediamento di un presidente che ha fatto del protezionismo e dell’American first, il suo grido di battaglia. Impossibile dunque non attendersi una reazione a stretto giro. Anche perchè va considerato un aspetto: il matrimonio con Alibaba permetterebbe a Moneygram di sposare i 630 milioni di utenti di Ant, che si appresta a debuttare in Borsa proprio quest’anno, valutata già 75 miliardi di dollari.