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Una guerra energetica per fermare la Corea del Nord

Gli Usa pensano all’embargo petrolifero per la Corea del Nord. Basterà questo a fermare Kim Jong Un?   Fermare la Corea del Nord, le sue minacce e i suoi test nucleari. Una missione davvero difficile, ma ma non impossibile, a meno a detta di Donald Trump, convinto che l’embargo petrolifero potrebbe mettere in difficoltà il…

Gli Usa pensano all’embargo petrolifero per la Corea del Nord. Basterà questo a fermare Kim Jong Un?

 

Fermare la Corea del Nord, le sue minacce e i suoi test nucleari. Una missione davvero difficile, ma ma non impossibile, a meno a detta di Donald Trump, convinto che l’embargo petrolifero potrebbe mettere in difficoltà il regime dittatoriale di Kim Jong Un.

A chiudere i rubinetti dovrebbe essere la Cina, stessa nazione già penalizzata dalle sanzioni sulle esportazioni imposte alla Corea del Nord. A Pechino arriva sempre meno carbone (almeno in teoria), fonte fossile di cui la Corea del Nord è ricca e su cui basa gran parte della sua economia. Ma andiamo per gradi.

Il mix energetico della Corea del Nord

Corea del NordPartiamo da qualche dato per comprendere meglio la situazione. La Corea del Nord la produce internamente gran parte dell’energia di cui ha bisogno, grazie al nucleare e al carbone, che insieme soddisfano quasi completamente la domanda di energia. Dal nucleare, in particolare, secondo i dati 2014 dell’Agenzia Internazionale per l’energia, arrivano 40.761 Ktoe, thousand tonnes of oil equivalent (mille tonnellate equivalenti di petrolio)  , su 49.108 prodotte nel complesso.

Seguono biomasse (5.593 Ktoe) e idroelettrico (237 Ktoe). C’è anche il petrolio nel mix energetico della Corea del Nord, la cui produzione casalinga, però è davvero bassa. L’oro nero dunque arriva dalla Cina (soprattutto) e dalla Russia.

Le prime sanzioni…energetiche

Il carbone prodotto internamente non è solo fonte di energia, ma anche grande risorsa economica del Paese. Nel 2016, secondo i dati della U.S. Energy Information Administration, l’1,2 miliardi di dollari derivanti dalle esportazioni di carbone hanno rappresentato ben il 40% del totale delle entrate da esportazioni.

Limitare le esportazioni e gli scambi commerciali, dunque, dovrebbe avere come effetto immediato quello di limitare le entrate. È con questo obiettivo che in una risoluzione Onu, risalente a marzo 2016, si imponeva alle nazioni membri di importare carbone dalla Corea del Nord. Sanzioni poi ribadite più recentemente con la risoluzione 2321 delle Nazioni Unite. I limiti imposti dovrebbero portare i guadagni a scendere a 400 milioni di dollari nel 2017, circa un terzo della media delle entrate del precedente quinquennio.

Ad essere colpita da queste sanzioni non è solo la Corea del Nord, ma la Cina a cui va gran parte del carbone esportato. Nel dicembre 2016, il primo mese in cui è stata applicata la risoluzione 2321 dell’ONU, la Cina ha riferito di aver importato carbone originario della Corea del Nord per un valore doppio rispetto al limite imposto dalle Nazioni Unite.

Solo alla fine di febbraio 2017, la Cina ha deciso che avrebbe sospeso le importazioni di carbone nordcoreano entro la fine dell’anno per punire Pyongyang per il suo quinto test nucleare avvenuto nel mese di settembre 2016.

Corea del Nord

Anche la Russia, come ricorda la U.S. Energy Information Administration, è un importante partner commerciale per la Corea del Nord. Nel 2014 è stata rinnovata la linea ferroviaria tra la Russia e il porto nord di Rajin, con l’ammodernamento delle infrastrutture per il trasporto di carbone.

Dopo il completamento del progetto ferroviario e portuale, la quantità di carbone russo che attraversava la Corea del Nord è aumentato notevolmente: da 0,1 milioni di tonnellate nel 2014 a 1,1 milioni di tonnellate nel 2015 e a 1,5 milioni di tonnellate nel 2016. Le importazioni di carbone russo il primo trimestre del 2017 era no leggermente superiore rispetto al primo trimestre del 2016.

Corea del NordArriva l’embargo sul petrolio?

Colpire il carbone, però, non basta. E allora, la soluzione potrebbe essere quella di colpire anche il petrolio. Nel 2016 il consumo di petrolio della Corea del Nord non è però rilevante, con la EIA che propone una stima di circa 15000 barili giornalieri.

Ad assicurare questa fonte fossile è Pechino: è dalla Cina che partono 10.000 barili di petrolio giornalieri diretti a Ponghwa, ove ha sede l’unica raffineria operativa della nazione. Ed è sempre la Cina a fornire anche 6.000 barili giornalieri di prodotti petroliferi.

Una misura che potrebbe essere decisiva?

Se è vero che il sesto test nucleare potrebbe rappresentare la cosiddetta linea rossa in grado di favorire l’intervento attivo di Russia e Cina contro la Corea del Nord, è anche vero che è difficile stabilire se un aumento delle sanzioni sia effettivamente in grado di condizionare il comportamento di Pyongyang.

Concentrandoci sul fronte petrolio, fonte utilizzata anche a scopo militare, c’è da dire che solo un embargo a lungo termine potrebbe garantire il collasso del regime di Kim Jong Un. A breve termine, la Corea dovrebbe avere delle riserve che le permetterebbero di continuare a progettare e pianificare come fatto fino ad oggi.

La Cina tentenna

Isolare la Corea dal punto di vista energetico è la strada proposta da Donald Trump. Ma a chiudere i rubinetti dovrebbe essere la Cina, primo fornitore di petrolio, che nonostante le sanzioni, le minacce e gli ammonimenti, resta ancora il principale interlocutore di Pyongyang.

La Cina ha sempre evitato e continuerà a ad evitare di spingere la Corea del Nord al collasso. Se questo avvenisse, infatti, ci sarebbero importanti ripercussioni economiche e politiche, con gli Stati Uniti che potrebbero rafforzare il loro peso militare nell’area sfruttando la possibile unione tra Corea del Nord e Corea del Sud. Dunque, anche se gli interessi e le visioni divergono, e i rapporti tra il presidente cinese Xi Jinping e il dittatore nordcoreano Kim Jong Un si siano raffreddati, alla Cina “fa comodo” mantenere rapporti commerciali con la Corea del Nord.

Chiudere i rubinetti, poi, potrebbe anche dare vita a reazioni forti da parte di Pyongyang, con la conseguenza di una catastrofe umanitaria che spingerebbe milioni di profughi a varcare proprio il confine cinese.

Cina

E la Russia?

Anche la Russia continua a giocare la sua partita in questa vicenda. E proprio come sta facendo la Cina, sta evitando di chiudere tutte le porte alla Corea, continuando a fare a braccio di ferro con Trump.

Proprio nelle scorse ore, Vladimir Putin ha ribadito l’interesse di Mosca a progetti economici trilaterali, con la partecipazione della Corea del Nord e della Corea del Sud nel settore delle forniture di energia elettrica e gas. “La Russia è ancora pronta ad attuare progetti trilaterali che coinvolgano la Repubblica popolare democratica della Corea”, ha affermato Putin dopo il bilaterale avuto con l’omologo di Seul Moon Jae-in, a Vladivostok.

I nuovi progetti, per Mosca, porteranno “non solo vantaggi economici”, ma contribuiranno “anche a rafforzare la fiducia e la stabilità nella penisola”. La Russia, in pratica, vorrebbe fornire gas alla Corea, tramite metanodotti.

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