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Stati Uniti Riapertura

Donald Trump: perchè sono saltate tutte le previsioni

Contro ogni previsione, Donald Trump ha vinto le elezioni elettorali, diventando il 45esimo Presidente Usa. L’analisi di Ernesto Di Giovanni, Partner di Utopia Lab e Fellow dell’International Visitor Leadership Program (IVLP). Nelle scorse abbiamo assistito a quello che, nel corso di tutta la campagna elettorale delle primarie e delle presidenziali, veniva ritenuto letteralmente impossibile: l’elezione di…

Contro ogni previsione, Donald Trump ha vinto le elezioni elettorali, diventando il 45esimo Presidente Usa. L’analisi di Ernesto Di Giovanni, Partner di Utopia Lab e Fellow dell’International Visitor Leadership Program (IVLP).

Nelle scorse abbiamo assistito a quello che, nel corso di tutta la campagna elettorale delle primarie e delle presidenziali, veniva ritenuto letteralmente impossibile: l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Un’eresia per molti, un oltraggio per altri, un affronto per i più.

Sono passati esattamente 512 giorni dall’inizio della campagna elettorale delle primarie repubblicane – 18 mesi fa – e dal giorno in cui il magnate newyorkese ha cominciato la sua scalata alla Presidenza. Nessuno aveva previsto che questo potesse accadere e nemmeno che Trump potesse riuscire a conquistare la nomination del GOP e ribaltare completamente i pronostici dei media a stelle e strisce.

Donald Trump è stato il candidato supportato da una forte base repubblicana disillusa, scontenta e impoverita contro l’establishment del proprio partito, mentre Hillary Clinton è stata la candidata dell’establishment democratico che invece è stata abbandonata dalla sua base elettorale.

Questa semplice considerazione, seppur banale e concisa, rappresenta il succo dell’esito del voto di ieri.

Inutile girare attorno all’imbarbarimento della campagna elettorale, del populismo e della demagogia: in fondo questo è stato un vero e proprio scontro di classe dove la classe media stremata dalla crisi del 2008 e dei redditi bassi, i poveri americani e i “not graduated” si è presa la rivincita contro il progressismo elitario di una Hillary Clinton che si è vista mancare proprio la sua base, quella delle minoranze etniche e delle donne, che ha sostenuto Trump anche in maniera massiccia (vedi la Florida) e che si pensava avrebbe potuto fare la differenza a favore della candidata democratica.

Anche se è ancora troppo presto per fare un’analisi sui flussi elettorali, più volte avevo sostenuto in vari convegni e incontri, che i c.d. millennials sarebbero potuti essere decisivi in modo negativo abbandonando proprio il sostegno al Segretario di Stato e al Partito Democratico.

I giovani americani, che sono stati volano delle vittorie di Obama e che sono poi confluiti nella piattaforma programmatica delle primarie di Bernie Sanders, non hanno creduto nella candidatura della Clinton, nella sua figura e nella sua storia. Troppo di sistema, troppo compromessa, troppo torbida, troppo Wall Street, Goldman Sachs e Clinton Foundation: in poche parole…not trustworthy.

La sua campagna elettorale, inoltre, è stata veramente miope e – in qualche modo e a posteriori – arrogante.

Elezioni Presidenziali UsaHa provato a stanare Trump in Stati come l’Ariziona e il Texas perché aveva avuto l’impressione – e in questo caso mal consigliata e pompata dai media americani – di poter vincere senza problemi e con una maggioranza tale da poter portare a casa anche il Congresso. Le sarebbe bastato invece puntellare gli Stati democratici per vincere. Anche perdendo Florida, Ohio e North Carolina sarebbe stata lei il 45esimo Presidente e la prima Presidente donna. Invece ha trascurato stati fondamentali come il Michigan (dove Trump ha chiuso la campagna elettorale) e il Wisconsin che sono diventati repubblicani e che non lo erano da decenni. Stati con una fortissima componente di white workers e dove la sua ultima apparizione risaliva alle primarie democratiche. A Huge Mistake.

Trump invece non solo ha mantenuto le previsioni sui propri stati simbolo ma è riuscito a strappare anche la Pennsylvania ai democratici e a ricostruire quel Rust Belt repubblicano di reaganiana memoria.

Senza parlare poi dello squilibrio riguardo la macchina elettorale e dei finanziamenti alla campagna. I dati ci dicono che Hillary Clinton è riuscita ad attirare fondi per 886 milioni di dollari contro i 189 di Donald Trump e se si guarda a chi ha finanziato le due campagne, capiamo limpidamente il perché di questo rigetto elettorale da parte della base democratica del proprio establishment.

Il settore finanziario ed assicurativo, ad esempio, si è schierato per il 90% con la Clinton donandole 92 milioni di dollari contro i 10 milioni del tycoon newyorkese. Il settore dell’Hi-Tech – oggi più che mai decisivo nelle scelte economiche e politiche dei governi – su 16 milioni circa donati ne ha riversati 15 alla Clinton solo 760.000 a Trump. L’industria della sanità e delle assicurazioni (che grazie all’ObamaCare hanno fatto profitti immensi in questi annia) ha donato 40 milioni alla candidata Dem contro i 4,5 al candidato repubblicano, per non parlare infine del settore Media (che ha ricevuto un bel servito dalle urne di ieri) si è schierato con 25 milioni dalla parte della Clinton rispetto all’1,1 milioni donati a Trump.

Gli unici settori in cui Donald Trump ha ricevuto più finanziamenti rispetto alla Clinton sono il petrolio e le risorse naturali (4,3 mln contro 3,7 mln) e quello dell’agricoltura (3,2 contro 1,6), che ha giocato un ruolo a dir poco fondamentale nel quadro elettorale. In sostanza Trump si è autofinanziato, tirando fuori dal suo portafoglio personale 51,6 milioni di dollari.

La vittoria del GOP formato Trump, per concludere, non è affatto da rubricare a questione di folklore o di rabbia ma semplicemente di una classe media trascurata e dimenticata dalla globalizzazione e dalle politiche democratiche di questi otto anni di amministrazione Obama. Forse, e questo nessuno può dirlo, per i democratici sarebbe stato meglio che a competere contro la Clinton alle primarie si fosse candidato Joe Biden oppure John Kerry e non cedere quindi alla voglia sfrenata dell’ex First Lady di entrare nella storia e diventare la prima Presidente donna.

Il punto cruciale sul quale tutto l’Occidente ora deve riflettere è perché i ceti medi dei Paesi più importanti e avanzati stiano rigettando le politiche economiche e il sistema che ha portato a questo progresso. Evidentemente qualcosa o qualcuno è stato lasciato indietro e bisogna assolutamente recuperarli.

Ernesto Di Giovanni
Partner di Utopia Lab – IVLP Fellow

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