Ministro, l’Italia ha annunciato un contributo di 3,5 miliardi all’Agenzia spaziale europea (Esa), un incremento del +13,5% rispetto alla precedente ministeriale. Oltre al segnale politico, quali ricadute industriali immediate prevede per il nostro sistema produttivo, dai grandi gruppi alle Pmi?
Sì, grazie alla strategicità del settore spaziale il nostro Governo ha voluto puntare al rialzo rispetto all’impegno del 2022, garantendo sui vari programmi dell’Esa un totale di 3,5 miliardi di euro (rispetto ai precedenti 3 miliardi). Uno sforzo che, ne siamo più che convinti, determinerà importanti ritorni per l’Italia in termini di commesse. Certamente ne beneficeranno le nostre grandi imprese, dai lanciatori di Avio ai satelliti di Thales Alenia Italia, fino ai centri di osservazione della Terra presenti sul nostro territorio. Ma anche le nostre PMI saranno protagoniste, grazie a un’esperienza pluridecennale che consente all’Italia di avere un’intera filiera spaziale, tra le poche al mondo. Ricadute tanto più facilitate dal cosiddetto ‘ritorno geografico’ previsto dalle regole dell’Esa.
Lei ha sottolineato che le tre grandi potenze spaziali europee – Italia, Francia e Germania – sono finalmente unite e senza riserve. Come si tradurrà questa rinnovata coesione sul tema più delicato, quello dei lanciatori, evitando una competizione interna tra l’italiana Vega e il futuro Maia di MaiaSpace?
Confermo l’eccellente momento della cooperazione spaziale con Francia e Germania. Tale sintonia deriva anche dalle precise istruzioni dei nostri tre leader e prevede riunioni periodiche, anche in formato trilaterale. Ciò detto, sui lanciatori avevamo indicato una via congiunta già a Parigi, prima della Ministeriale del 2022, quando firmammo una dichiarazione congiunta sul futuro dei lanciatori europei con il Vicecancelliere tedesco Habeck e con il Ministro francese Le Maire. A Siviglia, l’anno successivo, sempre in tre abbiamo firmato l’accordo per il rafforzamento dei vettori Ariane 6 e Vega-C e l’apertura alla concorrenza europea per i piccoli e micro-lanciatori. Insomma, pur nelle specifiche peculiarità nazionali, lavoriamo per assicurare l’accesso autonomo e resiliente dell’Europa allo Spazio.
L’annuncio della presenza di un astronauta italiano su una missione Artemis è un passaggio storico. Quale ruolo intende rivendicare il nostro Paese nella cooperazione con la Nasa?
Ci siamo battuti per questo risultato e condivido l’orgoglio per la scelta ricaduta su un futuro nostro astronauta sulla Luna. Avremo ovviamente bisogno di lavorare con la Nasa sui programmi specifici, come Artemis. Noi vediamo da sempre negli Usa un alleato cruciale in ambito spaziale: presto mi recherò negli Stati Uniti per una missione istituzionale, e in quell’occasione ribadirò all’amministrazione della Nasa la strategicità della nostra cooperazione e, quindi, l’auspicio di vedere molto presto un nostro astronauta in una missione lunare.
Parliamo del progetto di una costellazione nazionale a bassa orbita: non c’è il rischio di una duplicazione rispetto a Iris2 e alle altre iniziative europee? Come si evitano dispersione di risorse e sovrapposizioni con i programmi Ue?
Abbiamo pensato a una nostra costellazione nazionale a bassa orbita per comunicazioni istituzionali e sicure. Gli eventi infausti intorno a noi e la necessità di proteggere le nostre infrastrutture critiche ci spingono a fare presto. Ciò non esclude che si possa operare in sintonia con la costellazione Iris2, la cui realizzazione sta registrando alcuni ritardi. Certamente faremo in modo che le due costellazioni possano essere interoperabili, così come nei confronti di altre costellazioni nazionali di Paesi UE che abbiano caratteristiche simili alla nostra.
Ha citato i 16 distretti aerospaziali e le Space Factory nate con il Pnrr. Qual è la roadmap del governo per trasformarli non solo in hub produttivi, ma anche in poli capaci di attrarre capitali privati, per posizionarsi stabilmente nelle catene del valore europee?
Bisogna certamente invertire la percentuale di apporti finanziari pubblici e privati. Negli Usa oggi i capitali privati sono il 65% del totale, mentre in Europa sono solo il 40% rispetto al 60% pubblico. Siamo comunque sulla buona strada e dovremmo favorire misure che coinvolgano fondi di venture capital o attraggano investitori esteri verso i nostri distretti aerospaziali. Ripeto, vediamo già sviluppi incoraggianti e faremo il possibile per rafforzare questo trend.
La nuova legge nazionale sulla space economy è la prima in Europa a regolamentare il settore spaziale. Come intende posizionarsi l’Italia nella futura normativa europea per evitare ulteriore burocrazia?
La nostra Legge nazionale ha voluto regolamentare il settore proprio per eliminare ed evitare strozzature o eccessiva burocrazia derivanti dall’assenza di una norma primaria. Alcuni Paesi europei ci hanno chiesto informazioni utili a poter varare una legge simile. L’Ue ha presentato una bozza di Space Act che vuole fare la stessa cosa. Fin dall’inizio abbiamo però chiesto al Commissario europeo Kubilius di presentare una proposta snella e nel rispetto delle prerogative degli Stati membri nel settore, anche per evitare quelle duplicazioni di cui parla lei nella domanda, che potrebbero intralciare lo sviluppo dell’ecosistema industriale europeo dello Spazio.






