Si fa presto a parlare di rafforzamento dell’industria della difesa. Poi c’è il caso Rwm Italia.
Rwm Italia, controllata del gruppo della difesa teutonico Rheinmetall, attende da mesi l’autorizzazione regionale per attivare nuove linee produttive nello stabilimento di Domusnovas, in Sardegna, già operativo a pieno ritmo per rispondere alla domanda ucraina ed europea.
Accogliendo le richieste di chiarimenti avanzate da ambientalisti e gruppi pacifisti, la giunta sarda del Movimento 5 Stelle ha sospeso infatti l’approvazione della Valutazione di Impatto Ambientale (Via) relativa a lavori di ampliamento già eseguiti sul sito produttivo sardo: un progetto che, se sbloccato, consentirebbe all’azienda di stabilizzare 350 lavoratori e assumere ulteriori 250 dipendenti.
“La situazione di stallo evidenzia le difficoltà nell’aumentare la produzione di armi europee in Italia, una delle principali potenze industriali europee, dato il forte movimento ambientalista e pacifista del Paese. Si inserisce inoltre in una più ampia valutazione in Europa, con i governi che dirottano fondi pubblici verso la difesa per contrastare la minaccia russa e compensare il venir meno delle garanzie di sicurezza statunitensi”, osserva oggi il Financial Times che dedica un approfondimento alla fabbrica di esplosivi del gruppo tedesco.
Nel frattempo Rwm Italia è stata oggetto nelle scorse settimane di un tavolo di crisi al Mimit e il 15 ottobre il Tar Sardegna ha accolto i ricorsi della Rwm Italia contro la Regione nella procedura di Via ex-post relativa ai nuovi reparti.
Tutti i dettagli.
COSA FA RWM ITALIA
Un tempo oggetto di critiche per le esportazioni verso Arabia Saudita ed Emirati, lo stabilimento è oggi un asset strategico per soddisfare la crescente richiesta di munizioni della NATO.
Guidata dall’ingegner Fabio Sgarzi, Rwm Italia ha tre stabilimenti: uno nei pressi dell’aeroporto militare di Ghedi, in provincia di Brescia, uno a Torino, inaugurato nel 2023 che ospita parte delle risorse di R&D ed Ingegneria e l’altro in Sardegna appunto.
Dal 2010 l’azienda opera a Domusnovas, nel Sulcis, Sardegna meridionale, quando ha acquistato una vecchia fabbrica che produceva esplosivi per l’industria mineraria sarda e ha iniziato a produrre armi, tra cui mine subacquee e munizioni. Nel 2018, ha ottenuto l’autorizzazione dalle autorità locali per costruire nuove linee di produzione e un piccolo campo di prova per esplosivi, per il quale prevedeva di assumere altri 250 lavoratori. Tuttavia, i nuovi impianti sono rimasti inutilizzati, bloccati da cause legali intentate da gruppi ambientalisti e pacifisti, ricorda oggi Il Ft.
ANCHE DRONI KAMIKAZE NELL’ARSENALE
Non solo, ad accendere di nuovo le polemiche (e le proteste dei pacifisti) anche il recente annuncio che nel sito di Rwm Domusnovas si produrranno droni kamikaze.
Pochi mesi fa, Rheinmetall ha completato un moderno impianto di produzione per l’assemblaggio, il collaudo, la produzione di testate e l’integrazione delle munizioni Loitering (LM) – si legge in una nota dell’azienda tedesca rilasciata l’8 ottobre.
“Nel frattempo la produzione in serie procede a pieno ritmo. La struttura è gestita dalla controllata italiana Rwm Italia nelle sedi di Musei e Domusnovas in Sardegna” spiega ancora Rheinmetall, precisando che l’azienda sta collaborando con il produttore israeliano UVision Air Ltd su questo progetto. “Parte della linea produttiva è situata presso lo stabilimento Rheinmetall di Musei, dove si assemblano e testano i componenti inerti ed elettronici. Le testate vengono prodotte e integrate nelle munizioni nello stabilimento Rheinmetall di Domusnovas,” prosegue la società.
L’attuale gamma di prodotti comprende – fa sapere sempre la Rheinmetall – il drone Hero 30 (LM piccolo e portatile per uso di fanteria), Hero 120 (LM di medie dimensioni per attacchi di precisione contro veicoli blindati e installazioni immobili) e Hero 400 (LM a medio/lungo raggio per attacchi di precisione contro posizioni fortificate).
LA BATTAGLIA LEGALE
Come già detto, a fine settembre la Regione Sardegna ha deliberato un supplemento di istruttoria sul processo di valutazione di impatto ambientale relativa ai lavori di ampliamento già eseguiti sul sito produttivo nel quale operano 350 lavoratori e dove si prevede di assumere ulteriori 250 dipendenti.
Da parte sua Alessandra Todde, presidente della regione Sardegna ed esponente del Movimento Cinque Stelle, si trincera dietro questa posizione: “Quello che dobbiamo chiederci è: vogliamo vivere in un’economia di guerra?”.
In un’analisi costi-benefici del 2023 visionata dal Financial Times, l’azienda ha insistito sul fatto che l’espansione non era “motivata da mere esigenze di profitto, ma dalla necessità di espandere la capacità produttiva per poter fornire alle forze armate nazionali, europee e alleate ciò di cui hanno bisogno in tempi più rapidi e a costi inferiori rispetto al passato”.
Il Consiglio di Stato ha ordinato una relazione completa sull’impatto ambientale dell’espansione 2021, dopo che gli attivisti hanno sostenuto che il progetto era stato intenzionalmente suddiviso in proposte più piccole per ottenere l’approvazione accelerata, che non richiede valutazioni approfondite.
IL COMMENTO DI MARRONE (IAI)
Al Financial Times, l’analista Alessandro Marrone, responsabile del Programma Difesa Sicurezza e Spazio dello IAI, ha spiegato che l’opposizione popolare, unita alla famigerata burocrazia italiana, “rende più difficile incrementare la produzione industriale” nel settore degli armamenti. “Le autorità locali o i partiti politici contrari alla produzione per la difesa – per motivi ideologici, ambientali o semplicemente per opporsi al governo – hanno molta influenza”, ha aggiunto Marrone.
IL TAVOLO AL MIMIT
Lo scorso settembre la Giunta regionale ha deciso infatti di sospendere l’investimento di Rwm Italia disponendo un supplemento di istruttoria sulla Via. Sempre il mese scorso si è tenuto al Mimit un nuovo incontro sul caso Rwm Italia, convocato dal ministro Adolfo Urso per chiarire le ragioni della delibera con cui la Giunta sarda ha richiesto ulteriori verifiche sulla Valutazione di Impatto Ambientale, nonostante il parere tecnico già favorevole. Il progetto di ampliamento, fermo dopo tre anni di iter, permetterebbe di stabilizzare 350 lavoratori e assumere altri 250.
LA SENTENZA DEL TAR SARDEGNA
Intanto il 15 ottobre si è espresso il Tar Sardegna che – fa sapere in una nota l’ad di Rwm Italia Fabio Sgarzi – ha accertato la violazione, da parte della RAS [Regione Autonoma della Sardegna] del suo obbligo di provvedere sulla Via entro termini a oggi ampiamente trascorsi e le ha perciò ordinato di chiudere il procedimento entro al massimo sessanta giorni; qualora questo non avvenisse, il provvedimento finale sarà rimesso al Ministero dell’Ambiente”.
Se l’ampliamento riceverà il via libera, gli attivisti locali si sono impegnati a proseguire la battaglia legale contro “la fabbrica di bombe”.
“Non abbiamo bisogno che una multinazionale venga qui a produrre bombe”, ha dichiarato al Ft Arnaldo Scarpa, insegnante e attivista del Comitato pacifista per la Riconversione della RWM, che vuole che l’impianto torni a uso civile. “Non si può usare la guerra per risolvere le controversie tra le nazioni”.
Il caso Rwm Italia sta mettendo in luce quanto sia complesso, in Italia, conciliare le ambizioni europee di autonomia strategica con le sensibilità politiche e ambientali locali, rischiando di rallentare la costruzione di una vera industria europea della difesa.






