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Piani Ue per la difesa: fuffa o sostanza?

Raggiunto un accordo politico con i negoziatori del Parlamento europeo su Edip, il programma europeo per l’industria della difesa, e la Commissione europea ha presentato la sua tabella di marcia per la preparazione alla difesa dell’UE entro il 2030. Fatti, numeri e approfondimenti tratti dal Mattinale Europeo

TUTTO SU EDIP, IL PROGRAMMA EUROPEO PER L’INDUSTRIA DELLA DIFESA

La presidenza danese del Consiglio dell’Ue può rivendicare un primo successo importante. Ieri sera, dopo quattro ore di negoziati, preceduti da decine di riunioni tecniche e politiche, è stato raggiunto un accordo politico con i negoziatori del Parlamento europeo su EDIP, il programma europeo per l’industria della difesa. Anche i deputati rivendicano una vittoria: potranno essere usati i fondi della Recovery and Resilience Facility per sostenere i progetti EDIP. L’autorità di disegno del prodotto – che determina la possibilità di vietare l’uso di un’arma da parte del paese produttore – dovrebbe passare in mano europea. Ma molti degli impegni non sono stati scritti nella legislazione. Inoltre, la clausola “Buy European” rimane la stessa: il 35 per cento dei costi stimati delle componenti possono provenire da fornitori fuori dall’Ue. Tutti sono contenti. EDIP “aumenterà la nostra capacità di prodourre e fornire equipaggiamento di difesa critico”, ha detto il ministro della Difesa danese, Troels Lund Poulsen. E’ “un passo cruciale per trasformare e rafforzare la nostra industrial della difesa”, ha spiegato l’europarlamentare socialista francese, Raphael Glucksmann, uno dei relatori di EDIP. Peccato che manchino i soldi. Solo 1,5 miliardi di euro sono riservati ad EDIP fino al 2027. “L’incapacità di allocare fondi sufficienti per EDIP è una opportunità mancata e un errore strategico per l’Ue”, ha riconosciuto Glucksmann.

LA TABELLA DI MARCIA PER LA DIFESA UE ENTRO IL 2030

La Commissione europea ha presentato ieri la sua tabella di marcia per la preparazione alla difesa dell’UE entro il 2030, richiesta dagli Stati membri. L’obiettivo è indirizzare i finanziamenti europei, in particolare i 150 miliardi di prestiti dell’iniziativa SAFE, verso acquisti congiunti di capacità militari. Diciannove paesi hanno chiesto di utilizzare SAFE. La Commissione non ha alcuna competenza in materia di difesa, e gli Stati membri glielo ricordano costantemente. Tutti i paesi dell’Ue, tranne 4 – Cipro, Malta e i due neutrali Austria e Irlanda – sono membri dell’Alleanza Atlantica e si sono impegnati a destinare il 5 per cento del loro Pil alla Difesa, in particolare per l’acquisto di capacità. La Commissione europea ha preparato un metodo di lavoro per aiutarli ad acquistare le attrezzature di cui hanno bisogno, evitando dispersioni, duplicazioni e l’acquisto di attrezzature non interoperabili. L’istituzione gestisce i fondi comuni e ha una capacità di consulenza su finanziamenti, procedure, questioni giuridiche e licenze. Ciò che Mark Rutte, segretario generale della Nato, ha definito “le leve”.

I PROBLEMI

Il problema sorge quando la rana vuole farsi grande come il bue. La presentazione del progetto è stata accompagnata da molta enfasi. Il commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, ha parlato di “Cupola per la Difesa europea” (come l’Iron Dome di Israele) e ha elogiato un “mega piano con scadenze, obiettivi, una procedura di monitoraggio e un D-Day (“Delivery Day”, la data di consegna). Ma dietro non c’è granché. La tabella di marcia sarà discussa durante il vertice europeo del 23 e 24 ottobre. Il progetto era stato svelato da Ursula von der Leyen durante il vertice informale di Copenaghen ed era stato accolto con freddezza. Il suo progetto faro, il “Muro anti-droni”, è stato demolito dal presidente Emmanuel Macron e dalla prima ministra danese Mette Frederiksen.

(Estratto dal Mattinale Europeo)

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