Che il 2024 sarebbe stato il famigerato anno dell’invasione delle auto elettriche cinesi se lo aspettavano un po’ tutti. Non fosse altro che a Pechino e dintorni sono maestri nella progettazione e avevano pianificato questa nuova versione industriale del D-Day da tempo. E come il D-Day anche l’approdo delle vetture asiatiche sta avvenendo principalmente nel Nord Europa, mercato decisamente più ricettivo del resto del Vecchio continente. Dopo Byd, destinata a imporsi a livello mondiale quale vero colosso dell’auto elettrica, arrivano marchi ancora meno conosciuti, almeno a queste latitudine. Come per esempio Changan.
QUANTO CORRE CHANGAN?
In Europa Changan non lo ha mai sentito nominare nessuno. In Cina tutt’altra storia, dato che è uno dei marchi più diffusi. Anche se in Asia la scrittura corretta dovrebbe essere questa: Chang’an. Fa parte delle cosiddette “5 sorelle”, ovvero i costruttori che detengono le principali quote di mercato: Faw, Dongfeng Motor Corporation, Sac e Chery Automobile. In strada dal 1990, finora ha sfornato 40 milioni di veicoli. Solo nel 2023 ha venduto 2,55 milioni di vetture.
LA LUNGIMIRANZA CINESE
Anche la Changan, come molte altre concorrenti cinesi, deve tutto alla lungimiranza di Pechino che fino a pochi anni fa costringeva i costruttori esteri che volessero sfruttarne la manodopera a bassissimo costo e l’assenza di rivendicazioni salariali (negli anni ’90, infatti, in Cina si andava in bicicletta, dunque non c’erano ancora particolari mire estere su quello che oggi è il principale mercato automobilistico al mondo) a sottoscrivere joint-venture con omologhe tirate frettolosamente su dall’oggi al domani. O che fino ad allora avevano prodotto tutt’altro.
LE JV CON SUZUKI E FORD
Know-how occidentale in cambio di accesso al mondo del lavoro cinese. L’avvio delle prime attività questo costruttore lo deve ad accordi con la nipponica Suzuki: all’epoca Changan produceva veicoli industriali. Quindi negli anni ha stretto due joint venture con l’americana Ford. La prima si chiama Changan Ford Motor e vede una partecipazione paritaria; l’ultima società, nata lo scorso anno, è partecipata al 60% da Changan Ford Motor e al 40% da Chongqing Changan Automobile, realtà a partecipazione statale.
LA STRATEGIA IBRIDA
Come altri marchi cinesi, anche Changan non sembra volersi incaponire unicamente sull’elettrico, dato che in Europa non macina vendite. Il primo modello in arrivo sarà la sport utility wagon Deepal S07 dal propulsore da 217 CV alimentato da una batteria fornita dalla connazionale Catl che nel ciclo di omologazione cinese CLTC prevede un’autonomia di 620 km. Si parla però già di una versione con range extender basata di un’unità turbo benzina da 1,5 litri.
LA ROADMAP EUROPEA DI CHANGAN
Dal 2003 l’azienda ha un centro di design nel capoluogo piemontese oggi diretto da Hu Jian, il General Manager della Changan Automobile European Designing Center di Torino. Presenza piccola (poco più di 200 persone circa in tutto) ma significativa, soprattutto data l’agonia del vicino impianto Fiat – Maserati di Mirafiori, che aveva fatto ben sperare sull’arrivo anche di una gigafactory nel nostro Paese.
Ma a quanto pare bisognerà attendere. Del resto l’Italia non è neppure tra le nazioni privilegiate nella sua roadmap espansionistica: Changan intende avviare le sue attività in Norvegia, Danimarca, Germania e Paesi Bassi nel 2024. Successivamente, l’azienda prevede di estendere la propria presenza a Svizzera, Svezia e Finlandia nel 2025, per poi arrivare nel Regno Unito sempre nel ’25, a luglio e infine in Spagna e Italia nel 2026.