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Tutti i numeri della crisi di Volkswagen

L'utile di Volkswagen è crollato da 4,35 miliardi dello stesso periodo del 2023 a 1,58 miliardi: un tonfo del 63,7%. E l'azienda, già alle prese con una spending review lacrime e sangue che allarma mezza Europa, accelera sui tagli

Quando si parla di industrie in difficoltà, il miglior termometro per comprendere la gravità del malanno è senz’altro il bilancio. La trimestrale non offre certo una istantanea, ma è comunque molto utile per capire l’andamento e intuire la traiettoria. Ecco perché l’ultima di Volkswagen era particolarmente attesa dagli azionisti, dai lavoratori, dai sindacati già sul piede di guerra e, in patria, anche dalla totalità della politica tedesca.

COSA RACCONTA LA TRIMESTRALE DI VOLKSWAGEN

I numeri parlano chiaro e sebbene alla voce ricavi il calo sia appena dello 0,5% (78,5 miliardi di euro) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è l’utile a far intuire la gravità della situazione, essendo crollato da 4,35 miliardi dello stesso periodo del 2023 a 1,58 miliardi: un tonfo del 63,7%.

Lo smottamento travolge e trascina il consuntivo da inizio anno che tocca il -30,7%. Allargando lo zoom, il risultato operativo è stato di 12,9 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2024, il 21% in meno rispetto al 2023 quando aveva oltrepassato i 16 miliardi di euro( 16,2).

Con l’ultimo trimestre il margine operativo è passato dal 6,2 al 3,6% (dal 6,9 al 5,4 da gennaio). Un risultato che secondo la nota vergata a Wolfsburg sarebbe stato “impattato dalla performance del gruppo di brand core e da significative spese di ristrutturazione (2,2 miliardi di euro), nonché da maggiori costi fissi e da spese per l’introduzione di nuovi prodotti”.

il fatturato complessivo passa dai 235,1 miliardi di euro dei primi nove mesi del 2023 ai 237,3 miliardi del 2024, con un incremento dello 0,9%, dovuto principalmente ai maggiori volumi nel business dei servizi finanziari. Tuttavia, se si guarda al solo fatturato automotive si evidenzia una una contrazione dell’1% rispetto all’anno precedente per via dei minori volumi di vendita (6,5 milioni di auto consegnate, con un calo del 4,4% rispetto al 2023; -8,3% nell’ultimo trimestre).

“URGENTE RIDURRE I COSTI”

La notizia della crescita degli ordini in Europa (+9% nei primi nove mesi del 2024 rispetto all’anno precedente, +27% nell’ultimo trimestre) non sembra però ridimensionare la portata della crisi, tanto che la dirigenza di Volkswagen è comunque intenzionata a procedere in tutta fretta con la propria spending review dal momento che in nove mesi il brand Volkswagen ha registrato un margine operativo di appena il 2%. “Ciò evidenzia l’urgente necessità di ridurre significativamente i costi e incrementare l’efficienza”, ha dichiarato Arno Antlitz, cfo del gruppo.

LA CURA DI CAVALLO (CHE NON PIACE A DANIELA CAVALLO)

Il marchio tedesco aveva già approntato un piano di riduzione delle spese l’anno scorso ma a seguito della semestrale ha dovuto renderlo ancora più pretenzioso. La prima mossa è stata far coriandoli degli accordi sindacali coi propri dipendenti tedeschi (Vw ha solo in Germania 120mila lavoratori, la metà localizzata nella sede principale) così da poter procedere coi licenziamenti, gli alleggerimenti delle buste paga ei  blocchi agli scatti salariali nel prossimo biennio. Si prospetta peraltro la chiusura di tre impianti, sempre in Germania. Nel mentre pare ormai segnata la sorte dello stabilimento Audi di Bruxelles.

Per questo gli occhi degli operai sono puntati sulle prossime mosse di Daniela Cavallo, la combattiva sindacalista di origini calabresi cui si deve la defenestrazione del precedente Ceo del Gruppo, Herbert Diess, capitolato quando osò ventilare l’ipotesi di licenziamenti per finanziare la transizione elettrica dei marchi nel portafogli di Wolfsburg.

Tuttavia questa volta non sembrano esserci grandi margini di trattativa e la situazione in cui versa il mercato delle auto alla spina è tale che Volkswagen, tra le Case europee che hanno investito maggiormente nell’elettrico (probabilmente anche per lasciarsi alle spalle l’onta del dieselgate) deve necessariamente aggiustare la rotta. Un aiuto al sindacato potrebbe però arrivare dalla politica che, sebbene appaia debole e impotente di fronte alla situazione economica in cui versa l’intera industria tedesca, non è certo intenzionata a veder deflagrare i dati sulla disoccupazione.

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