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Alitalia, tutti i turbolenti dossier sul tavolo di Caio e Lazzerini

Quali sono le sfide che attendono il presidente Francesco Caio e l'amministratore delegato Fabio Lazzerini nominati dal governo ai vertici di Alitalia? Fatti, indiscrezioni e ricostruzioni nell'approfondimento di Michele Arnese e Francis Walsingham

 

E ora? E ora che il governo ha finalmente ufficializzato le nomine — dopo un lungo confronto interno alla maggioranza — per la  nuova Alitalia, che succede? Quali sono le sfide che attendono il presidente Francesco Caio e l’amministratore delegato Fabio Lazzerini.

GOVERNANCE

Innanzitutto serve una buona armonia tra i due manager. Già in passato Alitalia ha vissuto situazioni imbarazzanti di contrasti al vertice (si rileggano le cronache del 1994 con il tandem degli americani Renato Riverso-Roberto Schisano oppure quelle del 2003 con Giuseppe Bonomi-Francesco Mengozzi nel 2003). Tra i due sicuramente Caio ha un profilo di maggior spessore per le aziende gestite e l’abitudine al confronto con gli esecutivi di turno e proprio questa sarebbe la ragione che ha portato il governo Conte a preferirlo a Roberta Neri, già ceo di Enav sostituita da Paolo Simioni, ma con una esperienza meno solida dell’ex ad di Poste e Avio (oltretutto su Enav in passato il Mit ha avuto qualcosa da ridire). Caio — sostengono più voci nell’esecutivo — potrà proteggere le spalle di Lazzerini, manager che conosce il business del trasporto aereo, ma alla prima esperienza da capoazienda. C’è attesa quindi per la ripartizione delle deleghe operative tra i due. Di solito in Alitalia il presidente ha sempre avuto un ruolo onorifico, se si esclude Umberto Nordio e Giancarlo Cimoli (quest’ultimo però era insieme presidente, amministratore delegato e direttore generale). Difficile però immaginare “tagliatore di nastri” un Caio – manager decisionista e sovente ruvido – che secondo alcuni rumors potrebbe ricevere la delega sulla finanza, sulla flotta e sulle strategie, lasciando a Lazzerini il compito di definire le scelte commerciali, di marketing e la gestione operativa della parte volo, manutenzione e handling. Molto, comunque, dipenderà dal mantenimento o meno della carica di presidente di Saipem da parte di Caio.

EUROPA

La prima sfida per Caio e Lazzerini sarà convincere l’Europa che la nuova Alitalia ha una marcata discontinuità con la precedente, condizione richiesta da Bruxelles per il via libera alla nuova iniezione di capitali pubblici. Ma come si manifesta questa discontinuità? Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, ha fatto riferimento alla creazione di una holding che gestisca le varie attività della compagnia (forse aperte all’ingresso di privati?), il commissario Giuseppe Leogrande aveva annunciato durante un’audizione in Parlamento la possibilità di non rilevare l’intero perimetro dell’azienda, ma prendere solo in affitto la parte relativa ai lavoratori impiegati negli aeroporti per l’assistenza a terra. Uno schema però che ora sembra accantonato, anche per la netta contrarietà dei sindacati.

FLOTTA

Di quanti e quali aerei disporrà la nuova Alitalia? Di numeri ne sono girati parecchi, dai 25/30 emersi in un incontro del ministro Patuanelli con i sindacati  (23 marzo) ai 92 annunciati dichiarati dal commissario Leogrande (29 aprile), fino agli ultimi 105 (12 giugno) che sono più o meno quelli attualmente in servizio. Ma il tema non è tanto quanti, ma quali aerei. Alitalia ha una flotta che necessita di essere rinnovata e la crisi dovuta alla pandemia consente di rifornirsi da costruttori o lessor (le società che affittano gli aerei alle compagnie) ottenendo prezzi impensabili fino ad un anno fa. Si è detto più volte che Alitalia deve rinforzarsi sul lungo raggio, dove ha oggi in servizio aerei come i Boeing 777 e gli Airbus A330, prodotti superati da nuovi modelli più efficienti per consumi e costi di gestione come i Boeing 787 o gli Airbus A350.

CARGO

Si è parlato più volte del ritorno di Alitalia al business del trasporto delle merci, attività cui rinunciarono i capitani coraggiosi nel 2009 decidendo di non rilevare gli aerei adibiti a questa mansione dalla compagnia in amministrazione straordinaria gestita all’epoca dal commissario Augusto Fantozzi. Da allora Alitalia è uscita dal mercato, riservandosi un piccolo ruolo per il trasporto delle merci che riesce a gestire con le stive dei normali aerei passeggeri, con tutte le limitazioni del caso. La crisi Covid ha messo in evidenza come ci sia spazio in questo mercato e una riflessione andrà fatta su questo da parte di Caio e Lazzerini. Continuare a esercitare un ruolo marginale oppure acquistare nuovi aerei cargo?

ALLEANZE E NETWORK

Sul fronte internazionale Alitalia è oggi in una posizione un po’ ambigua. Fa parte dell’alleanza SkyTeam, ma è uscita dalla joint venture sui voli da Europa al Nord America che vede unite Delta, Air France, Klm e Virgin. Cosa vorranno fare i due manager? Confermare il posizionamento su Atlanta e Parigi, rientrando nell’accordo, oppure rompere tutto e passare a Star Alliance, il network di compagnie che fa riferimento a Lufthansa e United Airlines? La nascita della nuova compagnia — a proposito di discontinuità — dovrebbe permettere il salto della barricata senza dover pagare una salata penale.

La scelta del partner sarà determinante anche per disegnare la rete delle destinazioni. Alcune rotte di lungo raggio come Santiago del Cile o Johannesburg non hanno reso come da aspettative, un eventuale matrimonio con United Airlines sul fronte americano potrebbe portare a rafforzare la California, dove la compagnia americana è molto forte su Los Angeles e San Francisco, così come non interrompere in inverno il collegamento con Chicago, l’aeroporto principale per UAL.

FORTINO NAZIONALE

Negli ultimi anni Alitalia ha perso quote di mercato importanti sul mercato nazionale. E ha fatto discutere in queste settimane la presa di posizione assunta nei riguardi di alcuni aeroporti locali abituati a mungere dalle casse dell’ex compagnia di bandiera tariffe molto alte a confronto con quelle praticate alle compagnie low cost. La questione qui è piuttosto complessa, formalmente infatti le tariffe sono uguali per tutti, ma in realtà le aerolinee no frills come Ryanair, easyJet, Volotea, Vueling pagano molto meno, poiché ricevono indietro ingenti incentivi (perlopiù pubblici, essendo quasi tutti gli aeroporti gestiti da enti locali). Una recente inchiesta del Corriere della sera ha stimato in circa 500 milioni la torta di incentivi che annualmente si dividono le principali 7 compagnie low cost che operano in Italia. Un tema che il ministro De Micheli ha detto di voler disciplinare, incentivi sì, ma all’insegna della trasparenza.

PACE SOCIALE

Nel nuovo consiglio di amministrazione dovrebbe trovare posto anche un rappresentante dei lavoratori, una scelta del resto già fatta ad esempio per la Rai. Una scelta che dovrebbe portare ad un clima più disteso nel rapporto compagnia-sindacati, che richiama alla memoria la distribuzione delle azioni che fece Domenico Cempella nel 1996, per abbassare il costo del lavoro e che portò a tre posti in cda per esponenti sindacali. Una sorta di “capitalismo renano” che portò fortuna all’ultima Alitalia in grado di produrre utili.

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