In Germania è il giorno del nuovo incontro tra sindacati e dirigenza sul futuro di Volkswagen. Si tratta del terzo e questa volta, stando almeno alle dichiarazioni che i rappresentanti dei lavoratori hanno rilasciato ai media tedeschi, arriveranno al tavolo con un nutrito fascicolo di controproposte, proprio per non essere più accusati di arroccarsi dietro posizioni ideologiche.
Le speranze degli operai di Volkswagen sono aggrappate alla presidente del consiglio di fabbrica Daniela Cavallo, colei che riuscì a far defenestrare il passato Ceo, Herbert Diess, appena ventilò la possibilità che ci sarebbero potuti essere posti di lavoro da sacrificare sull’altare della transizione ecologica, visti i costi che il Gruppo stava sopportando.
LE MOSSE DI BLUME
Ma questa volta non sarà facile spuntarla. Oliver Blume non ha alcuna intenzione di fare la fine del suo predecessore. E in effetti Blume nelle ultime settimane ha osato. Osato come nessun altro. Ancora prima di svelare le carte che intende giocare per riportare la fortuna dalla sua, la dirigenza ha sorpreso tutti rescindendo il contratto collettivo siglato con il sindacato IG Metall: in fumo anche l’accordo che prevede la salvaguardia dei posti di lavoro e delle fabbriche tedesche fino al 2029.
Chiara l’intenzione di Volkwagen di volere le mani libere per affrontare come meglio crede la crisi, senza dover sottostare ai patti che la vincolavano al sindacato. E così Blume ha fatto coriandoli di un accordo stipulato nel 1994 e siglato a più riprese da tutti i suoi predecessori negli anni.
“La situazione del marchio VW è così grave che non si può lasciare che tutto continui come prima”, ha detto senza troppi giri di parole l’Ad Blume alla Bild. “La torta – ha motivato – è diventata più piccola e abbiamo più ospiti a tavola”. Come se la concorrenza non fosse già un problema, il Ceo ha poi aggiunto: “il contesto economico è nuovamente peggiorato, soprattutto per il marchio VW”.
LE CONTROPROPOSTE DEL SINDACATO ALLA DIRIGENZA VOLKSWAGEN
I sindacati chiedono di salvare i tre stabilimenti che la dirigenza avrebbe già individuato e in cambio offrono il proprio ok alla sospensione dei bonus e degli scatti salariali per lavoratori, dirigenti e membri del CdA, al fine di utilizzare il tesoretto per la creazione di un fondo che finanzi orari di lavoro ridotti temporanei nelle aree dell’azienda che pagano il surplus produttivo.
Una proposta concreta, anche inattesa, da 1,5 miliardi secondo i calcoli del sindacato che pare essere già stata apprezzata dalla dirigenza. Una goccia nel mare, tuttavia, rispetto al piano lacrime e sangue che Volkswagen intende porre in essere per correggere la rotta fin qui tenuta. Il piano di risparmio da 10 miliardi di cui si era parlato sul finire dello scorso anno è già cresciuto, raggiungendo la cifra monstre di 17 miliardi da dover raggranellare da qui a pochi anni.
TUTTI I TAGLI DELLA DIRIGENZA
Il management dal canto suo intende procedere con la mannaia: chiusura nell’immediato di tre stabilimenti in Germania dopo aver già tirato giù le serrande ad alcuni impianti in Cina e all’hub Audi di Bruxelles. Ciò comporterà decine di migliaia di licenziamenti. Per i superstiti si prevedono tagli del 10% agli stipendi che non avranno scatti per due anni. Per questo la prima mossa di Blume ancor prima di iniziare ogni trattativa è stata rescindere sia il contratto collettivo siglato con il sindacato IG Metall sia l’accordo che prevedeva la salvaguardia dei posti di lavoro delle fabbriche tedesche fino al 2029.