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Giappone Toyota Auto Elettriche

Come si elettrizzeranno Toyota e Suzuki

Suzuki e Daihatsu investiranno nella joint venture di Toyota sulle auto elettriche e a guida autonoma. Il progetto si concentrerà sui veicoli commerciali e le auto compatte

 

I produttori automobilistici giapponesi Suzuki e Daihatsu hanno deciso di investire nella joint venture sui veicoli elettrici costituita lo scorso aprile da Toyota e da altre due aziende giapponesi: Hino e Isuzu.

Tutte le società collaboreranno dunque alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie avanzate per l’elettrificazione della mobilità e l’automazione della guida.

LE QUOTE DI SUZUKI E DAIHATSU

Suzuki e Daihatsu acquisteranno ciascuna una quota del 10 per cento della joint venture, pari a quelle di Isuzu e Hino. Toyota, invece, possiede una quota del 60 per cento.

COSA HA DETTO IL PRESIDENTE DI TOYOTA

Il presidente di Toyota, Akio Toyoda, ha detto che l’ingresso di Suzuki e Daihatsu nel progetto consentirà “di espandere la nostra cerchia di cooperazione per includere non soltanto i veicoli commerciali, ma anche i veicoli mini”.

L’alleanza lanciata da Toyota, Suzuki e Daihatsu – chiamata Commercial Japan Partnership Technologies Corporation – era in effetti focalizzata sui veicoli commerciali come i furgoni.

COSA FA SUZUKI SULLE AUTO ELETTRICHE

Suzuki, invece, produce principalmente automobili compatte e – stando alle recenti rivelazioni del quotidiano giapponese Nikkei – rilascerà il suo primo veicolo elettrico puro entro l’anno fiscale 2025. Inizialmente in India, il mercato più importante per l’azienda, e successivamente in Giappone e in Europa. Avrà un costo di 1,5 milioni di yen (circa 11.600 euro) o anche meno, considerati gli incentivi all’acquisto offerti dal governo indiano.

L’India è quinto mercato automobilistico più grande al mondo, e Suzuki vi possiede una quota del 50 per cento. Il paese vuole che, entro il 2030, il 30 per cento delle nuove automobili vendute siano elettriche. Suzuki sta costruendo una fabbrica di batterie agli ioni di litio assieme a Toshiba e a Denso, azienda giapponese di componentistica.

Nei mesi scorsi la società aveva annunciato un investimento di mille miliardi di yen (7,6 miliardi di euro) entro il marzo del 2026 in ricerca e sviluppo nella mobilità elettrica.

“Elettrificare” le auto compatte è una sfida: i produttori devono cioè bilanciare la necessità di installare batterie grandi – che offrono una maggiore autonomia di guida, ma occupano spazio – senza sacrificare le dimensioni ridotte di queste vetture.

LO SCETTICISMO DI TOYOTA SULLE AUTO ELETTRICHE

Toyota è stata piuttosto scettica sulle auto elettriche “pure”, concentrandosi piuttosto sulle ibride e su quelle a celle a combustibile (a idrogeno).

Lo scorso dicembre il presidente Toyoda si era fatto notare per alcune dichiarazioni sui veicoli elettrici e – soprattutto – sui costi di una transizione all’elettrico troppo rapida, che farebbe collassare le industrie automobilistiche tradizionali. Aveva detto che le auto elettriche hanno costi proibitivi per la maggior parte delle persone (anche se i prezzi delle batterie stanno scendendo) e che il loro impatto climatico sarà molto alto se non si decarbonizzeranno le reti dell’elettricità (cosa che sta accadendo, con gradualità).

TOYOTA E LE BATTERIE ALLO STATO SOLIDO

Oltre che di automobili, Toyota è una importante produttrice di batterie allo stato solido: si tratta di batterie che, a differenza di quelle agli ioni di litio – le più diffuse -, utilizzano un elettrolita solido e non liquido. Questa caratteristica garantisce loro maggiore sicurezza, non essendo infiammabili, e anche performance migliori in termini di durata e tempi di ricarica.

Le batterie allo stato solido sono considerate il futuro, ma realizzarle è ancora difficile. Ad esempio, è complicato garantire un contatto sufficiente e costante tra l’elettrolita solido e gli elettrodi positivi e negativi: nelle batterie agli ioni di litio è semplice, perché l’elettrolita liquido riempie gli spazi tra gli elettrodi e permette il passaggio degli ioni. L’altra difficoltà è legata ai costi di manifattura su larga scala.

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