I dati sulla produzione italiana di Stellantis relativa al primo semestre 2025 oltre a fotografare una situazione in peggioramento persino sul 2024, ritenuto l’annus horribilis dell’automotive occidentale e in particolare europeo, certificano che sono diversi i marchi storici radicati nel nostro Paese in forte affanno: Lancia, Alfa Romeo e Maserati.
Se le prime due Case possono scontare le medesime tribolazioni vissute da molte altre aziende che producono berline, suv e city car in tutto il mondo, sorprende però la situazione in cui versa Maserati dato che fa riferimento a un mercato completamente differente e al momento meno interessato dalla crisi dell’automobile europea: quello del lusso.
STESSO PRESIDENTE, DESTINI DIVERSI
Prova ne sia che mentre a Modena non si producono quasi più Maserati, a Maranello le officine lavorano alacremente per stare dietro agli ordini di nuove Ferrari. Il Cavallino non smette di galoppare: nonostante i dazi di Donald Trump e tutte le altre insidie che mettono in difficoltà la quasi totalità dei marchi, Ferrari ha stimato per il 2025 di raggiungere un fatturato superiore a 7 miliardi di euro, con una crescita pari o superiore al 5% e un ebitda pari o superiore a 2,68 miliardi, ovvero con un balzo che si aggira sempre attorno al 5%. Il margine corrispondente è atteso attorno o sopra il 38,3%. L’ebit adjusted dell’anno è visto pari o superiore a 2,03 miliardi, in aumento pari o superiore al 7%, con un margine attorno o sopra il 29%. L’utile adjusted per azione dovrebbe crescere attorno o sopra il 2% a un risultato di o sopra 8,6 euro, mentre per il free cash flow industriale la crescita è vista al 17%, ad almeno 1,2 miliardi.
Dal dopoguerra in poi Maserati e Ferrari hanno quasi sempre corso appaiate nel rettifilo delle vendite, vivendo entrambe forti momenti di crisi (non si dimentichi che Ferrari nel maggio del ’63 stava per passare a Ford per 18 milioni di dollari) e beneficiando, sempre entrambe, dell’intervento tempestivo di Fiat, che poteva contare, nel portafogli, dei famosi soldi pubblici elargiti lautamente dallo Stato. La loro corsa pareva destinata a procedere all’unisono anche per via dell’ultima conformazione societaria: Maserati, facendo parte di Stellantis, ha John Elkann come presidente, Ferrari non è nella scuderia del gruppo italo-francese nato dalla fusione con Psa ma ha comunque John Elkann al posto di guida, seduto accanto al Ceo Benedetto Vigna.
LA VENDITA DI MASERATI SI AVVICINA?
Per smentire le voci, sempre più insistenti, secondo cui Stellantis sarebbe seriamente pensando di vendere Maserati, dal momento che la quasi totalità degli analisti concorda sul fatto che abbia troppi marchi in portafogli (dunque l’ipotesi più sensata sarebbe vendere quelli in maggiore difficoltà economica), lo scorso dicembre Elkann ha avviato a Modena, culla della Maserati, il proprio tour “post Tavares” degli stabilimenti in Italia. E sempre Elkann a marzo si è recato in Parlamento a bordo di una Maserati verde (nella foto). Non poteva esserci simbologia freudiana più indicata per fare involontariamente riferimento alla situazione finanziaria del Tridente: al verde, appunto.
Le ultime indiscrezioni di una possibile vendita di Maserati si sono rincorse fino a qualche giorno fa. Puntuale Stellantis ha nuovamente negato tutto. Ma ormai quasi nessuno pare credere alla dirigenza. Ha scritto Paolo Bricco del Sole 24 Ore: “Servono i soldi per la ricerca, per l’innovazione, per i marchi. La Maserati è un caso da manuale. Reuters ha scritto che Maserati è in vendita. Se questo non è vero, quanti miliardi mette Stellantis sul marchio che, negli anni del Boom economico, contendeva il maggiore spazio alla Ferrari nel cuore degli italiani appassionati di velocità? Lamborghini, di proprietà tedesca, ha beneficiato della forza propulsiva di Audi-Volkswagen. Oggi la Maserati è così evanescente da non essere nemmeno più citata – a differenza della Lamborghini – nelle canzoni rap. La Maserati è ora museificazione e modernariato. Ma la museificazione e il modernariato, al Paese e al suo sistema industriale, non servono a nulla”.
IL MOTORE DI MASERATI SINGHIOZZA
“La situazione produttiva nello stabilimento di Modena resta estremamente critica – ha detto Ferdinando Uliano, segretario generale Fim Cisl – Nel primo semestre del 2025 sono state prodotte solo 45 unità, con una flessione del 71,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I giorni produttivi effettivi sono stati circa 11. Nei restanti giorni il Contratto di Solidarietà ha coinvolto i 130 lavoratori con un utilizzo medio intorno al 50%”. Alla fine del 2024 è stata annunciata la sospensione della versione full-electric Folgore dei modelli MC20 e MC20 Cielo, inizialmente prevista per il primo trimestre del 2025.
UNA COPERTA TROPPO CORTA PER MIRAFIORI E MODENA
Nel primo semestre 2025 a Mirafiori sono state prodotte 15.315 unità, in calo del 21,5% rispetto alle 19.510 del 2024. Di queste 15mila vetture, le Maserati sono state appena 140 unità. Anche in questo caso la produzione è di fatto al palo. Per una buona notizia che arriva per Modena (Stellantis ha annunciato lo spostamento della produzione di GranTurismo e GranCabrio entro fine anno, con avvio a ottobre), ne arriva subito una cattiva per l’hub torinese: a Mirafiori resteranno solo lastratura e verniciatura. L’effetto altalena è disarmante.
Anche perché “Le nuove Maserati – viene sottolineato da Fim Cisl -, comprese le versioni elettriche Folgore, non hanno avuto i risultati attesi”. I rappresentanti dei lavoratori snocciolano i tanti errori commessi dal management: “la mancata sostituzione del Levante e l’abbandono della nuova Quattroporte sono errori gravi. È urgente che Stellantis chiarisca quale strategia intende adottare per Maserati, sia sui modelli sia sui volumi”.
IL 2024 DI MASERATI IN NUMERI
Impietosi i numeri del Bilancio del Tridente: i ricavi nel 2024 si sono attestati a 1,04 miliardi di euro (in calo del 55,5% rispetto ai 2,335 miliardi del 2023), mentre le consegne globali sono passate da 26.600 unità a 11.300, segnando una contrazione del 57,5%. Il risultato operativo rettificato è sprofondato a -260 milioni di euro contro +141 milioni nel 2023, portando il margine operativo dal 6% al -25%. E mentre Ferrari correva, lo scorso anno Maserati, dismessi modelli di caratura come Ghibli, Quattroporte e Levante, immatricolava – viene sottolineato da L’Automobile di Aci – appena 150 vetture nei tre mercati principali di Italia, Germania e Francia. Difficile immaginare numeri più mesti per incoronare il 110° anniversario della scuderia.
GLI ALTRI MARCHI ITALIANI IN SERIO AFFANNO
Come si scriveva, Maserati non è il solo marchio italiano ad arrancare vistosamente. Nonostante i proclami di Stellantis (“Lancia chiude un 2024 positivo e guarda con entusiasmo al 2025“) la nuova Ypsilon non ha consentito affatto a Lancia di vivere un buon 2024: guardando al solo mercato italiano dove sono state venduti 32.167 esemplari il calo è stato di oltre il 28% rispetto al 2023, quando la casa automobilistica che riforniva di ammiraglie le scuderie del Quirinale aveva, pur tra molte difficoltà legate al contesto mondiale, immatricolato quasi 45 mila auto.
E il nuovo anno non sembra partito meglio. Si legge su Motori.it in un articolo dello scorso 25 marzo: “Lancia sta attraversando una crisi senza precedenti nel 2025, con un drammatico calo delle vendite pari al 73% nei primi due mesi dell’anno. Secondo i dati ACEA, solo 2.208 unità sono state immatricolate rispetto alle 8.098 dello stesso periodo del 2024. Questo crollo rappresenta un duro colpo per il marchio italiano proprio nel momento in cui puntava al rilancio nel segmento premium europeo.”
E poi c’è Alfa Romeo, a cui il governo Meloni ha ordinato a gennaio sei modelli Tonale per sostituire le Ford Focus usate fin qui come auto blu. Da gennaio a giugno in Italia sono state immatricolate 16.892 Alfa Romeo, con un incremento del 38% rispetto allo stesso periodo del 2024. La quota di mercato si attesta al 2,0%, in crescita di 0,6 punti percentuali. Ma dato che nel 2024 la contrazione per il Biscione è stata pesante, c’è ben poco per cui rallegrarsi. A inizio anno il Corriere della Sera sottolineava come “Alfa Romeo, Lancia e Maserati valgano solo l’1% delle vendite di Stellantis”. La sensazione, dunque, è che se non sarà il Tridente a essere venduto l’amara sorte toccherà comunque a un altro storico marchio italiano dell’industria dell’auto.