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Autoscontro Calenda-Landini su Stellantis-Elkann

Nuova puntata della querelle Calenda-Landini sulla fuga dall'Italia di Stellantis: "La sinistra e la Cgil hanno smesso di parlarne da quando gli Elkann hanno comprato Repubblica". E il sindacalista, sul quotidiano del grupo Gedi-Exor, affronta il tema dell'automotive senza mai i nomi degli Elkann...

“Di italiano la ex Fiat non ha più nulla. L’Italia è diventata per loro un mercato qualunque e chiedono ai governi soldi e incentivi per mantenere quel minimo di presenza. Ho una lettera che Stellantis ha inviato ai fornitori italiani decantando le opportunità di spostare gli investimenti in Marocco dove il Gruppo è già presente in maniera massiccia”. A parlare non è un sindacalista della Cgil (uno a caso, Maurizio Landini, che pure ai tempi della dirigenza di Sergio Marchionne aveva dichiarato guerra aperta a Fca), bensì un ex ministro dello Sviluppo Economico con un passato in Ferrari ai tempi di Luca Cordero di Montezemolo (quello stesso Montezemolo che al Corriere ha lanciato un grido d’allarme rimasto inascoltato dalla politica: “Il nostro Paese, di fatto, non dispone più di una realtà industriale automobilistica”).

LA CROCIATA DI CALENDA CONTRO LANDINI E REPUBBLICA

Non è una novità che Calenda abbia deciso di intraprendere una crociata personale nei confronti del disimpegno italiano del Gruppo di Carlos Tavares, crociata che è arrivata a interessare Landini e Repubblica, quotidiano Gedi e dunque in mano agli Elkann, entrambi a vario titolo accusati di una sospetta quiescenza. “Quella di questo gruppo è una storia allucinante. Sia per le dimensioni della vicenda sia per l’omertà della sinistra e del sindacato”, dice oggi Calenda al Messaggero. “Dopo la morte di Marchionne, John Elkann ha comiciato a vendere le attività. Innanzitutto la Magneti Marelli. L’ha ceduta durante il governo Conte a una società giapponese super indebitata e di proprietà di un fondo”.

PRIMA I FONDI PUBBLICI, POI LA FUGA

La “fuga” dall’Italia era insomma iniziata prima della fusione con Psa. Ma l’accelerazione, secondo il leader di Azione, la si ha avuta con la costituzione di Stellantis, gruppo sempre più francocentrico: “Durante il Conte 2 Fca riceve una garanzia pubblica di 6,3 miliardi per consentire agli azionisti di pagarsi un dividendo in Olanda da 3,9 miliardi. E di fatto vendere la ex Fiat a Peugeot”, la lettura di Calenda.

LE PROVE DEL FRANCOCENTRISMO DI STELLANTIS

Per l’ex ministro basta vedere la situazione dei singoli impianti del Gruppo per capire le finalità del piano industriale: “Quelli francesi sono tutti pronti per i motori elettrici, di quelli italiani soltanto uno è al passo coi tempi. In Francia si registrano dieci volte i brevetti Stellantis rispetto all’Italia. Le fabbriche italiane, a cominciare da Mirafiori, si vanno desertificando. E Tavares viene a inaugurare a Mirafiori una linea di rottamazione spacciandola per economia circolare alla presenza di tutte le autorità cittadine.”

IL NUOVO ATTACCO A LANDINI E REPUBBLICA DI CALENDA

Calenda si dice sorpreso del silenzio che sta permettendo a Stellantis di fuggire indisturbata dal Paese. Un silenzio che fa rumore soprattutto a sinistra:  “La sinistra e la Cgil hanno smesso di parlare della fuga dell’ex Fiat da quando gli Elkann hanno comprato Repubblica. Maurizio Landini è arrivato a fare una intervista a quel quotidiano parlando di crisi dell’automotive senza mai nominare Stellantis che il solo produttore italiano. Da quando dico queste cose il gruppo Editoriale Gedi non mi ha fatto una singola intervista”.

E il Landini che attaccava Marchionne, gli chiede il giornalista del quotidiano capitolino? “E’ sparito. In quel periodo Fiat produceva il 30 per cento in più di adesso e investiva massicciamente in Italia ma Landini se la prendeva tutti i giorni con Marchionne per il contratto di lavoro. Oggi che il lavoro in quel Gruppo sta sparendo Landini, diventato segretario generale della Cgil, sembra non riuscire a pronunciare la parola Elkann. Forse ha paura di venire bandito da Repubblica.”

CHE ABBIA RAGIONE CALENDA? LANDINI SU REPUBBLICA NICCHIA…

Nelle stesse ore in cui Calenda pronunciava queste parole su Repubblica andava in pagina un’intervista a Landini dal titolo: Landini: “Basta mance, ora politica industriale. No alle gabbie salariali. Il governo si fermi”. Il leader della Cgil, insomma, non mette nel mirino Stellantis, preferendo pungolare l’esecutivo come dimostra anche il catenaccio: “Il segretario della Cgil: “La delega sul “salario giusto” va ritirata. Mai successo che si tenti di modificare la contrattazione senza coinvolgere i sindacati”.

Tant’è che il settore dell’auto non appare nei radar di Landini, che tra le emergenze del 2024 cita: “Ricominciamo da dove abbiamo finito. Dai problemi non risolti: l’emergenza salari, la precarietà, una riforma fiscale progressiva, il sistema industriale e sociale che non tiene più. Ci sono 12,5 milioni di lavoratori che aspettano il rinnovo del contratto, sia nel pubblico che nel privato. Il lavoro povero sta esplodendo: solo il 16,5% dei contratti attivati lo scorso anno è stabile. Gli altri sono precari e aumenta il ricorso al part-time involontario. L’evasione viene legalizzata con il concordato preventivo biennale”.

Bisogna arrivare alla nona domanda e – solo dopo che il cronista di Repubblica tocca il tema -, perché Landini parli della situazione dell’automotive nel Paese, ovviamente senza mai nominare gli Elkann o Stellantis: “Anche il settore dell’auto non se la passa bene. Il governo vuole un milione di vetture prodotte all’anno. Stellantis li garantisce?”, chiede il giornalista. Risposta del leader della Cgil: “Detto così il milione non significa nulla. Se si includono i veicoli industriali della Sevel, siamo a meno di 700 mila vetture. Il tema non è risolto. Poi c’è la componentistica, richiesta dall’estero perché siamo bravi. Eppure assistiamo solo a svendite, come accaduto alla Magneti Marelli. Chiediamo a proprietari e governo di attivare tavoli per dare un futuro a tutto il settore”.

Il riferimento ai proprietari per non nominare gli Elkann strappa un’amara risata. Stessa ‘dimenticanza’ anche nella risposta alla domanda successiva: “Il ministro Urso vuole un secondo produttore auto. Si può fare senza aiuti pubblici?”: “Si fa investendo in ricerca e innovazione. E ricostruendo le filiere. Dare incentivi senza condizioni è buttare soldi. L’Italia è l’unico Paese con un solo produttore di auto. Non è così in Francia, Germania, Giappone. Tutti gruppi che hanno una presenza pubblica nel capitale. Fare politica industriale non è lasciar fare al mercato”. ‘Proprietari’, ‘mercato’: nessun riferimento a Stellantis o agli Elkann. Che sia un caso?

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