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Il maxi piano amerikano da 13 miliardi di Stellantis gela il Canada

Donald Trump cambia la geografia commerciale dell'auto (e non solo) a suon di dazi e Stellantis segue a ruota, accelerando con la propria produzione statunitense: in allarme il Canada, che teme una inevitabile inchiodata e minaccia di trascinare il Gruppo in tribunale.

Il maxi piano da 13 miliardi di dollari e 5mila nuove assunzioni per potenziare la produzione americana di Stellantis spaventa il Canada – e probabilmente pure il Messico – considerato che oltre il 40 per cento delle vetture che il Gruppo italofrancese destina al mercato statunitense è in realtà prodotto al momento nei due Paesi confinanti con gli Usa rispetto ai quali Donald Trump ha alzato il muro dei dazi.

STELLANTIS FA SALTARE LA MOSCA AL NASO AL TRANQUILLISSIMO CANADA

Subito dopo la presentazione del piano, il primo ministro Mark Carney ha affermato che Ottawa si aspetta che Stellantis rispetti gli impegni presi nei confronti dei lavoratori canadesi. La memoria del governo canadese è evidentemente corsa allo scorso aprile quando, appena Trump aveva annunciato i dazi che avrebbero sferzato Canada e Messico, Stellantis aveva sospeso per due settimane la produzione al  Windsor Assembly di Stellantis, dove vengono prodotti il minivan Chrysler Pacifica e la Dodge Charger Daytona.

Nella medesima occasione il Gruppo, preso in contropiede dalla guerra commerciale scatenata da Washington, aveva congelato tutto per quattro settimane pure al Toluca Assembly messicano, in cui vengono prodotti la Jeep Compass e la Jeep Wagoneer S.

IL GOVERNO MINACCIA CAUSE

Le parole del Primo ministro non sono però state la sola reazione del governo canadese. La ministra dell’Industria Melanie Joly ha inviato una lettera all’Amministratore delegato Antonio Filosa promettendo battaglia: “Qualsiasi cosa che non sia il pieno rispetto di tale impegno sarà considerata un inadempimento ai sensi del nostro accordo”, ha fatto sapere alla stampa aggiungendo che se Stellantis non dovesse rispettare i propri impegni, il Canada “eserciterà tutte le opzioni, comprese quelle legali”, ha aggiunto.

La vicenda, secondo quanto riportato da Bloomberg, rischia insomma di finire in tribunale. “Ho parlato con Stellantis per esprimere la mia delusione per la loro decisione”, ha dichiarato  sui social media Doug Ford, premier dell’Ontario, cuore industriale del Canada che rappresenta al contempo circa il 40% del Pil nazionale le cui sorti economiche soprattutto nel settore dell’auto finora erano sempre state strettamente interlacciate con le commesse statunitensi, come avevano dimostrato qualche anno fa le perdite economiche connesse all’incidente sul Rainbow Bridge, uno dei ponti che collegano gli Stati Uniti al Canada e al blocco in piena pandemia da parte dei camionisti dell’Ambassador Bridge, il ponte commercialmente più trafficato tra i due Paesi che oltrepassa il lago Erie e il lago Huron.

QUANTI SOLDI RISCHIA DI PERDERE STELLANTIS IN CANADA?

Sulle barricate anche i sindacati: “I posti di lavoro nel settore automobilistico vengono sacrificati sull’altare di Trump”, ha affermato in una nota la presidente nazionale della principale sigla di riferimento, Unifor, Lana Payne. “Non si può permettere a Stellantis di rinnegare i propri impegni nei confronti dei lavoratori canadesi e i governi non possono restare a guardare mentre i nostri posti di lavoro vengono trasferiti negli Stati Uniti”, ha affermato Payne, il cui sindacato rappresenta migliaia di lavoratori dell’auto presso Stellantis, Ford e General Motors.

Ma a prescindere da ciò, ridisegnare la propria filiera nel Nuovo mondo rischia di costare ben più dei 13 miliardi annunciati da Stellantis se si considera che nel solo impianto canadese di Windsor il Gruppo aveva investito una cifra di tutto rispetto, pari a 2,8 miliardidi dollari, per prepararlo alla sfida della transizione ecologica.

Visita di Sergio Marchionne al Windsor Assembly Plant – Crediti: Stellantis

E soltanto nell’agosto del 2024, mentre Elon Musk preoccupato dalle avvisaglie trumpiane bloccava la costruzione della propria gigafactory a sud dei confini Usa, sempre Stellantis annunciava di aver scelto il Messico per produrre la nuova Jeep Wagoneer S, dopo averci investito 1,6 miliardi di dollari per preparare quelle linee alle nuove istanze della mobilità elettrica.

E L’EUROPA E L’ITALIA COSA FANNO?

Consapevole delle possibili perdite che comporterà una simile rivoluzione dei propri assetti e della situazione economica in cui versa il Gruppo (come pure l’intera industria dell’auto occidentale, alle prese con i danni di una domanda di auto elettriche troppo bassa per giustificare gli investimenti miliardari degli ultimi anni e con una Cina sempre più competitiva) il Canada insomma teme che la coperta sia troppo corta per soddisfare tutti e che la prepotenza di Trump stia costringendo Stellantis a privilegiare la produzione americana.

Questo ragionamento rischia di valere anche per l’Europa (dove questo autunno il Gruppo chiuderà temporaneamente sei impianti, secondo indiscrezioni di stampa), Italia inclusa. Eppure nel Vecchio continente al momento tutto tace. Nel nostro Paese, le attenzioni di sindacati e governo sono con ogni probabilità rivolte al prossimo 20 ottobre quando, a Torino, il Ceo di Stellantis incontrerà i rappresentanti dei lavoratori anticipando – le speranze di questi ultimi – dettagli sul nuovo piano industriale che il Gruppo dovrebbe presentare all’inizio dell’anno, anche se molti scommettono sarà posticipato a metà 2026.

Scrive in merito Quattroruote: il possibile slittamento del piano è contenuto nella trascrizione della teleconferenza di pre-chiusura per le stime sulle consegne del terzo trimestre 2025, tenutasi il 10 ottobre. A pagina 4, Ed Ditmire (responsabile delle relazioni con gli investitori della società) parla di “diversi membri appena nominati del team di leadership di Stellantis” e di “fattori esogeni critici”, come la “continua evoluzione delle tariffe statunitensi o il robusto impegno della nostra industria con i responsabili politici in Europa”. Elementi che “possono essere input importanti per un piano ben calibrato”. Risultato: “L’azienda ha ampliato il possibile arco temporale sulla data del Capital Markets Day. Sebbene avessimo inizialmente indicato il Q1 2026, sarebbe ora più preciso dire H1 2026. Prevediamo di prendere decisioni definitive sulla tempistica relativamente presto”. Quindi il documento potrebbe essere rimandato entro e non oltre il 30 giugno 2026.

Dal canto loro Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore auto, in vista dell’incontro a Mirafiori hanno sottolineato che “il paventato rinvio del piano industriale da parte di Stellantis, peraltro contestuale al varo di imponenti investimenti negli Stati Uniti, attesta che i pasticci della Unione europea in tema di transizione stanno spingendo le case automobilistiche a investire altrove e stanno mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza della nostra industria, senza alcun effettivo beneficio per l’ambiente. Di conseguenza dovremo fare pressione insieme sindacati, istituzioni e imprese sulla Ue per cancellare le famigerate multe”.

 

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