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Italia Turismo

Perché l’Italia deve spingere sul turismo come Francia, Germania e Spagna

Cosa fa l'Italia per rilanciare il turismo e cosa fanno gli altri Paesi europei. L'intervento di Marco Foti

 

Nella giornata in cui l’Istat ha diffuso i dati sui consumi nazionali, in calo del 5,1%, e degli investimenti fissi lordi, anch’essi in riduzione dell’8,1% rispetto all’ultimo trimestre 2019, si aggiunge il monito e la preoccupazione del Governatore della Banca d’Italia Visco: “nel quadro macroeconomico del Governo si prevede per il 2020 un disavanzo pari al 10,4 per cento del PIL e un aumento del peso del debito pubblico sul prodotto di 21 punti percentuali, al 156 per cento”. “Ogni paese deve utilizzare le risorse messe a disposizione dalle istituzioni europee con pragmatismo, trasparenza e, soprattutto in maniera efficienze”.

Tra questi punti si colloca il dualismo tra due settori contermini, trasporti e turismo. Ma sul sistema dei trasporti italiano (in collasso) abbiamo avuto modo di approfondire.

È giunto il momento di essere coraggiosi (only the brave) nella programmazione degli investimenti, anche a fondo perduto, grazie alla crisi economica mondiale, è giunto il momento di superare l’ancorata paura di concentrarsi sulla spending review. È il momento opportuno per costruire il futuro dei nostri figli. Mi permetto riprendere una frase del Governatore della Banca d’Italia Visco: “Serve un nuovo rapporto tra Governo, imprese dell’economia reale e della finanza, istituzioni, società civile”.

Istat restituisce un quadro ben preciso sul turismo italiano e sulla crisi avvenuta a causa della pandemia. “Il nostro Paese è primo in Europa per le strutture ricettive sul totale Ue (più del 30% nel 2018) e al secondo per quota di presenze di clienti di residenza estera (50,6% nel 2019). Nel primo trimestre si sarebbero realizzate almeno 81 milioni di presenze turistiche, pari al 18,5% del totale annuale, soprattutto di clienti stranieri (56% delle presenze) e nelle strutture alberghiere (70,6%)”. Ciò non è avvenuto. Basti ricordare che il valore aggiunto delle attività turistiche vale il 6% del totale della nostra economia ed il settore ricettivo, in senso stretto, produce un fatturato di 25,6 miliardi di euro, dei quali 20,1 del comparto degli alberghi.

Iniziamo con le buone notizie. Bene, innanzitutto, la riapertura della mobilità tra le regioni italiane, condizione necessaria e sufficiente affinché l’economia del settore “riaccenda” il suo motore. Così come dovrà accadere per il turismo. Negli ultimi giorni, in Conferenza delle Regioni, Federturismo e Coldiretti hanno lanciato un grido di allarme chiedendo al ministro Di Maio “di convocare urgentemente un tavolo di confronto con le categorie degli operatori del turismo per individuare azioni e misure da adottare con immediatezza per reagire al fiorire di accordi bilaterali tra singoli Stati dell’Unione europea che rischiano di trasformare la riapertura dopo il lockdown in un’occasione per depistare verso altre destinazioni flussi turistici internazionali che potrebbero essere in parte destinati all’Italia”.

Eppure la Commissione Europea ha definito un piano ben preciso per far ripartire l’economia del turismo proponendo una serie di documenti orientativi per garantire una ripresa graduale e coordinata dei servizi e delle strutture turistiche, e di viaggio (spostamenti), a partire da metà giugno, nel rispetto delle condizioni rigorose per la protezione della salute e la sicurezza dei viaggiatori e dei lavoratori del turismo in tutto il continente. Per le imprese del settore la CE ha previsto un sostegno finanziario fino a 100 miliardi di euro, fornito dal programma SURE, per la salvaguardia dei posti di lavoro.

Sulla stessa lunghezza d’onda la Francia che, con l’annuncio di un piano massiccio di rilancio del settore, prevede lo stanziamento di 18 miliardi di euro, perché secondo il primo ministro Edouard Philippe “il settore del turismo, che deve probabilmente far fronte alla peggiore prova della storia moderna, è tra i fiori all’occhiello dell’economia francese e il suo salvataggio è dunque una priorità nazionale”.

Anche la Grecia segue le indicazioni dell’Unione Europea, tralasciando la notizia di queste ultime ore che veda l’Italia ancora esclusa come Paese di provenienza per il sistema turistico (ma sono certo che nell’arco di qualche giorno si risolverà positivamente). Il governo greco ha annunciato un piano da 25 miliardi di euro a sostegno dell’industria turistica. Il premier Kyriakos Mitsotakis ha presentato le misure, che prevedono una serie di sussidi e sgravi fiscali al turismo ed al settore della ristorazione e un taglio dell’Iva su merci e servizi relativi all’industria turistica, sgravi e tagli fiscali che saranno in vigore dal 1 giugno sino al 31 ottobre.

Per cui c’è tanto fermento in ambito europeo. Ma ancora non è finita.

Il governo spagnolo ha previsto un finanziamento di 10 miliardi di euro per dare liquidità al settore turistico grazie all’Instituto de Crédito Oficial, concedendo una moratoria di un mese per il pagamento delle rate dei mutui dei debitori più vulnerabili, una proroga dei versamenti di rimborso dei prestiti concessi alle imprese dal Ministero dell’industria, commercio e turismo.

Anche se gli inglesi sono ormai fuori dal circuito europeo è interessante rilevare l’impegno del governo sul settore. Per le aziende che operano nel turismo e nella ristorazione sono previsti diversi prestiti e misure economiche per 330 miliardi di sterline a sostegno delle imprese che operano nel settore, con una serie di misure specifiche (di “sostegno diretto”) che includono le riduzioni fiscali.

In Germania le misure economiche si possono assimilare al grande piano previsto dagli Stati Uniti. Tramite la Kreditanstalt für Wiederaufbau, un istituto di credito assimilabile alla nostra Cassa Depositi e Prestiti, il Fondo per la stabilizzazione economia garantirà 821,7 miliardi di euro (pari al 24% del PIL) per l’accesso ai prestiti pubblici destinati alle imprese di varie dimensioni, tra queste anche quelle collocate nel settore del turismo.

E l’Italia come risponde alle politiche economiche degli altri Stati europei? Per sostenere e promuovere il turismo, che ricordiamo è uno dei settori più colpiti dall’emergenza Covid-19, il governo stanzia nel decreto Rilancio risorse pari a 70 milioni di euro per il 2020. In particolare, per operazioni di mercato, è istituito nello stato di previsione del Mibact un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro e un altro fondo di 20 milioni per la promozione del turismo in Italia.

Non vorrei che si facesse confusione, il DL Rilancio sul turismo prevede milioni di euro e non miliardi di euro, al pari di Francia, Grecia e Spagna. Mi hanno sempre insegnato che ci si deve arrangiare con quello che si ha. Giusto, ma questo vale nelle attività normali, ordinarie, e non in situazioni emergenziali come quella che stiamo vivendo. Da qui il messaggio “only the brave”.
Ci vuole coraggio. Il turismo, così come il settore dei trasporti, sono due ambiti strategici per l’Italia.

Spostarsi è un diritto costituzionale, muove l’economia, produce cultura. L’Europa, e l’Italia per come già riportato, è la prima destinazione turistica nel mondo. Il turismo è al centro di un enorme ecosistema di imprese che contribuiscono in modo sostanziale alla prosperità e all’occupazione nei propri Paesi.

Si abbia il coraggio di investire su entrambi i settori. Il dualismo “trasporti – turismo” deve rispettare la concezione filosofica del significato, ovvero la presenza di due principi fondamentali che, oggi più che mai, devono essere in relazione reciproca di complementarità e non di opposizione.

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