“Di seguito la seconda parte di un approfondimento; la prima parte su struttura, organizzazione e compiti del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera si può leggere qui)
La duplice dipendenza da due ministeri (Difesa e Infrastrutture e Trasporti), l’ampiezza, la varietà e la complessità delle attività svolte in stretta collaborazione con altri cinque ministeri, la sinergia con Organismi internazionali sia militari che civili, pongono il Corpo delle Capitanerie come una istituzione fondamentale non solo per il nostro Paese, ma per tutto il Mediterraneo e l’Europa.
I diversi provvedimenti degli ultimi governi, che hanno inciso in modo consistente sulle regole di funzionamento della Guardia Costiera, hanno introdotto modifiche che hanno influito sul sistema di ricerca e salvataggio, attribuendo un ruolo più penetrante al Viminale, facendo prevalere le attività di controllo del mare ai fini del contrasto alla criminalità e all’immigrazione clandestina, rispetto a tutti gli altri compiti ad essa affidati?
Ci sono norme, regolamenti, direttive, regole di ingaggio, che confliggono o creano corto circuiti con le diverse attività che la Guardia Costiera svolge come organo istituzionale per le attività marittime, inficiandone la prontezza operativa?
In ogni incidente, le autorità sono concentrate sugli aspetti giudiziari che si sviluppano in processi che durano diversi anni ed il cui scopo è quello di punire gli eventuali colpevoli di reati, ma altrettanto fondamentale è comprendere al più presto quali sono i fattori di ordine politico-culturale ed organizzativo che ci possono permettere di prevenirli, uscendo dalla logica del caso per caso, concentrandosi solo sul “fatto compiuto” e pensando esclusivamente all’azione penale piuttosto che alla prevenzione di futuri incidenti.
Le indagini sugli incidenti diventano fondamentali per poterne stabilire la genesi e le responsabilità dal punto di vista giuridico e penale, mentre dal punto di vista della sicurezza e prevenzione è fondamentale comprendere nel più breve tempo possibile i fattori che li determinano, attraverso una metodologia di analisi che metta in relazione i tre maggiori elementi coinvolti nella produzione della catena degli “errori” che causano un incidente: la natura del compito e le sue circostanze ambientali, i meccanismi che governano la prestazione e la natura degli individui (Reason, 1990).
La comprensione e la minimizzazione del rischio in casi di incidenti in mare non passano più esclusivamente attraverso fattori di tipo geopolitico o giudiziario, ma attraverso modelli organizzativi e fattori di tipo tecnologico, economico, ambientale, sociale e culturale.
Per evitare i rischi di norme legislative non coerenti emanate dai diversi ministeri cui afferiscono le attività del Corpo delle Capitanierie di porto, dell’arbitrio, delle violazioni o del “fattore umano”, che possono essere causa di incidenti, occorre rafforzare il principio dell’«Accountability»: della responsabilità di chi gestisce e di chi è preposto ad effettuare i controlli di sicurezza non solo in ambito marittimo ma in tutte le organizzazioni, infrastrutture, asset pubblici, aziende, ecc.
La mancanza di sicurezza in una singola struttura che provoca fenomeni catastrofici come quelli del crollo del ponte di Genova, della funivia di Stresa-Mottarone o quest’ultimo naufragio di un’imbarcazione in prossimità delle nostre coste, impatta in maniera devastante non solo il territorio dove si manifestano ma anche le industrie, i lavoratori, l’intenso rapporto che si instaura attraverso la presenza dell’impresa in un’area geografica, le alterazioni vissute da una comunità, indipendentemente da fattori oggettivi e dal livello di ricchezza che quella azienda assicura al territorio.
Il significato che un incidente disastroso assume nell’immaginazione collettiva internazionale, soprattutto se coinvolge cittadini di diverse nazionalità, si spinge fino ad identificarlo come simbolo di alienazione di valori e squilibri ambientali imputati all’intero Paese. Eventi di tale gravità, oltre alla inaccettabile perdita di vite umane, provocano danni inestimabili all’immagine dell’Italia ed alle eccellenze del Made in Italy, che nell’era dei social media ed in un contesto di guerra economica come l’attuale, si trasformano immediatamente in campagne mediatiche di boicottaggio contro le nostre industrie e prodotti di ogni genere (culturali, alimentari, prodotti siderurgici e/o tecnologici, architettonici, sportivi, abbigliamento ecc.), con ricadute negative sulla bilancia commerciale e sul benessere collettivo.
Il nostro Stato e le nostre istituzioni sono da molti anni impantanate in mezzo ad un guado poco entusiasmante bloccato dalla arretratezza della struttura burocratica e tecnologica; da un sistema fiscale oppressivo; da un sistema sanitario con enormi sprechi e che ha mostrato tutti i propri limiti durante la pandemia; da un sistema d’istruzione in perenne ridefinizione; da un sistema giudiziario inefficiente ma che rimane l’unico ad indagare sulle responsabilità degli incidenti; da scarsi investimenti per la ricerca e da un evidente deficit di cultura della sicurezza.
In Italia ancora una volta si evidenzia questa carenza di cultura della sicurezza con la mancanza di una Agenzia nazionale sulla sicurezza marittima, dotata di un adeguato numero di investigatori indipendenti e moderni strumenti, che abbia il compito istituzionale di accertare le cause tecniche ed organizzative degli incidenti in mare, senza dover attendere i tempi e gli esiti del lavoro dei magistrati che indagano per identificare (e quindi punire) gli eventuali colpevoli. In campo aeronautico, con tanto ritardo siamo riusciti a costituire l’Agenzia Nazionale sulla Sicurezza del Volo (ANSV), proprio per accertare le cause degli incidenti aerei ed adottare nel più breve tempo possibile tutte le iniziative per evitare che si ripetano.
La medesima esigenza di tenere ben separate le competenze ed i principi ispiratori di una Agenzia indipendente con quelle di polizia giudiziaria, secondo le best practice internazionali, sarebbe di vantaggio reciproco per il settore marittimo che per la magistratura (e quindi del Paese), perché i magistrati si avvarrebbero dei tecnici specializzati per i loro accertamenti, lasciando a questi tecnici anche la possibilità di raccogliere informazioni “protette” nel senso che non verrebbero rivelate le identità di chi aiuta le indagini con la propria testimonianza (Just Culture).
Le conclusioni tecniche ed in tal senso non di parte potranno agevolare il lavoro dei pubblici ministeri che avranno dati di maggiore affidabilità sui quali basare la loro autonoma azione. Un approccio che potrebbe contribuire alla prevenzione e all’abbassamento del rischio su ogni infrastruttura, organizzazione complessa e modalità di trasporto. Non una cosa di poco conto.
Nelle situazioni di Search&Rescue il fattore cruciale è innegabilmente il tempo che intercorre tra il momento in cui si verifica l’evento e l’inizio del trattamento salvavita. La capacità di anticipare il tipo di trattamento medico necessario prima dell’effettivo salvataggio ed evacuazione del ferito ha l’immenso vantaggio di far risparmiare tempo e, in ultima analisi, salvare vite umane.
Collegare i siti operativi con la consapevolezza situazionale, l’analisi integrata, la produzione, gestione della raccolta delle informazioni, i processi di targeting e la tempestività nel processo decisionale, sono fondamentali per dare forma e per garantire il successo delle operazioni di ricerca e salvataggio, riducendo al massimo i tempi di intervento.
Nel dominio marittimo nazionale, la forza d’intervento che è chiamata a operare con la sua massima valenza in ogni operazione di Search&Rescue, offrendo un’assistenza medica coordinata e immediata e un trattamento anticipato al ferito da parte dei primi soccorritori prima dell’evacuazione, fattori determinanti per salvare vite umane, è la Guardia Costiera.
L’eccessiva burocratizzazione delle norme e degli Enti cui deve rispondere questa Forza armata, ne stanno limitando la prontezza operativa? Vi sono conflitti di competenze, problematiche di coordinamento del soccorso marittimo, che ne inficiano le capacità di elaborazione, di decision making e di gestione delle operazioni?
Vi sono interferenze politiche che non permettono ai membri del servizio ad ogni livello operativo di pianificare strategicamente ed eseguire tutte le missioni, incluse quelle di Search&Rescue, in modo sinergico, veloce, sicuro ed efficace nel proprio dominio ed in qualsiasi scenario operativo militare e civile?
Le risposte a queste ed altre domande le potrebbe dare in tempi brevissimi una approfondita analisi portata avanti da un’Agenzia nazionale sulla sicurezza marittima – indipendente – senza dover attendere i risultati delle inchieste ed i tempi lunghissimi di Commissioni parlamentari o di processi giudiziari, permettendo all’Agenzia di emanare eventuali raccomandazioni e suggerire le azioni correttive da intraprendere per evitare che incidenti simili si ripetano.
Ogni sforzo dovrebbe essere indirizzato ad evitare incidenti, a proteggere le vite ed il benessere dei cittadini-utenti e di chiunque si trovi in difficoltà in mare, mentre lontana da questi obiettivi è la carenza di una strategia, di risorse economiche e professionali necessarie a promuovere la cultura della sicurezza all’interno e all’esterno delle istituzioni, degli Enti pubblici, delle aziende e soprattutto delle scuole.
(2. fine; la prima parte si può leggere qui)