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Non solo Alitalia, come uscirà il settore aereo dalla crisi?

L'intervento di Marco Foti sullo di stato di crisi dell'intero settore aeroportuale e non solo di Alitalia

Compagnie aeree e non solo. Una crisi che colpisce l’intero comparto del settore aeroportuale. Come uscirne?

Il sistema aeroportuale sembra essere basato esclusivamente sulle compagnie aeree: chi pensa alle società che gestiscono gli aeroporti?

Nonostante gli allarmi lanciati più volte da Assaeroporti, e dal suo presidente, sembra non interessare la crisi che attanaglia gli aeroporti italiani. Tutte le forze, ed i sindacati, si sono concentrate sulla questione Alitalia (Decreto Agosto e 3 miliardi di euro per la new company) mentre dei 10 mila dipendenti aeroportuali a rischio licenziamento quasi nessuno ne parla. Secondo Valentina Lener, direttore generale di Assaeroporti, “il consuntivo 2020 si chiuderà con meno di 60 milioni di passeggeri a fronte dei 200 milioni stimati in Italia nel periodo ante-Covid”.

In questo quadro deficitario il nostro Paese è in netto ritardo in quanto non ha previsto finanziamenti alle società che gestiscono gli aeroporti, ad eccezione dello slittamento di due anni delle concessioni aeroportuali.

La Germania, ad esempio, ha stanziato 1,36 miliardi di euro per gli aeroporti. Sarà un caso? No. In tutti i Paesi il sistema aeroportuale nazionale è essenziale per lo sviluppo, non solo per il turismo (in questo periodo quasi azzerato) ma anche, e soprattutto oggi, per la mobilità di cittadini, lavoratori ed imprese.

La crisi economica dovuta alla pandemia da Covid ha messo in ginocchio tutto il sistema, i dati purtroppo lo certificano. Secondo le stime riportate in un report economico di Iata, la principale associazione di categoria che riunisce le compagnie aeree, “la ripresa sarà lunga e faticosa, serviranno anni prima che il traffico aereo riesca ad assorbire e smaltire la crisi in cui è sprofondato a causa del blocco dei viaggi per il coronavirus, il volume di traffico tornerà ai livelli del 2019 solo nel 2023”.

Ma non tutto è perduto, almeno nel caso dell’Italia. L’epidemia del contagio, grazie alle norme emanate nel corso di questi mesi ed all’abnegazione dei cittadini (mi sembra corretto evidenziarlo), è decisamente più contenuta rispetto al resto del vecchio Continente (secondo l’Oms, in Europa si registra il più forte aumento delle vittime, +27%, sulla settimana del 14 settembre 2020).

Fattori che inducono ad una lenta e positiva ripresa dell’economia nazionale mentre evidenziano una necessaria rivisitazione degli spostamenti internazionali. TeleBorsa riferisce che “Lufthansa svaluta di 1,1 miliardi di euro la flotta da iscrivere a bilancio nel terzo trimestre a causa del netto peggioramento dell’outlook per il traffico internazionale registrato nelle ultime settimane. Ciò vuol dire che non è più realistico immaginare un livello di attività pari almeno al 50% rispetto un anno fa per cui, se il trend attuale continua, i posti per chilometro disponibili rimarranno solo nel range fra il 20% e il 30% dell’anno scorso”.

Anche in Italia si fanno i conti con i mancati introiti del volato internazionale: secondo quanto dichiarato dalla ministra De Micheli nel corso di “Italia 2021 – Competenze per riavviare il futuro”, “la ripresa soprattutto sul fronte dei viaggi internazionali è stata inferiore alle stime di maggio e che la prospettiva è quella di adeguare l’utilizzo del personale — ora in cassa integrazione — all’andamento delle attività. In quest’ottica, ha aggiunto, il Governo per garantire la tutela dei lavoratori ha rafforzato le misure di integrazione salariale sia in relazione alla situazione di Alitalia che a quella di Air Italy”.

Sulla compagnia di bandiera si sono spese innumerevoli analisi ed approfondimenti, ultima quella del Corriere in cui si rileva che “Alitalia perde soldi in ogni segmento di mercato. Sui voli nazionali. Su quelli europei. Persino su quelli intercontinentali, di fatto l’unica area in cui le compagnie aeree fanno profitti grazie alla quasi assenza delle low cost. Il vettore tricolore finisce in rosso anche negli aeroporti pregiati come Milano Linate dove detiene i due terzi degli slot”.

Anche su Malpensa le attese non sono positive tanto da indurre la new company a cancellare il volo “Milano-Roma”, l’ultimo di una serie di tagli che Alitalia ha effettuato, a partire dal mese di settembre a causa del ridimensionamento dettato appunto dalla crisi del traffico internazionale (cancellati i voli Milano-New York, Roma Boston, Roma-Buenos Aires, Roma-Tokyo ed i link per Tel Aviv ed Algeria).

In quest’ottica il nuovo ad di Alitalia disegna il profilo della futura compagnia: «Il nostro posizionamento dovrà essere per forza sul settore di mercato premium. Se non sei una low cost, puntare sulle tariffe basse significa suicidarsi. Un vettore come Alitalia è una struttura completamente diversa da una low cost. I costi devono essere l’ossessione del management della nuova azienda, perché l’efficienza è fondamentale, ma non da perseguire sul terreno dei prezzi bassi. La strada è quella dei voli a lungo raggio, i primi potranno entrare nel 2022. In questa fascia di mercato, in assenza di concorrenza della low cost, c’è una prospettiva enorme. Anche per Fiumicino si prevede un consolidamento del breve e del medio raggio, altrimenti il lungo raggio non regge».

Quindi, in attesa della (ri)nascita della nuova Alitalia e del piano di riordino del settore a cura del Mit, una soluzione di ripresa economica potrebbe puntare verso il potenziamento dei collegamenti interni, i cosiddetti voli domestici. Le compagnie low cost presenti in Italia (Ryan Air in primis) stanno provvedendo, grazie ad una gestione aziendale più snella rispetto alle compagnie tradizionali, alla ripresa dei voli di corto raggio, altre compagnie si stanno affacciando al mercato italiano per lanciare nuove rotte nazionali (Wizz Air).

Perché non puntare, anche nel caso della nuova Alitalia, al mercato domestico le cui relazioni potrebbero reggere la crisi preventivata da Iata? Una soluzione che porterebbe al mercato del settore nuova linfa e quel dinamismo economico che tanto serve oggi alle società che gestiscono gli aeroporti italiani. Il Mit e la nuova Alitalia potrebbero approfondire le proprie valutazioni, a tutela dei tanti lavoratori del settore aeroportuale.

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