skip to Main Content

Cambiamento Climatico

Cosa può fare l’Italia sulla qualità dell’aria

L'intervento di Marco Foti

 

Il Rapporto di Legambiente “Mal’Aria”, nell’Edizione speciale del 2021, approfondisce il tema attuale (e forse anche no, purtroppo) dell’inquinamento ambientale allargato a tutti i settori. Lo spunto di questa mia riflessione è concentrato sul tema della mobilità, uno dei “motivi” scatenanti l’inquinamento nelle città.

Prima di iniziare la disamina del Rapporto di Legambiente, realizzato anche con il supporto di Ipsos, desidero porre l’attenzione sulla notizia secondo cui la Corte di Giustizia Europea, sulla base della richiesta della Commissione Europea, l’Italia ha “in modo continuativo e sistematico, superato i valori fissati per il particolato (PM10), non adottato, a partire dal giugno 2010, misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite, disatteso l’obbligo di far sì che i piani per la qualità dell’aria prevedano misure adeguate affinché il superamento dei valori sia il più breve possibile”.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 10 novembre 2020 (C-644/18), ha condannato quindi l’Italia e rigettato tutte le argomentazioni proposte ritenendo che lo Stato Italiano “sia stato inadempiente ed abbia violato la direttiva 2008/50, posta a tutela della salute umana e dell’ambiente”.

Nel 2021 l’European Environment Agency (EEA), ovvero l’Agenzia Europea dell’Ambiente, si legge nel Rapporto di Legambiente, ha diffuso una mappa della qualità dell’aria urbana in cui sono stati riportati i valori medi di particolato fine (PM2,5) degli ultimi due anni (2019 e 2020) di più di 300 città Europee di cui sia avevano i dati a disposizione. Tra queste, le tre città risultate più pulite sono state Umeå (Svezia) con una media di 3,7 microgrammi per metrocubo, seguita da Tampere (Finlandia) con 3,8 e Funchal (Portogallo) con 4,2. Di contro, le tre città più inquinate sono risultate Nowy Sacz (Polonia) con 27,3 microgrammi/metrocubo, Cremona (Italia) con 25,9 e Slavonski Brod (Croazia) con 25,7 mcg/mc.

Nelle ultime dieci posizioni si rilevano anche le città di Vicenza (25,6), Brescia (24) e Pavia (22,9) tutte giudicate con qualità dell’aria “scarsa” (l’EEA considera la qualità dell’aria “molto scarsa” quando i livelli di PM2,5 sono pari o superiori al limite normativo di questo inquinante pari a 25 μg/mc e “scarsa” se compresa tra 15 e 25 microgrammi per metro cubo).

Le buone notizie invece si registrano nelle 127 città che, secondo la mappa redatta dall’EEA, registrano una qualità dell’aria classificata come “buona” (valori inferiori a quelli suggeriti dall’OMS per l’esposizione a lungo termine al PM2,5, stabiliti in 10 microgrammi per metro cubo d’aria). Tra queste vi sono anche le città italiane di Sassari (5,8 μg/mc), Genova (7,1 μg/mc), Livorno (8,8 μg/mc), Salerno (9,1 μg/mc) Savona (9,3 μg/mc) e Catanzaro (9,4 μg/mc).

Tutto ciò ovviamente non basta per rasserenare un Paese che, insieme a tutti gli Stati Europei e non solo, deve organizzare il prossimo futuro per superare le tante criticità.

Ne ha parlato anche il Presidente del Consiglio Draghi in un intervento al summit sul clima convocato dal presidente Usa, Biden. “È necessario onorare gli impegni presi in materia di clima ed, in alcuni casi, essere pronti a prenderne di più audaci. L’ultimo Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha dichiarato che, per raggiungere l’obiettivo, dobbiamo realizzare riduzioni immediate, rapide e significative delle emissioni. Non possiamo semplicemente contare sugli altri: dobbiamo tutti fare la nostra parte”.

Messaggio piuttosto chiaro ed eloquente. Ma che cosa possiamo fare in tema di mobilità?

Il Rapporto di Legambiente fornisce alcuni suggerimenti per cui “le azioni da introdurre devono essere efficaci, incisive e durature per poter cominciare ad invertire la rotta”.

Nell’ambiente urbano, oltre al riscaldamento domestico, il settore che incide maggiormente è la mobilità, escludendo i casi di alcune città in cui l’inquinamento industriale o derivante dall’agricoltura hanno una notevole incidenza. Si parla di un “cambio di paradigma”, in questo giornale lo scriviamo da tempo: la mobilità è la chiave di volta del cambiamento delle città e del benessere urbano, si, proprio del “benessere urbano”.

Mal’Aria cita, in tema di mobilità, i provvedimenti urgenti da adottare, che riassumo:

  • limitare la circolazione dei veicoli più inquinanti (euro 4 diesel a fasce orarie da questo autunno e per sempre a tutte le auto a combustione con più di 20 anni, come già previsto nelle regioni inquinate;
  • eliminare bonus ed incentivi di rottamazione all’acquisto di auto a combustione;

– incentivare mobilità elettrica leggera, noleggio e condivisione (sharing);

– prevedere un trasporto pubblico locale e servizi a chiamata, anche comunitari, locali e aziendali;

  • realizzare un decreto d’emergenza, da convertire in Legge, per introdurre limitazioni di velocità per inquinamento sulle strade e autostrade, come già in uso in Francia, Svizzera, Austria e Slovenia.

Non da meno i provvedimenti strutturali, che secondo il Rapporto di Legambiente, devono:

  • ridisegnare lo spazio pubblico a misura d’uomo, organizzare la prossimità dopo il distanziamento, compresi i servizi, il lavoro e lo studio a distanza: tutto ciò che serve deve essere raggiungibie in 15 minuti a piedi da dove si abita, anche i servizi di trasporto (“città a 15 minuti”), sia in città che nei paesi;
  • aumentare la dotazione del trasporto pubblico elettrico con 15.000 nuovi autobus per il TPL (rifinanziando il Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile a favore di soli autobus a zero emissioni);
  • nuove reti tranviarie per 150 km (o filobus rapid transit);
  • cura del ferro (5.000 nuovi treni e adeguamento della rete regionale con completamento dell’elettrificazione);
  • strade a 30 km all’ora, strade scolastiche, smart city, moderazione della velocità (80% strade urbane condivise tra cicli e veicoli a motore), realizzare 5.000 km di ciclovie e corsie ciclabili, sicurezza stradale (vision zero), incentivare la mobilità elettrica condivisa anche nelle periferie e nei centri minori, anche comunitaria o aziendale;
  • stop alla commercializzazione dei nuovi veicoli a combustione interna al 2030 (per il rinnovo del parco delle auto private famigliari, favorire – come in tutta Europa – il mercato dell’usato recente, invece dei bonus ad auto a combustione che tra pochi anni non potranno più circolare).

Una serie di misure che pongono il MIMS ed il Ministero della Transizione Ecologica davanti a scelte precise e non rinviabili. Alcune discutibili, per l’amor del cielo, ma nel complesso comprensibili e già abbondantemente discusse. Attendiamo fiduciosi.

Ad maiora.

Back To Top