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Ita, ecco magagne e turbolenze della nuova Alitalia

Riuscirà davvero a decollare la nuova Alitalia chiamata Ita? L’analisi di Gaetano Intrieri

Quello a cui stiamo assistendo riguardo la vicenda Alitalia è la logica conseguenza di scelte e decisioni scriteriate messe in atto nell’ultimo anno dal governo, più volte nell’anno appena trascorso ho scritto che la costituita newco al momento chiamata Ita, non avrebbe in nessun caso passato l’esame europeo per l’ottenimento dei requisiti per diventare un operatore aereo e ciò che sta succedendo in questi giorni è li a dimostrarlo.

La problematicità per Ita nell’ottenere la Licenza di Operatore Aereo, oltre che nelle restrizioni imposte dalle regole sulla concorrenza che condizionano la costituzione di una aerolinea a capitale pubblico, risiede essenzialmente nel perimetro degli asset che la newco dovrebbe acquisire da Alitalia in AS. È chiaro che essendo lo Stato proprietario della new company, l’Europa, a tutela della concorrenza in tema di aiuti di Stato e di libero mercato, richiede la totale discontinuità del nuovo soggetto da Alitalia. Ecco, quindi, che non si comprende come in discontinuità possano essere trasferite le decine di certificazioni tecniche da una società all’altra, necessarie per l’ottenimento del Certificato di Operatore Aereo che è parte fondamentale della Licenza di esercizio.

Solo a titolo di esempio, basta citare la certificazione Etops necessaria per potere operare a distanze elevate dalla terra ferma per gli aeromobili bimotore (per esempio attraversare l’oceano per le rotte verso le Americhe) e la Categoria III che consente all’aerolinea di atterrare in condizioni di bassa visibilità. Bene solo questi due processi di certificazioni regolamento alla mano richiedono procedure che nel migliore dei casi necessitano di almeno 6 mesi di operazioni prima di poterle ottenere, occorrerebbe poi riscrivere integralmente i manuali relativi alla Parte M (manutenzione) e parte OPS (operazioni volo) a meno che non si vogliano riproporre gli stessi inefficienti e obsoleti processi interni di Alitalia con le conseguenze economiche disastrose a cui abbiamo assistito in questi anni e comunque discontinuità significa che i manuali in ogni caso dovranno essere redatti ex novo e che quindi il regolatore che in Italia è l’Enac dovrà avere il necessario tempo per testarli e verificarli

Ma non è tutto, con tre miliardi invece secondo il piano industriale di Ita, per come reso noto dalla trasmissione Report, si dovrebbero mandare a casa cinquemila persone circa con una flotta che a mo’ di fisarmonica si dovrebbe espandere da 50 a 100 aeroplani in un lustro. Si dovrebbero inoltre scorporare i servizi di handling e manutenzione senza una plausibile strategia sottostante se non quella di incrementare i costi, almeno che dietro tutto questo non ci sia il solito regista teutonico che chiaramente avendo già in casa questi servizi non ne avrebbe alcuna utilità e quindi solo in questo ambito tale scorporo avrebbe una sottesa logica sensata.

Oltre queste due immediate considerazioni, il percorso di Ita per l’ottenimento della Licenza di esercizio appare tutt’altro che scontata e non certo per la mancanza dei capitali se davvero potrà disporre di 3 miliardi di euro. Occorre subito qui ribadire che con un investimento di 3 miliardi di euro si può davvero pensare ad un’aerolinea con almeno 300 aeromobili nella propria flotta, e del resto basta seguire i criteri del regolamento CEE 1008/2008 e i correlati modelli EAL 16 per verificare agevolmente quale sarebbe un investimento coerente ad una flotta di 300 aeroplani, anche considerando le resilienze dei costi fissi che con quella soglia dimensionale originano notevoli economie di scala.. Infine, altro tema rilevante è: se in discontinuità è ammissibile ereditare la posizione Iata della vecchia Alitalia con il relativo numero di piastrina del Billing and Settlement Plan (BSP) che è quel “055” che viene anteposto alla numerazione dei biglietti emessi da Alitalia. Avere lo stesso numero di piastrina di fatto significherebbe sancire la continuità d’impresa e nel caso invece si voglia ottenere un numero nuovo e quindi una nuova iscrizione come membro Iata, l’intera procedura necessiterebbe almeno di 1 anno di tempo per essere implementata nei sistemi Iata ai livelli dell’attuale posizione BSP di Alitalia in AS.

Come se tutto ciò non bastasse il Piano industriale presentato da Ita così come quello presentato a suo tempo da FS, non è un piano industriale di una aerolinea e non lo può essere mancando dell’elemento fondamentale ed indispensabile su cui si costruisce un piano industriale in materia di trasporto aereo: la contabilizzazione della route profittability. Sarebbe quindi intanto interessante comprendere quanti soldi pubblici sono stati erogati per redigere tale documento che è totalmente sbagliato nella sua essenza tecnica ed i rilevi evidenziati dalla commissione europea che si avvale di consulenti veri e di settore sono li a dimostrarlo.

Nel bel mentre, si assiste al disfacimento della vecchia Alitalia in Amministrazione Straordinaria, anche questo assolutamente prevedibile e da me ampiamente previsto in mie precedenti analisi. Alitalia in AS dovrebbe essere la società che dovrebbe trasferire gli asset, peccato che ormai tali asset mai ristrutturati in 4 anni di gestioni commissariali sono ormai in totale disfacimento il che ha del “clamoroso” se si pensa che solo nell’ultimo anno Alitalia in AS ha beneficiato tra sovvenzioni dirette e sovvenzioni sotto forma di Cassa Integrazione di circa 1 miliardo di euro. Una cifra enorme considerando la soglia dimensionale dell’impresa. Nessuno sa come questa enorme somma di denaro sia stata utilizzata dall’ultima gestione commissariale che si è succeduta alla precedente e che a sua volta aveva “polverizzato” circa 1 miliardo e 200 milioni. In sintesi, in 4 anni di commissariamento sono stati “bruciati” circa 2,5 miliardi di euro di denaro pubblico per ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.

Diecimila persone rischiano in poco tempo di ritrovarsi senza più un lavoro a causa di scelte scriteriate e senza alcuna logica industriale, dettate da una costante che ha accompagnato Alitalia in questi 4 anni: la totale incompetenza in materia di trasporto aereo dei protagonisti che si sono succeduti nella gestione politica e manageriale di questa vicenda, ma si sa, in questo Paese dove il “fancazzismo” impera, le competenze sono un fattore assolutamente secondario anche quando poi si genera una macelleria sociale di tali proporzioni.

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