Byd, il marchio cinese che fa paura all’americana Tesla, la sola Casa automobilistica capace di guardare negli occhi Elon Musk senza distogliere lo sguardo, si lamenta per l’eccesso di competizione interna in Cina. “È una concorrenza davvero estrema e dura”, ha dichiarato la vicepresidente esecutiva Stella Li in un’intervista a Bloomberg. “Non è sostenibile”, ha aggiunto, sottolineando che un consolidamento del settore è probabile con la maturazione del mercato.
Pare paradossale, dal momento che Byd è la grande favorita di quella rivoluzione mondiale dell’automotive che, più simile a uno tsunami, travolgerà con ogni probabilità molte Case europee e americane lasciando al loro posto impronunciabili marchi cinesi. Ed è ancora più paradossale che a lagnarsi della situazione sia Byd se si pensa che proprio l’azienda fondata da Wang Chuan-Fu ha fatto detonare una nuova guerra dei prezzi soltanto poche settimane fa.
PECHINO STRIGLIA I SUOI MARCHI?
Dopo i tagli ai listini approntati a sorpresa dal produttore di Shenzhen altri marchi come Chery, Leapmotor e IM Motors erano corsi negli ultimi giorni a sforbiciare i propri prezziari. Risultato: la China Association of Automobile Manufacturers, dopo aver riunito tutti gli attori allo stesso tavolo, ha rilasciato una dichiarazione in cui sollecitava la fine della guerra dei prezzi in Cina, affermando che mosse tanto aggressive non premiano affatto la concorrenza e indeboliscono tutti i partecipanti.
LA FRENATA DI GEELY HA SPAVENTATO LA CINA?
Tradotto: meglio spartirsi prima i mercati occidentali e solo dopo farsi la guerra. Per il momento, insomma, c’è ancora bisogno di fare sistema. La spia sul cruscotto ai massimi piani del governo cinese deve essersi accesa, con ogni probabilità, quando Geely ha annunciato di essere stata costretta dai mutati assetti economici a bloccare la costruzione di nuove fabbriche al di fuori della Cina. Infiacchiti dalla situazione in casa, il costruttore ha deciso di congelare i propri piani espansionistici. “Propri” fino a un certo punto, essendo di derivazione governativa.
Probabilmente anche per questo Byd lancia segnali distensivi indirizzati a Pechino sottolineando di voler continuare a investire fino a 20 miliardi di dollari in Europa nei prossimi anni. Non solo: rispetto alle strategie attuate da Xpeng e Leapmotor, assicura anche che non intende attuare partnership con case autoctone del Vecchio continente.
BYD IN RITARDO SULLA TABELLA DI MARCIA?
I tagli di prezzo per ben 22 modelli, alcuni con ribassi significativi, secondo gli analisti sarebbero dovuti alla necessità di rispettare la rigorosa tabella di marcia che Byd si è autoimposta per diventare regina indiscussa del mercato. Gli obiettivi di vendita fissano il traguardo a 5,5 milioni di veicoli nel 2025, dunque un incremento annuo del 30%. Tuttavia, secondo Deutsche Bank, le vendite al dettaglio del marchio cinesi nei primi quattro mesi di quest’anno sarebbero cresciute “solo” del 15% su base annua. Troppo poco, appunto. Ma per Pechino non è ancora venuto il momento di dichiarare guerra alle proprie sorelle: anzitutto, c’è l’Occidente da conquistare.