Le uniche davvero puntuali, al posto dei treni, sono le polemiche. Perché l’indomani dell’ennesima giornata di caos ferroviario tutti, a iniziare dagli utenti ieri rimasti per ore col naso all’insù a guardare mestamente i tabelloni che via via aumentavano il ritardo accumulato da ogni singolo convoglio, vogliono sapere cosa sia successo.
IL GUASTO
Nessun attacco hacker. A cancellare oltre più di cento treni, facendo maturare oltre quattro ore di ritardo ai convogli non soppressi, è stato un guasto elettrico che ha colpito le stazioni romane di Termini e Tiburtina.
Un guasto raro e inatteso, secondo i vertici delle Ferrovie dello stato. Quello che risulta meno raro e inatteso, perché già capitato in altre occasione, è la fragilità dell’intera rete ferroviaria: basta una interruzione in qualche snodo (dalle parti di Bologna, per esempio, ne sanno qualcosa sia per quanto riguarda le linee regionali, sia per i disagi su quella AV) perché si concateni l’effetto domino, con treni in tilt in tutto il Paese.
LA SPIEGAZIONE DI RFI
A cospargersi il capo di cenere stamani è Gianpiero Strisciuglio (nella foto con Salvini), amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (gruppo Ferrovie dello stato), che al Corriere della sera dice: “C’è stato un guasto a una cabina elettrica che alimenta gli impianti di circolazione all’interno del nodo di Roma, tutto è capitato intorno alle 6.30 del mattino rendendo impossibile l’utilizzo degli impianti delle stazioni di Roma Termini e di Roma Tiburtina. Il guasto è stato provocato da alcuni lavori notturni effettuati da un’azienda esterna al gruppo Ferrovie, un’attività svolta in modo non corretto che ha danneggiato un cavo e compromesso il funzionamento dell’alimentazione elettrica di una cabina”.
CAOS TRENI, COLPA DI UNA DITTA ESTERNA?
Tutto qui? No. “a quel punto – ha aggiunto Strisciuglio – si è aggiunto il malfunzionamento della stessa cabina, anziché intervenire il sistema di alimentazione alternativo è scattata la messa in sicurezza dell’operatività, scollegando tutto. Una serie di malfunzionamenti, ma originati dal danno sulla linea elettrica causato dalla ditta esterna”. Puntuale, insomma, oltre le polemiche, pure il solito giochino dello scaricabarile per ciò che concerne la responsabilità del disservizio ferroviario.
Sorprende anche la difficoltà riscontrata in sede di riparazione: “Si tratta – motiva il capo azienda di Rfi – di un intervenuto molto complesso che i nostri manutentori hanno ripristinato in tempi record, ma poi occorre comunque del tempo per riavviare con gradualità i nostri impianti in modo di assicurare la necessaria sicurezza della circolazione dei treni”.
COSA HA DETTO FS
Non ha nulla da rimproverarsi invece la holding Ferrovie dello stato che controlla Rfi. “Il nostro intervento é stato sicuramente tempestivo nel momento in cui [i tecnici ndR] si sono accorti del problema, dopodiché si può sempre migliorare”, ha detto l’ amministratore delegato di Fs, Stefano Donnarumma, a margine di un evento, spiegando che “si è tranciato un cavo, sono entrate in funzione le batterie che hanno mantenuto tutto acceso fino alle 6 del mattino e quindi nessuno si è accorto di questo. Quando la batteria ha ceduto, i tecnici sono dovuti andare lì e attivare i gruppi elettrogeni, ed impiegato del tempo, non perso, impiegato del tempo”.
CAOS TRENI, COLPA DELLE BATTERIE?
Donnarumma parla di “incidente senza dolo di alcuno”. Perché anche se “stiamo facendo le verifiche su come sono stati condotti i lavori in sito dalla ditta”, le prime informazioni farebbero pensare che le sole responsabili siano state “le batterie” che “hanno ingannato i nostri tecnici perché salvaguardando la continuità non hanno fatto vedere il guasto”, ha concluso Donnarumma.
IL SILENZIO DI SALVINI
Ma a far rumore ieri non è stato solo il vociare esasperato degli utenti rimasti bloccati nelle stazioni, anche l’assordante silenzio del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che in genere commenta ogni fatto, anche quelli non direttamente connessi al proprio dicastero e lo fa con l’iper presenzialismo social ben noto a tutti.
Invece, come da copione del suo social media manager, a una certa ora viene pubblicato il post sulla giornata dei nonni, come se si trattasse di una giornata normale, ma gli italiani sono già nel pieno del caos dei treni e devono in tutta fretta lambiccarsi per capire come non perdere impegni di lavoro e quali mezzi alternativi sfruttare per arrivare comunque a destinazione. E poi pubblica sui social un video con il suo intervento a un evento organizzato dalla giornalista ex Foglio e ora in Rai, Annalisa Chirico, che non a caso lo intervistava anche.
CAOS TRENI, COLPA DI UN CHIODO?
Il ministro è atteso al varco dai giornalisti che hanno in mano la sua agenda della giornata. Alle 10 ha una inaugurazione proprio in una stazione romana, la Ostiense. Ma il segretario federale della Lega con tutto quello che sta succedendo preferisce non presentarsi. Alle 15 però deve andare alla Camera e, circondato dai cronisti, probabilmente semplifica troppo: “Colpa di un chiodo piantato nel posto sbagliato“, la versione del ministro alle Infrastrutture. Che poi aggiunge “I responsabili devono pagare”.
Fingendo di dimenticare l’imbarazzante estate ferroviaria di ritardi e cancellazioni, sgrana il rosario dei lavori annunciati dal suo dicastero: “Noi stiamo investendo 9 miliardi di euro sulla rete, tre miliardi e mezzo sulla manutenzione, abbiamo più di mille cantieri aperti, stiamo comprando nuovi treni”. E a chi ne chiede le dimissioni replica: “Non ci sono io alle centraline, ho chiesto che emergano le responsabilità. Lavoro dall’alba”.
Chi ha causato i disagi sulla rete ferroviaria di Roma e ha sbagliato, oggi, ne dovrà rispondere.
I problemi vissuti da migliaia di viaggiatori sono inaccettabili. Andremo fino in fondo, senza sconti, con la determinazione di chi (solo nel 2024) ha investito 9 miliardi nelle…— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) October 2, 2024
Tutto finito? No. Questa volta oltre i treni arriva con gran ritardo anche una nuova comunicazione di Salvini che si cala nel ruolo del ministro furente. Soltanto verso l’ora di cena a social unificati posta: “Chi ha causato i disagi sulla rete ferroviaria di Roma e ha sbagliato, oggi, ne dovrà rispondere. I problemi vissuti da migliaia di viaggiatori sono inaccettabili”.
In Giappone il tuo omologo sarebbe già stato inviato a posare le traversine col culo.
— Corrini (@corrini) October 2, 2024
Quindi il leader leghista promette: “Andremo fino in fondo, senza sconti, con la determinazione di chi (solo nel 2024) ha investito 9 miliardi nelle ferrovie e ha aperto 1.100 cantieri per ammodernare la linea. Vogliamo recuperare decenni di troppi No e non sono ammessi errori”. Assai più puntuale la gragnuolata di commenti e sfottò che bombarda il post.
Ma di quali “no” sta parlando? Ma inizierà seriamente a prendersi le sue responsabilità una buona volta?
E poi, tutti i viaggiatori che oggi hanno subito gravi disagi aspettano le sue scuse (il minimo). Riesce a farle? O è troppo impegnato in altro?— Franz Russo (@franzrusso) October 2, 2024
LE BACCHETTATE DELL’AUTORITA’
Ma il ministro delle Infrastrutture è doppiamente sfortunato. L’Autorità di Regolazione dei trasporti due settimane fa ha depositato la propria relazione autunnale che inchioda – per tornare sul famigerato chiodo – qualcuno alle proprie responsabilità elencando altri numeri: quelli relativi questa volta ai disservizi e non agli investimenti: “Ogni anno si contano circa 10.000 interruzioni di linea”.
Numero importante che in altri tempi sarebbe pure passato inosservato, ma non dopo l’estate di caos sui treni. E infatti era già stato brandito come un’arma politica dalle opposizioni in Aula anche perché in costante aumento: “Si parla di 17.912 ore nel primo semestre del 2022, che sono aumentate a 19.978 ore nel 2023 e sono diventate 22.904 nel primo semestre del 2024”, tuonavano il 17 settembre scorso dagli scranni del Pd durante la seduta sull’ipotesi di privatizzare Ferrovie.
TROPPI TRENI, POCHE LINEE?
Insomma, tutta colpa di Salvini? No. Il ministro non può sostituirsi al chiodo. I disservizi vanno avanti da anni. Specie sull’Alta Velocità. Per la precisione da 15 anni, durante i quali si sono avvicendati governi di ogni credo e colore.
Ecco perché può essere utile rispolverare un Data Room di gennaio di Milena Gabanelli che si era occupata del caos treni, con dati fino al 2023. “Nel 2009 le Frecce viaggiano in orario, 14 anni dopo il ritardo è garantito: il 98% secondo i dati ufficiali ha da 0 a 60 minuti di ritardo”.
Succede così che nella tratta tra Roma e Milano nel periodo campionato dai giornalisti del Corsera i treni in ritardo sono l’84%, di cui il 24% oltre i 10 minuti. Quelli del mattino hanno ritardi mediani di venti minuti.
Ma perché succede tutto questo? Perché, annota Gabanelli, “solo sulla tratta Milano – Roma si è passati dai 16.400 viaggi del 2009 ai 51.300 di oggi”. La sensazione insomma è che si sia riempito ogni slot possibile, lasciando però inalterata l’infrastruttura.
L’IMBUTO FERROVIARIO
Alla luce di questi dati è possibile comprendere non solo perché basti un ritardo di primissimo mattino, come quello di ieri, per avere un caos anche nei treni della mattinata inoltrata, ma anche come mai ogni volta si scateni l’effetto domino sull’intera linea. “L’apparato tecnologico di Milano centrale che comanda il traffico in tutto il comprensorio è ancora quello degli anni ’80”, denunciano dal Data Room. “E quello di Firenze va poco lontano”.
Succede così che un guasto che viene notato alle 6:30 e riparato due ore dopo abbia conseguenze, come la proverbiale farfalla cinese che sbattendo le ali fa scoppiare uragani da tutt’altra parte del mondo, sulla circolazione ferroviaria di buona parte della giornata.
TROPPI TRENI, TROPPI RITARDI
Del medesimo avviso il docente Andrea Giuricin, economista esperto di trasporti e research fellow dell’Istituto Bruno Leoni, che sia in un seminario sia in un intervento agostano al Foglio aveva messo nero su bianco la gravità dell’ostruzione nell’imbuto ferroviario ricordando che sono 164 i treni che corrono veloci tra Milano e Roma, “molti di più di quelli che troviamo in Spagna lungo la Madrid-Barcellona (90); in Francia tra Parigi e Lione (60); in Germania da Berlino e Monaco (38). E i viaggi italiani sono destinati a crescere ulteriormente nel 2026 quando la società ferroviaria francese SNCF sfiderà i nostri due attuali operatori, Trenitalia ed Ntv-Italo”.
Il docente è tornato sulla questione quest’oggi, sempre sul Foglio: “Il nodo di Roma è il principale italiano e la stazione Termini, ieri al centro dei problemi, vede ogni giorno transitare circa 1.000 treni. Di questi circa 300 sono ad alta velocità (un dato sorprendente è quello che negli ultimi cinque anni i treni regionali hanno avuto un incremento nella stazione di Termini, così come a Milano Centrale, mentre il numero di treni AV è rimasto sostanzialmente stabile)”.
“Il fatto di avere molto traffico ferroviario – prosegue – non aiuta a risolvere i problemi nei casi in cui si presenta l’emergenza e i nodi sono proprio il punto in cui il traffico è maggiore e dove si può venire a creare una congestione. Nei nodi, lo abbiamo già vissuto in passato, possono accadere problemi rilevanti: ad esempio nel 2023 nel nodo di Firenze deragliò un treno merci, provocando di fatto una suddivisione dell’Italia in due, bloccando anche i treni ad alta velocità. Tutto questo succede perché l’Italia ha un sistema misto, come la Germania, dove il traffico ferroviario non è separato per l’alta velocità rispetto alle altre tipologie di traffico”.
COME USCIRNE?
“Bisogna adeguare la rete e ridurre le esternalizzazioni”, dice Ugo Arrigo, professore di Economia politica alla Bicocca ed ex consulente sui trasporti per vari ministeri a Repubblica. “Il problema è stato molto più grave dei casi precedenti. E le cause non sembrano persuasive. […] un sistema così delicato non può essere interrotto da un chiodo. Ad esempio, la manutenzione data all’esterno è un problema perché si perdono competenze”.
“Una delle ragioni – prosegue l’economista – è il successo dell’alta velocità in rapporto all’infrastruttura esistente che attira più traffico di quello che si era stimato con il progetto. La concorrenza Italo-Frecciarossa comporta un uso altissimo di una rete che è limitata come chilometri e interconnessa con quella normale. Questo facilita i guasti”. Quindi cosa bisognerebbe fare per l’ex consulente ministeriale? “Non tagliando i treni, ma adeguando la rete con opere e manutenzioni e investendo dove c’è più domanda”. Centraline, chiodi, lavori esternalizzati insomma c’entrano fino a un certo punto. E in quest’ottica le vere responsabilità appaiono più chiare. Chissà che non arrivino pure puntuali alla porta dei responsabili.