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I fratellini d’Italia di Nazione Futura sono pro auto elettriche?

Che cosa emerge da un dossier di Nazione Futura, associazione vicina a Fratelli d'Italia presieduta da Francesco Giubilei, noto intellettuale conservatore da sempre critico su Green deal Ue e auto elettriche

L’auto elettrica? Sì, se tricolore. È questo il sunto del report fresco di pubblicazione di Nazione Futura, think tank vicinissimo a Fratelli d’Italia lanciato a Roma nel 2017 dal giovane editore Francesco Giubilei, firma di quotidiani di centrodestra e ora editorialista de Il Giornale.

Il dossier di Nazione Futura curato da Ciro Miale e Jacopo Ugolini, presentato presso la sede di Confedilizia lo scorso 17 dicembre, “analizza la necessità di sviluppare una filiera nazionale elettrica in Italia, evidenziando le opportunità economiche, ambientali e strategiche che ne deriverebbero”, si legge fin dalla presentazione.

COSA DICE IL REPORT SULL’AUTO ELETTRICA DI NAZIONE FUTURA

“In un contesto globale caratterizzato da instabilità energetica e crescente competitività – spiegano i curatori di Nazione Futura -, la creazione di una rete elettrica nazionale sostenibile si configura come una priorità fondamentale. Attraverso un approccio integrato che unisce fonti rinnovabili, innovazione tecnologica e infrastrutture moderne, il nostro Paese può ridurre la dipendenza energetica dall’estero, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e promuovere la crescita economica. Questo studio propone raccomandazioni concrete per favorire investimenti, incentivare la ricerca e promuovere una governance efficace, ponendo l’Italia all’avanguardia nella transizione energetica europea”.

L’ITALIA DEVE ADEGUARSI AL DETTATO COMUNITARIO?

Insomma, l’Italia come chiede la Ue deve fare la sua parte e soprattutto sviluppare una filiera interna al Vecchio continente così da ridurre la dipendenza dall’estero. È lo stesso report a ricordare che “il recente regolamento UE 2024/125211, entrato in vigore il 24 maggio 2024, si prefigge l’obiettivo di garantire all’UE un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche, data la loro importanza per il funzionamento del mercato interno”.

“Davanti alla transizione ecologica – sentenzia il paper di Nazione futura – l’Italia non può rimanere ferma. Il presente favorisce al settore economico, produttivo e, più in generale, lavorativo la flessibilità. Il settore automotive rientra a pieno titolo in quella triade citata sopra: automotive è economica, automotive è produzione e, quindi, lavoro. All’interno di un sistema sempre più internazionale, quindi, anche il settore automobilistico italiano deve essere caratterizzato dalla flessibilità: nella globalizzazione dei mercati in cui viviamo non si possono avere preconcetti davanti a ciò che rappresenta una grande possibilità economica, occupazionale, ambientale e innovativa, come quella dell’elettrificazione del comparto”.

E ancora: “La transizione verso l’auto elettrica è prevista generare un incremento occupazionale nel settore. Si stima che entro il 2030 si possano raggiungere quasi 300.000 occupati, con un aumento del 6% rispetto ai livelli attuali. Questo solo in Italia. Un incremento che non riguarda solo la produzione di veicoli elettrici, ma anche la creazione di infrastrutture di ricarica, che potrebbe generare oltre 4.000 posti di lavoro diretti”.

COSA SI LEGGE SU NAZIONE FUTURA

E non finisce qui perché il report arriva persino a dire che l’auto elettrica rappresenta “un chiaro ed evidente possibile aumento della ricchezza e della creazione di posti di lavoro. Non ci si può bloccare davanti a ciò per motivi ideologici: si farebbe un torto a tutti i cittadini”.

Per usare una terminologia consona alla materia, quanto riportato rappresenta una “inversione a U” in piena regola sull’auto elettrica e sulle politiche europee che di fatto impongono tale transizione, considerato che il pensatoio anticamera di FdI così come lo stesso Giubilei si sono più volte espressi sul tema in modo inequivocabile. Ancora lo scorso aprile, Nazione Futura affermava: “Bruxelles deve arrendersi, l’auto elettrica rimane un fallimento“.

“Da un lato – si legge nell’intervento su Nazione Futura – i produttori devono investire sull’elettrico per paura di multe salatissime, nel caso non rispettassero i requisiti di emissione imposti, dall’altro devono investire anche sui motori termici poiché (pensate un pò) sono quelli che le persone vogliono e comprano. Senza contare il fantasma di Bruxelles che ogni tanto bussa alla porta, promettendo lo stop ai motori termici, certo, sempre con date da definire… Ma la verità, lo sappiamo, fa male e ammettere la sconfitta ideologica sembra sia un passo che nessuno è intenzionato a compiere”. “Tutto questo – la chiosa – ci riporta alla solita domanda: perché? Perché l’Europa sta spingendo per un sistema economicamente insostenibile e che nemmeno i suoi cittadini approvano?”.

COSA PENSA GIUBILEI DELL’AUTO ELETTRICA

Sulla medesima falsariga anche un intervento di Francesco Giubilei sul sito di Nicola Porro: “Durante tutta la legislatura, sia i sovranisti, sia gli identitari, sia i conservatori, ma più che altro tutte le persone di buonsenso, hanno fatto notare l’enorme pericolo che rappresentava il green deal europeo promosso dal commissario Timmermans e dall’attuale Commissione europea, il pericolo che rappresentava per gli interessi delle nazioni europee e il pericolo che rappresentava per l’ingresso massivo nel nostro mercato massiccia dei prodotti cinesi. I cinesi non potevano che godere del green deal europeo, non solo nel settore dell’automobili elettriche, che se vogliamo è solo il caso più eclatante. Anche nel settore delle rinnovabili gli esempi possono essere molteplici”.

“Francamente – malignava Giubilei -, non mi stupirei se tra qualche anno venisse fuori -dopo il Qatargate- un China Gate, ovvero se scoprissimo che da parte di alcuni mondi europei vi siano stati degli interessi non sempre trasparenti nei confronti del governo cinese. Perché altrimenti non si spiegherebbero determinate decisioni che sono state prese in questa legislatura. Decisioni suicide per il nostro mercato, per le nostre industrie, per le nostre classi operaie, per la nostra sicurezza nazionale ed europea. Il fatto che Ursula von der Leyen a fine legislatura, dopo che per tutti questi anni ha approvato le misure che hanno generato questa situazione, dica “beh c’è un pericolo con la Cina” è francamente un qualcosa di molto ipocrita”.

 

Dalle colonne del Giornale sempre il fondatore di Nazione futura a fine settembre scriveva: “Tira una brutta aria per il Green Deal europeo e le certezze sulle magnifiche sorti dell’ambientalismo vacillano sempre di più sotto i duri colpi del mondo reale. Il grande progetto ideato nel 2019 dall’allora Commissario europeo Frans Timmermans (lo stesso che si è candidato nei Paesi Bassi ed è stato sonoramente sconfitto a testimonianza dell’impopolarità delle sue ricette green) rischia di perdere pezzi e in tutta Europa crescono le critiche e le richieste di revisione dei suoi pilastri”.

“La crisi del settore automobilistico in Europa – scrive sempre Giubilei ancora in data 20 dicembre – ha ormai raggiunto dimensioni tali che anche l’Unione europea è costretta a fare marcia indietro sulle politiche green ideologiche portate avanti negli anni passati che hanno contribuito a creare la situazione in cui ci troviamo. Così – argomenta – la Commissione europea ha annunciato che a gennaio sarà ufficialmente lanciato il dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica in Europa con l’obiettivo di proporre e attuare con rapidità le misure di cui il settore automotive ha urgente bisogno”.

Ma l’Europa a quanto pare non è la sola ad aver cambiato almeno in parte approccio all’auto elettrica dal momento che Nazione Futura, presentando il proprio report, parla apertamente della “necessità di sviluppare una filiera nazionale elettrica in Italia, evidenziando le opportunità economiche, ambientali e strategiche che ne deriverebbero”. Ma a che pro farlo se l’auto elettrica è un fallimento peraltro al pari delle politiche comunitarie che stanno imponendo la sostituzione dei motori endotermici con la nuova, famigerata, tecnologia?

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