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Energia Pul

Batterie Usa, ecco come il piano Biden sfavorisce i Paesi europei

Honda e Lg annunciano un investimento da oltre 4 miliardi per una fabbrica di batterie negli Stati Uniti. I piani dell'amministrazione Biden favoriscono il Nordamerica contro la Cina, ma rischiano di danneggiare Giappone, Corea del sud e Unione europea. Ecco perché

La casa automobilistica giapponese Honda e l’azienda sudcoreana LG Energy Solution hanno annunciato questo martedì che costruiranno una fabbrica di batterie per i veicoli elettrici in Ohio, negli Stati Uniti centro-orientali. L’investimento complessivo ammonterà a 4,4 miliardi di dollari, e il sito dovrebbe dare lavoro a 2200 persone.

Honda, inoltre, investirà da parte sua altri 700 milioni per il rifacimento di tre stabilimenti in Ohio, con l’obiettivo di dedicarli alla produzione di veicoli elettrici.

TEMPI E CAPACITÀ

La costruzione della fabbrica di batterie dovrebbe iniziare nel 2023 e terminare entro l’anno successivo; la produzione di massa delle batterie agli ioni di litio, invece, dovrebbe partire nel 2025. L’impianto avrà una capacità produttiva di 40 gigawattora all’anno.

LA DIREZIONE POLITICA

L’amministrazione del presidente Joe Biden vorrebbe che la metà di tutti i nuovi veicoli assemblati negli Stati Uniti siano elettrici o ibridi plug-in entro il 2030. Lo stato della California, il maggiore mercato automobilistico americano, ha imposto ai produttori automobilistici l’obbligo di terminare le vendite di auto a benzina entro il 2035; per quella data, la quota delle elettriche dovrà essere di almeno l’80 per cento.

Honda dice di voler arrivare a vendere solo vetture elettriche e a celle a combustibile (idrogeno) entro il 2040.

IL RUOLO DELL’INFLATION REDUCTION ACT

L’investimento di Honda e LG è stato favorito dall’Inflation Reduction Act, la legge dello scorso agosto che stanzia oltre 370 miliardi di dollari nelle tecnologie per le energie a basse emissioni e mette a disposizione dei consumatori americani un credito d’imposta fino a 7500 dollari per l’acquisto di un veicolo elettrico. A patto, però, che la vettura in questione soddisfi alcune condizioni: che i componenti della batteria siano stati prodotti o assemblati in Nordamerica (Stati Uniti, Canada, Messico); che i minerali utilizzati per produrre la batteria siano stati estratti, lavorati o riciclati negli Stati Uniti o nei paesi con i quali c’è un accordo di libero scambio (come Canada e Messico, ad esempio); che l’assemblaggio finale del veicolo sia avvenuto in Nordamerica.

La Bipartisan Infrastructure Law del 2021, inoltre, prevede 7,5 miliardi di dollari per la costruzione di una rete nazionale di infrastrutture di ricarica per le auto elettriche, con oltre 500mila stazioni sparse sul territorio degli Stati Uniti.

GLI OBIETTIVI ANTI-CINESI

Cercando di spostare la filiera dell’auto elettrica in Nordamerica, l’Inflation Reduction Act rappresenta un tentativo dell’amministrazione Biden di disincentivare gli approvvigionamenti di materiali e componenti critici dalla Cina, la rivale economica e politica degli Stati Uniti che domina, ad oggi, la supply chain delle batterie e dei metalli di base.

La legge specifica che, dopo il 2024, nessun veicolo elettrico potrà essere alimentato da una batteria contenente minerali critici (litio, grafite, nichel, cobalto) che sono stati “estratti, lavorati o riciclati da un’entità straniera che desta preoccupazione” perché pericolosa per la sicurezza nazionale americana.

Se è vero che l’Inflation Reduction Act potrebbe rafforzare la manifattura statunitense e nordamericana di veicoli elettrici – che conosceranno una larga diffusione nel mondo, visto il distacco dai combustibili fossili -, d’altra parte potrebbe renderla non competitiva per via del costo più alto del lavoro (e quindi del prodotto finito) rispetto alla Cina e all’Asia.

I DANNI COLLATERALI SU COREA, GIAPPONE E UE

L’Inflation Reduction Act va contro gli interessi della Cina, che infatti ha parlato di discriminazione. Ma la legge potrebbe infliggere un danno collaterale anche agli alleati statunitensi in Asia (come il Giappone e la Corea del sud) e in Europa (come la Germania).

Per via del focus sul Nordamerica e dunque della marginalizzazione di case come Hyundai e Kia, il governo di Seul vede l’Inflation Reduction Act come un tradimento. Anche i produttori automobilistici giapponesi o tedeschi che non possiedono stabilimenti negli Stati Uniti non potranno accedere ai crediti d’imposta, e i loro veicoli potrebbero così non riuscire a sostenere la concorrenza di quelli “incentivati”.

La Commissione europea teme che la legge possa spingere le aziende europee a spostare la produzione negli Stati Uniti e a ridurre la loro presenza industriale nell’Unione.

Questo processo di trasferimento sembra essere già in atto: Volkswagen e Mercedes-Benz hanno annunciato piani per costruire o approvvigionarsi di componenti negli Stati Uniti o in Canada; Hyundai sta investendo 10 miliardi negli Stati Uniti (di cui 5,5 per una fabbrica di batterie in Georgia); Toyota inizierà a produrre batterie negli Stati Uniti tra il 2024 e il 2026; Tesla potrebbe rinunciare ad aprire una gigafactory in Germania per concentrarsi sull’America.

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