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Amburgo

Tutti i malumori in Germania per l’accordo tra la cinese Cosco e il porto di Amburgo

Come la stampa, la politica e l'opinione pubblica in Germania hanno reagito all’accordo per la concessione di una quota di un terminal del porto di Amburgo al colosso statale cinese della logistica Cosco. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

 

È arrivato da Kiev l’ultimo richiamo alla spregiudicata politica commerciale tedesca verso paesi autoritari. A lanciarlo non è stato però Volodymyr Zelenski ma lo stesso presidente della Bundesrepublik Frank-Walter Steinmeier, uno degli artefici della Ostpolitik 2.0 che ha segnato l’appeasement energetico verso la Russia dell’era Merkel. E non è Mosca, questa volta, al centro del monito di Steinmeier ma la Cina e, piuttosto platealmente, l’accordo per la concessione di una quota di uno dei tre terminal del porto di Amburgo al colosso statale cinese della logistica Cosco.

Dalla capitale ucraina dove si è recato per riscattare anni di incomprensioni e diffidenze, Steinmeier ha preso spunto dalla lezione russa per ricordare che “non esiste alcuna garanzia che l’intensificazione dei rapporti economici porti con sé anche riavvicinamenti politici” e che proprio l’esperienza con Putin ha distrutto il mantra della politica estera tedesca del “cambiamento attraverso il commercio”. Parlava di Mosca perché a Berlino si intendesse Pechino.

Ma a Berlino Olaf Scholz, dopo tanto silenzio esplicitatosi come il grande sponsor dell’accordo anseatico con Cosco, tira dritto per la sua strada che conduce a stringere il patto portuale con la Cina prima della sua visita ufficiale a Pechino. Una visita in formato lampo, giacché durerà solo una giornata e non prevede alcun pernottamento nella capitale cinese, e tuttavia arricchita dalla consueta presenza di molti manager dell’industria tedesca, anche se – come rivela l’Handelsblatt – le tappe forzate del viaggio non stanno troppo invogliando gli imprenditori a far parte della spedizione.

Di fronte alle resistenze di verdi e liberali, il cancelliere ha deciso di compiere la sua seconda fuga in avanti, dopo quella sul nucleare, e di imporre una soluzione di compromesso che dia il via libera all’operazione salvando la faccia(ta). L’accordo stipulato fra la compagnia portuale di Amburgo – Hamburger Hafen und Logistik (HHLA) – e Cosco prevedeva l’acquisizione del 35% di uno dei tre terminal del porto anseatico da parte del colosso cinese, il Tollerort Container Terminal.

La soluzione che Scholz ha tirato fuori dal cilindro permetterà ai cinesi di acquisire una quota del 24,9%. In questo modo, sostengono gli sherpa del cancelliere, il gruppo cinese, di proprietà statale, non avrà una minoranza di blocco in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni della società che gestisce il terminal portuale. Il governo dovrà dire la sua entro questa settimana, forse già oggi in occasione del consiglio di gabinetto, dal momento che il 31 ottobre scade il termine fissato per vietare l’accordo.

Le polemiche politiche non si sono però spente e la partita all’interno della maggioranza resta ancora aperta. Verdi e liberali non paiono al momento convinti dell’escamotage del cancelliere (che è stato 7 anni sindaco di Amburgo). Il presidente dei Grünen, Omid Nouripour ha ribadito la sua opposizione evidenziando il “pericolo per le infrastrutture critiche in Germania”. Dopo l’esperienza russa non deve più accadere di rendersi dipendenti in maniera fatale da Stati autocratici, ha proseguito l’esponente ecologista, tanto più che anche con un acquisto ridotto “Cosco otterrebbe fin troppo controllo e potrebbe in qualsiasi momento decidere di interdire l’attracco alle banchine del porto di Amburgo di navi container taiwanesi”.

Secondo indiscrezioni giornalistiche, i sei ministeri coinvolti nella valutazione delle condizioni dell’accordo, hanno espresso parere negativo. E il titolare della Giustizia, il liberale Marco Buschmann, ha ribadito esplicitamente la contrarietà sua e del suo partito alla vigilia del consiglio ministeriale.

Ma Scholz non deve andare controvento solo dentro la sua stessa maggioranza. Enormi critiche arrivano anche da gran parte della stampa tedesca, di ogni orientamento editoriale. Dalla progressiva Süddeutsche Zeitung alle testate conservatrici come Die Welt e Frankfurter Allgemeine Zeitung, passando per il quotidiano economico Handelsblatt la considerazione è unanime: un passo azzardato che disconosce quel che il cancelliere diceva di aver imparato dalla vicenda russa. Nel suo editoriale la Frankfurter scrive: “La politica tedesca degli ultimi decenni sembra quasi ignorare questo aspetto: la Germania non ha una strategia per le materie prime, la sicurezza energetica è stata a lungo un tema sottovalutato e ci sono state anche illusioni sulla Cina. C’è molto lavoro da fare per rendere il Paese adatto al futuro”.

Quanto all’opinione pubblica, un sondaggio della Zdf rivela che il tempo dell’ingenuità nei confronti dei regimi autoritari sembra finito e che le esperienze vissute la dipendenza cinese sui prodotti sanitari durante la pandemia e con la dipendenza russa sui rifornimenti energetici hanno lasciato il segno. E infatti l’84% degli interpellati al sondaggio ritiene necessario ridurre la dipendenza tedesca da Pechino e solo il 13% lo considera un tema di scarsa rilevanza.

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