skip to Main Content

Amburgo

Perché le mire della cinese Cosco sul porto di Amburgo agitano la Germania

Cosa succederà all'accordo tra il porto di Amburgo e la società cinese di trasporto marittimo Cosco? Prima parte di un approfondimento di Pierluigi Mennitti sulle relazioni Germania-Cina.

Se e quanto il governo tedesco rivedrà davvero la sua politica commerciale verso la Cina si vedrà da come andrà a finire la vicenda che coinvolge un terminale del porto di Amburgo. Lì, su uno dei moli della città anseatica sarebbe dovuto sbarcare il colosso della logistica cinese Cosco. Si tratta di due realtà pubbliche: il terminal è di proprietà della città di Amburgo, Cosco della Repubblica popolare cinese.

Fino a poco tempo fa l’accordo raggiunto fra la compagnia portuale di Amburgo Hamburger Hafen und Logistik AG (HHLA) e il gruppo Cosco non sarebbe stato messo in discussione. L’intesa prevede che Cosco Shipping Ports Limited (CSPL) rilevi il 35% del Tollerort Container Terminal (CTT) di HLLA. Ma lo shock subito per la rottura dei rapporti energetici con Mosca sta determinando un ripensamento dei rischi di politiche commerciali orientate verso Stati totalitari. E se l’Spd e il suo cancelliere Olaf Scholz sembrano ancora favorevoli (Scholz è stato per 7 anni sindaco di Amburgo), il ministro dell’Economia Robert Habeck pensa di mettere il bastone di traverso all’accordo sino-anseatico. La questione non è irrilevante anche per l’Italia, vista la presenza di HHLA nel porto di Trieste.

HABECK: QUESTO ACCORDO NON S’HA DA FARE

Le posizioni in Germania si sono irrigidite: Amburgo da un lato, Berlino (intesa come sede del governo federale) dall’altro. Il porto di Amburgo, il più grande della Germania e il terzo in Europa, è una parte importante dell’infrastruttura tedesca. Il terminal CTT ambito da Cosco è il più piccolo dei vari terminal container di HHLA. Dispone di quattro ormeggi e 14 gru a portale per container. Ma tramite Cosco, seconda compagnia di navigazione al mondo per navi portacontainer dopo la danese Maersk, la Cina ha già un’influenza sul 10% della capacità portuale in Europa. Cosco è anche un gruppo logistico che è già diventato azionista di 13 porti europei.

L’accordo tra le parti deve essere approvato dal governo tedesco, nel quale i Verdi, dopo la catastrofe russa, si vedono confermati nelle loro strategie di lungo periodo di sganciamento da rapporti troppo stretti (se non addirittura di dipendenza) con Stati dittatoriali. E i Grünen occupano due dicasteri chiave per i dossier del commercio internazionale: Economia ed Esteri. Habeck ha avanzato dubbi su Cosco, paventando un rischio ingiustificato per le infrastrutture critiche: “In realtà, nel complesso, credo che dovremmo essere più critici nei confronti degli investimenti cinesi in Europa. Sono propenso a non permetterlo”, ha detto testualmente in una recente intervista all’agenzia Reuters.

IL MONDO IMPRENDITORIALE TIRA DRITTO

Da Amburgo si gioca adesso di rimessa. La compagnia portuale fa sapere, attraverso un comunicato asettico, di essere impegnata “in un intenso scambio con le autorità competenti di Berlino”. Axel Mattern, membro del consiglio di amministrazione di Hafen Hamburg Marketing, sostiene che “un ingresso della Cina nella società operativa sarebbe un enorme guadagno per il porto e non una minaccia, soprattutto perché Cosco sarà presto la più grande compagnia di navigazione del mondo”. Insomma, un’occasione da non perdere. A suo avviso “rifiutare i cinesi sarebbe un disastro non solo per il porto ma anche per la Germania”.

Mattern sminuisce la portata dell’accordo e ritiene che l’approvazione sia in qualche modo obbligata: “Si tratta solo di una quota di minoranza nella società operativa del terminal di Tollerort, che Cosco già utilizza in modo significativo”

È la posizione sostenuta anche dagli industriali, assolutamente favorevoli al progetto: “Se non sono comprensibili chiari criteri di sicurezza, il divieto di investimenti da parte della Cina, un partner commerciale così importante per la nostra economia, avrà un impatto negativo sull’attrattiva degli investimenti delle nostre località”, ha dichiarato sempre alla Reuters il dirigente dell’Unione delle Camere di commercio e industria tedesche (DIHK) Volker Treier.

GLI ECONOMISTI DI KIEL SUGGERISCONO IN SÌ CONDIZIONATO

L’Istituto di Kiel per l’economia mondiale (IfW) è complessivamente scettico, ma prova ad avanzare qualche consiglio per uscire dall’angolo. “Il ministero dell’Economia dovrebbe approvare la partecipazione di Cosco, ma solo a condizioni verificabili che consentano un controllo permanente della condotta commerciale del gruppo cinese”, suggerisce Rolf Langhammer, esperto commerciale dell’istituto che ha sede a 100 chilometri da Amburgo. Langhammer indica come condizioni soprattutto la garanzia che il Senato della città anseatica (cioè il suo governo) “abbia una visione dell’infrastruttura digitale utilizzata da Cosco per elaborare gli scambi commerciali e possa influenzarla”. Questa infrastruttura deve essere mantenuta aperta anche ai concorrenti.

“Lo stesso deve valere per il comportamento di Cosco in materia di prezzi, che non deve portare all’espulsione dei concorrenti dal mercato grazie al sostegno dello Stato cinese”, ha aggiunto l’economista: il Senato di Amburgo deve assicurarsi il diritto di revocare la partecipazione in caso di violazione delle condizioni.

Cosco è sotto l’influenza diretta del governo cinese, ma i suoi obiettivi strategici sono sconosciuti, sostengono a Kiel. La promessa di Cosco di aumentare i carichi su Amburgo in cambio della partecipazione azionaria alimenta il sospetto di un comportamento non solo orientato agli obiettivi commerciali e “le aziende orientate all’economia di mercato non possono promettere una cosa del genere”.

Langhammer sottolinea che “Cosco è sinonimo sia della cosiddetta Via della Seta marittima che di quella digitale e quindi dell’influenza della Cina sul controllo delle rotte geografiche del commercio marittimo e della sua gestione digitale”. Il rischio è una crescente dipendenza dalla Cina, sia dal punto di vista tecnologico che economico.

TUTTE LE STRADE PORTANO AD AMBURGO

Le pressioni sul governo di Berlino, o almeno sulla sua componente ecologista, arrivano anche dall’intero mondo politico della città anseatica. Amburgo ha una tradizione di autonomia e libertà che affonda le radici nell’epopea della lega Anseatica, quando tutte le strade (marine) conducevano al suo porto.

L’attuale sindaco Peter Tschentscher, che come Scholz è socialdemocratico, si è espresso a favore dell’accordo con la Cina. Il suo voto è importante per HHLA perché il 69% delle azioni appartiene alla città di Amburgo. “Non ci sono linee guida politiche in merito, ma ciò che è sensato dal punto di vista imprenditoriale deve anche essere possibile e realizzato nella pratica” aveva dichiarato Tschentscher a luglio. La compattezza del mondo politico anseatico dietro l’accordo è dimostrata dall’assenza di posizioni contrarie espresse dai ranghi dei Grünen amburghesi, in maggioranza nell’amministrazione della città-Stato. Esattamente il contrario di quel che avviene nel quartier generale dei Verdi a Berlino.

(Continua; la seconda parte sarà pubblicata domenica 23 ottobre)

Back To Top