Si è svolta ieri, 25 maggio, presso il cantiere navale Fincantieri di Castellammare di Stabia, la cerimonia del varo della nuova unità multiruolo LHD (Landing Helicopters Dock) Trieste.
La nuova unità rappresenta la più grande costruzione navale per la Marina Militare dal dopoguerra ad oggi.
Si tratta di una nave che ha dimensioni imponenti, con lunghezza fuori tutto di circa 242,5 metri e ponte di volo lungo circa 230 metri, con larghezza di 36 metri, pescaggio di 7,2 metri, con dislocamento tra le 33.000 e le 36.000 tonnellate a pieno carico.
L’apparato motore in configurazione CODLOG (Combined Diesel Or Gas) è costituito da due turbine a gas Rolls Royce MT30 da 32MW (44.000 cv) ciascuna, da due motori diesel MAN 20V32/44CR da 11MW ciascuno e da due propulsori elettrici da 5,2MW ciascuno.
Nave Trieste può raggiungere una velocità superiore ai 25 nodi con autonomia prevista di 7.000 miglia marine a 16 nodi. L’equipaggio è formato da 460 uomini compreso il personale per le operazioni di volo e da 604 uomini del comando complesso e della forza da sbarco.
L’unità ha una capacità anfibia costituita da quattro Landing Craft Mechanized LCM 23, costruiti dal Cantiere Navale Vittoria, che possono trasportare dal bacino interno alla nave sino alla battigia mezzi terrestri del peso sino a 65 tonnellate. Completano le dotazioni nautiche 2 Fast Assault Craft Baglietto Navy FFC15 nonché quattro RHIB da 7,1 e 9,3 metri.
Cospicua è la capacità aeromobile esprimibile, con l’hangar capace di contenere sino a 14 velivoli in diverse combinazioni, con nove spot di decollo per elicotteri sul ponte di volo. Inoltre, ad esplicita domanda posta dagli inviati di Rid (Rivista Italiana Difesa), il CSMM Girardelli ha risposto che la nave è predisposta per l’imbarco dello ski jump, il “trampolino”, ideato in Gran Bretagna tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni settanta dello scorso secolo, per permettere ai vecchi Harrier I ed ai più recenti Harrier II di decollare a pieno carico di armamento e carburante.
Le prime applicazioni pratiche si sono avute sulla vecchia portaeromobili Hermes e sulle allora nuove Illustrious, seguite dal nostro Giuseppe Garibaldi e dallo spagnolo Principe de Asturias. Da notare che tutte queste unità, con l’eccezione del Giuseppe Garibaldi sono state radiate.
Da notare che l’USMC, già operatore degli Harrier I e II ed oggi degli F-35B, e l’USN che gestisce le navi da assalto anfibio LHD e le LHA, queste ultime prettamente per assalti anfibi totalmente a mezzo di aeromobili, non ha hanno mai impiegato lo ski jump perché le navi statunitensi hanno un ponte di volo piuttosto lungo che consente agli apparecchi di decollare a pieno carico.
La possibilità di installare lo ski jump è visivamente confermata dallo spazio lasciato vuoto verso la prua, destinato ad ospitare il trampolino, il che fa presumere che, una volta applicato, gli spot di decollo/appontaggio si ridurranno ad otto dagli attuali nove.
Questa “novità aeronautica” peraltro circolante negli ambienti da tempo (erano da tempo “girati” dei rendering), ha scatenato le polemiche da parte della stampa generalista che si è affrettata a parlare di Trieste snaturata dal suo ruolo di “nave dual use” per diventare una “super portaerei”.
È doveroso chiarire che questa nave, pur con l’installazione dello ski jump, non potrà mai essere assimilata ad una vera portaerei perché di questa non ha né le dimensioni, né le dotazioni di volo, oltre che la sostenibilità, tipica delle portaerei, per lunghi periodi delle operazioni di volo dei reparti aerei imbarcati.
Peraltro, per permettere la piena operatività della dotazione aeronautica prevista, sarà necessario implementare l’ALIS, o Autonomic Logistics Information System che gestisce l’operatività e manutenzione degli F-35B di prevedibile imbarco.
Lo ski jump, come la possibilità di imbarcare la futua versione antimissile dell’Aster 30, riflette la volontà e la necessità della Marina di dover gestire un ridotto numero di unità che devono avere le maggiori caratteristiche di flessibilità per poter essere impiegate in tutti gli scenari possibili, dal concorso alle operazioni di protezione civile, grazie all’ospedale completamente attrezzato di standard NATO Role 2E ed alle ampie capacità di carico nel garage, a scenari di guerra complessi con la presenza di pesante minaccia missilistica.
Quello che sfugge alla stampa generalista è l’importanza della suite elettronica imbarcata da questa unità che la rende in grado di sorvegliare e tracciare in modo multifunzione sino a 1.500 – 2.000 km di distanza bersagli come missili balistici e cruise in arrivo, potendo così attivare le difese antimissile della Squadra Navale e della Difesa Nazionale, grazie ad un sensore Kronos Power Shield AESA in banda L di Leonardo accoppiato con un altro sistema Kronos bi banda C ed X AESA sempre di Leonardo, il tutto posto a servizio dell’avanzatissimo CMS SADOC 4 (Sistema Automatico Direzione Operazioni Combattimento) di manifattura italiana (Leonardo) dove confluiscono anche i dati del potente sistema di guerra elettronica installato EWS “Zeus“.
Questo è il vero valore aggiunto della nave, unitamente, al poter imbarcare uomini e mezzi della forza da sbarco ed alla possibilità di dosare la composizione del gruppo aeromobili imbarcato in rapporto alla missione da compiere, oltre in futuro la possibilità di installare anche i missili antimissile Aster 30 block 1 NT.
In definitiva, insieme a Nave Cavour oggi ai lavori per renderla idonea all’impiego degli F-35B, Nave Trieste rappresenterà la Capital Ship della Marina Militare, permettendo alla Forza Armata, di poter rispondere alle sempre più mutevoli esigenze operative graduando i dispositivi aeronavali alle minacce presenti.
(estratto da Ares Difesa; qui la versione integrale dell’articolo)
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