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Europa Cina

Su auto elettriche e batterie l’Europa farà la cinese con la Cina?

Per decadi la Cina ha imposto alle imprese estere di mettersi in jointventure con omologhe locali affinché fossero parti attive nel processo di realizzazione industriale: adesso l'Europa starebbe per chiedere qualcosa di molto simile alle arrembanti realtà di Pechino e dintorni pronte a invadere il Vecchio continente con auto elettriche e batterie

Il Financial Times ha recentemente scritto che Bruxelles intende proporre un do ut des alle aziende cinesi che intendono aggredire il mercato europeo dell’auto: avranno accesso ai sussidi comunitari solo se in cambio si impegneranno a trasferire brevetti e proprietà intellettuali alle imprese di casa nostra. L’Europa sembra insomma voler fare la cinese con la Cina.

INCENTIVI IN CAMBIO DI KNOW-HOW

Sì, perché ben prima che l’Inflation Reduction Act di Joe Biden restringesse le maglie dei sussidi statali fino a 7.500 dollari di crediti d’imposta alle sole aziende estere che producono auto elettriche avendo impiantato sul suolo statunitense la propria filiera di valore (aiuti che ora Trump pare voglia cancellare fin dal suo primo giorno alla Casa Bianca), Pechino nelle decadi precedenti aveva imposto ai marchi esteri – per lo più tedeschi – attratti dall’irrisorio costo della manodopera regole molto stringenti.

LA CINA HA FATTO SCUOLA

Di fatto, la Cina apriva i propri cancelli solo alle aziende estere che avrebbero trasferito il proprio know-how industriale ai locali. Fino a pochi anni fa vigeva una legge che costringeva gli imprenditori americani, europei e nipponici a stipulare joint venture con omologhe autoctone proprio al fine di renderle parte attiva nella produzione.

IL SOVRANISMO AMERICANO CI LASCIA ESPOSTI

L’America di Joe Biden si era già blindata commercialmente sfavorendo non solo le industrie cinesi ma anche quelle europee e con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca l’impressione generale è che la situazione per gli imprenditori del Vecchio continente possa solo peggiorare (anche sulla base di ciò che il tycoon ha dichiarato in campagna elettorale). Per questo l’Europa, commercialmente, rischia di ridursi a una Unione dei consumatori, stretta tra Usa e Cina ma impossibilitata a esportare i propri prodotti.

L’UE RIDOTTA A UNA UNIONE DEI CONSUMATORI?

È dunque in cima all’agenda della nuova Commissione attuare politiche commerciali che ne tutelino il peso industriale almeno all’interno dello stesso mercato europeo che, è noto, per ciò che concerne l’automotive sarà presto insidiato dalle aziende cinesi.

Per questo il Ft sostiene che per pescare dal bando da un miliardo di euro per lo sviluppo e la produzione di batterie nel Vecchio continente previsto per la fine dell’anno le aziende extracomunitarie dovranno anzitutto prevedere di stabilire i propri hub in uno dei 27 Paesi membri e accettare di buon grado l’ipotesi di trasferire alle maestranze locali la propria esperienza in materia.

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