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Auto Elettrica

Londra è pronta alla diffusione dell’auto elettrica?

La diffusione dell’auto elettrica diventa una sfida anche per l’industria dell’energia rinnovabile, che è alla ricerca di stabilità     Dire addio alle auto a benzina e diesel, entro il 2040. Lo ha annunciato la Francia, l’Italia e anche la Gran Bretagna: l’obiettivo è ambizioso ed è a tutto vantaggio dell’ambiente (almeno si spera), ma…

La diffusione dell’auto elettrica diventa una sfida anche per l’industria dell’energia rinnovabile, che è alla ricerca di stabilità

 

 

Dire addio alle auto a benzina e diesel, entro il 2040. Lo ha annunciato la Francia, l’Italia e anche la Gran Bretagna: l’obiettivo è ambizioso ed è a tutto vantaggio dell’ambiente (almeno si spera), ma non è certo facile da raggiungere.

L’introduzione massiccia dell’auto elettrica, è questa la soluzione all’addio dei combustibili tradizionali, comporta una rivoluzione anche per il settore infrastrutture e per quello energetico. Più auto a batteria, infatti, significherà un aumento certo della domanda di energia, ma anche la necessità di avere una rete capillare di punti di ricarica. E Londra (come l’Italia) non è forse pronta a tutto questo: serve accelerare sui progetti se si vuol mantenere fede alle promesse fatte. Ma andiamo per gradi.

Il piano inglese

auto elettricaIn base ai piani della Gran Bretagna, a partire dal 2040 saranno vietate su tutto il territorio nazionale le vendite delle auto a benzina e diesel, mentre dal 2050 sarà vietata la circolazione.

La misura è prevista in un piano del governo britannico da 3 miliardi e mezzo di euro, volto a migliorare la qualità dell’aria e combattere i cambiamenti climatici.

Le nuove misure potrebbero cambiare il volto di Londra e delle altre città inglesi più congestionate. Nel piano è prevista l’introduzione di nuove piste ciclabili, di nuove aree sottoposte a restrizioni del traffico, la risistemazione di dossi e semafori per favorire lo scorrimento delle auto, e la variazioni ai percorsi stradali principali.

2040: una data troppo vicina?

L’annuncio dell’addio a diesel e benzina, se da un lato fa gioire gli ambientalisti, dall’altro pone delle domande. E scatena delle critiche. Anche tra gli imprenditori dell’industria dell’energia rinnovabile, lo scetticismo è diffuso.

Justin Broadbent, fondatore dell’azienda di energia rinnovabile Isoenergy, vede grandi ostacoli all’introduzione massiccia di veicoli elettrici, dalla mancanza di infrastrutture di ricarica a una carenza di potenza. Il 2040, sostiene Justin Broadbent, è troppo vicino e quelle del governo sembrano essere “dichiarazioni tipiche” che puntano a dare date che poi saranno dimenticate.

Ma c’è anche chi è più entusiasta della notizia. Parliamo, per esempio, di Nina Skorupska, direttore generale dell’Associazione per l’energia rinnovabile (REA): “Dobbiamo avere questo obiettivo perché grazie a questo obiettivo chiaro potremmo programmare e i mercati si sposteranno”. La Skorupska è convinta che saranno le piccole e medie imprese di energia rinnovabile ad aiutare la Gran Bretagna in questa importante sfida e a fornire l’energia necessaria per i veicoli elettrici.

Justin Broadbent, in realtà, è felice delle dichiarazioni fatte, ma vorrebbe spingere il Governo a far seguire i fatti, in modo che le aziende possano programmare (con certezza) i loro investimenti. “Non esiste una politica adeguata a lungo termine che dice che le aziende come noi possono permettersi di fare un investimento a dieci anni”, sostiene Broadbent.

Il Governo investe sempre meno nell’energia pulita

Lo scetticismo di Broadbent, in realtà, è giustificato proprio dalle decisioni Governative. Come scrive The Times, negli ultimi due anni i cambiamenti significativi nella politica delle energie rinnovabili hanno sconvolto l’industria di settore. Nel dicembre 2015 il governo ha eliminato le agevolazioni fiscali (al 65%) destinate alle famiglie che installano pannelli solari sul tetto del 65 per cento e ha chiuso il principale schema di sovvenzione per progetti di grandi energie rinnovabili.

rinnovabili“Tutto questo ha davvero rallentato le cose. E le conseguenze le possiamo vedere anche in termini di posti di lavoro”, ha affermato Justin Broadbent. Secondo una ricerca dell’Associazione per l’energia rinnovabile, lo scorso anno il settore ha impiegato 126.000 addetti. SI tratta di un record vero, ma la crescita è rallentata al 2,5%, contro il 9 per cento dell’anno precedente.

Fotovoltaico ed eolico hanno subito l’arresto più brusco. “Il mercato del solare e dei parchi eolico è temporaneamente paralizzato, perchè è difficile generare energia senza alcun sostegno dello Stato, non ci sarebbe nessun ritorno economico”, ha spiegato John Macdonald-Brown, amministratore delegato di Syzygy Renewables. “Siamo cresciuti rapidamente, come tante altre aziende. Ma proprio a causa dei sostegni tagliati tanti sono gli imprenditori che hanno fallito”.

“Si può dire che solo le buone aziende sono rimaste in piedi”, evidenzia Christopher Jackson, direttore di Flexisolar, azienda che combina la produzione, il magazzinaggio e la ricarica di veicoli elettrici ad energia rinnovabile per aeroporti e parcheggi.

Un mercato che si deve adeguare

Se si vuole far sul serio, allora, il mercato delle rinnovabili deve adeguarsi al nuovo regime, ma anche ai nuovi obiettivi. “I modelli finanziari devono essere ridisegnati; la fiducia degli investitori deve essere ricostruita. Dal lato della clientela, bisogna regolare l’aspettativa sul ritorno degli investimenti”. Se è vero che il taglio degli incentivi ha provocato una brusca frenata, è vero anche che tutto questo può rappresentare una scossa perchè il mercato stia in piedi da solo.

auto elettriche“La visione generale dell’industria è che, anche se non gli imprenditori non stanno registrando un profitto alto come tre o quattro anni fa, c’è molto più sicurezza sul mercato”. La mancanza di sovvenzioni costringe a nuove strategie. “Preferiamo i mercati che sono guidati dal nuovo sviluppo tecnologico, dalla maturazione della tecnologia, da una buona comprensione del rischio, dall’alta qualità e dalle decisioni di investimento a lungo termine da 10 a 15 anni, non di opportunità a breve termine e sovvenzionate”, ha detto Christopher Jackson.

Auto elettrica: la sfida vera è l’infrastruttura

E allora se sul fronte energia la sfida può essere sostenibile. Quello che sarà difficile è creare una rete capillare di punti di ricarica: una delle maggiori preoccupazioni per chi possiede una vettura a batteria è dove poter ricaricare.

Attualmente i proprietari ricaricano a casa, ma c’è chi si sta muovendo anche per rendere facili anche gli spostamenti. Engenie, per esempio, offre ai conducenti di veicoli elettrici punti di ricarica rapida, in cui possono caricare la propria auto in 30 minuti per 80 miglia.

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