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droni navali

Ecco come la Marina Usa accelera sui droni navali di superficie

Per la Us Navy una novità importante riguardo la sua flotta di superficie potrebbe essere rappresentata dagli Unmanned Surface Vehicle (USV o, per l’appunto, “droni” navali).

Senza troppi giri di parole, la situazione attuale della US Navy, soprattutto con riferimento alla sua flotta di superficie non è delle migliori. Alcuni recenti programmi si sono rivelati pressoché fallimentari (i cacciatorpediniere della classe Zumwalt e le Littoral Combat Ships), altri procedono con difficoltà (le nuove portaerei della classe Ford), la componente anfibia soffre per la mancanza di una linea precisa (e qui spiccano i problemi sulle future Landing Ship Medium) e, infine, programmi futuri importanti sembrano già vicini al naufragio prima ancora di nascere (come per le fregate classe Constellation).

Tutto questo determina una situazione in cui, nonostante i vari piani elaborati negli ultimi anni per aumentare la consistenza della flotta, quest’ultima in realtà continua a rimanere numericamente stazionaria; anzi, con più di un segnale preoccupante per il futuro, a fronte del ritiro delle navi più vecchie che non vengono sostituite in quantità adeguata. Il tutto in un contesto in cui il più grande “competitor” di Washington, e cioè la Cina, al contrario sta immettendo in servizio sempre più navi e sempre più moderne.

I DRONI NAVALI

In attesa di capire se la US Navy stessa riuscirà a uscire da questa sorta di circolo vizioso (alimentato anche da finanziamenti non adeguati e da un’industria cantieristica non sempre all’altezza della situazione), un possibile “tampone” a tale situazione potrebbe arrivare dalla novità rappresentata dagli Unmanned Surface Vehicle (USV o, per l’appunto, “droni” navali). Questi ultimi, lungi dal poter sostituire le piattaforme tradizionali, se però immessi in servizio in gran numero potrebbero pur sempre aiutare rispetto a questa carenza di navi da combattimento.

In questo senso, è da dire che la US Navy sta seguendo da tempo tale strada, tanto da aver tracciato fin dal 2020 una rotta che in origine prevedeva il futuro ingresso in servizio di 2 diverse classi di unità. La prima identificata come MUSV (Medium USV), con una lunghezza prevista di circa 60 metri e un dislocamento di circa 500 tonnellate; la seconda come LUSV (Large USV), con una lunghezza ipotizzata di oltre 90 metri e un dislocamento fino anche a 2.000 tonnellate.

Più nel dettaglio, la MUSV doveva servire per assolvere a una serie di missioni non di combattimento vero e proprio ma piuttosto di “Intelligence, Surveillance, Reconnaissance, and Targeting” (ISR-&T); ovvero raccolta e distribuzione di informazioni. Al contrario, le missioni della LUSV dovevano essere più propriamente “combat”; con la capacità di imbarcare dei carichi modulari composti a loro volta da sistemi lancio verticali per missili di vario tipo. Di fatto, un modo per ampliare la dotazione di armi delle varie formazioni navali Americane.

Tutto questo in teoria, perché in realtà nell’aprile scorso la stessa US Navy ha indicato la volontà di cambiare la propria direzione. I 2 programmi sono cioè ora destinati a fondersi insieme, segnando di fatto la scomparsa del programma LUSV che quindi confluirà in quello MUSV.

UNA NUOVA ROTTA

La ragione di questo cambiamento è semplice, la Marina Americana ha valutato che quello delle LUSV si stava trasformando in un progetto troppo complesso, tale da farne aumentare i costi e da rendere complicato la sua costruzione in grandi numeri. Al contrario, ora si punta sul solo MUSV che a questo punto amplierà però la portata delle missioni previste; diventando così una piattaforma multi-missione.

Per ora, la US Navy stessa ha fornito poco dettagli su come intendere muoversi in concreto; ciò che sappiamo fino a oggi però è già interessante. Il futuro MUSV dovrà essere infatti costruito secondo standard commerciali (e non una piattaforma appositamente sviluppata), dovrà mantenere una velocità di 25 nodi per seguire i gruppi navali in cui potrà essere inserito, operare comunque in maniera per l’appunto autonoma e infine dovrà disporre degli spazi e delle necessarie attrezzature per poter imbarcare diversi carichi modulari ospitati in un paio di container standard da 40 piedi.

Qui emergono dunque 2 tratti fondamentali, da una parte la ricerca di una piattaforma economica che possa dunque essere replicata in grandi numeri; anche facendo conto sulla disponibilità di più cantieri minori. E dall’altra, il concetto di modularità /flessibilità molto spinta; nelle intenzioni della US Navy infatti, questi carichi ospitati nei container potranno essere dedicati a missioni ISR-&T, a quelle “combat” (nell’immediato, attraverso l’utilizzo di sistemi di lancio verticali per differenti tipi di missili, nonché in futuro con l’imbarco nuove di armi; anche a energia diretta) e, in prospettiva, a missioni di guerra elettronica.

La diretta derivazione da unità commerciali, così come avviene già oggi nel programma sperimentale Ghost Fleet Overlord che sta vedendo impiegate proprio una serie di piattaforme derivate da “normali” Offshore Support Vessel, e l’utilizzo di (all’apparenza) innocui container farà poi sì che i futuri MUSV saranno relativamente più difficili da individuare per la loro capacità di “mimetizzarsi” in mezzo al normale traffico mercantile/commerciale. Una caratteristica utile per aumentarne la sopravvivenza e la letalità stessa.

Tema quello dei container che ci riporta ai sistemi di lancio verticali che saranno (con ogni probabilità) scelti per i MUSV e cioè il MK 70 Mod 1 Payload Delivery System; già visti sulle unità della flotta sperimentale appena citata, essi consistono in un normale container da 40 piedi al cui interno si trovano 4 tubi di lancio che, una volta eretti in posizione verticale, possono lanciare missili di vario tipo (da quelli antiaerei della famiglia Standard, fino al missile cruise Tomahawk). In tutto quindi, questi futuri “droni” della Marina America potendo ospitare 2 container avranno fino a 8 celle di lancio; per qualcuno sembreranno poche ma se si pensa che questi stessi MUSV potrebbero essere costruiti in grandi numeri, il quadro cambia.

Nel frattempo, la stessa US Navy si appresta a incontrare le aziende e i cantieri potenzialmente interessati al programma, in modo da riceve le loro proposte e definire più nel dettaglio il progetto. Forte in questo senso anche del recente stanziamento aggiuntivo che potrebbe raggiungere i 2,1 miliardi di dollari, contenuto in una proposta di legge prossima a essere approvata dal Congresso USA.

L’USX-1 DEFIANT

Ma gli sforzi in questo settore negli Stati Uniti non si esauriscono ai programmi della US Navy. Anche la DARPA (o Defense Advanced Research Projects Agency, la nota agenzia del Dipartimento della Difesa USA) sta lavorando a un proprio progetto denominato NOMARS, ovvero “No Manning Required Ships”. Quindi, come dice il nome stesso, di nuovo piattaforme prive di equipaggio; ovvero autonome.

Di questo progetto si sa poco, se non che ha dato origine a una piattaforma chiamata USX-1 Defiant che è stata varata (in segreto) nei primi mesi di quest’anno e che secondo le prime ipotesi dovrebbe presentare una lunghezza di circa 55 metri e un dislocamento di 240 tonnellate; quindi, assimilabile al MUSV.

A differenza della strada perseguita dalla Marina Americana (alla quale lo stesso Defiant sarà presto ceduto), qui si sta parlando di un nave costruita appositamente per lo scopo, le cui forme richiamano più direttamente quelle di una nave militare. Come accennato, si tratta di un programma le cui caratteristiche/capacità precise non sono note; anche se è chiaro che pure questa piattaforma è stata concepita per ospitare e far operare carichi modulari di vario tipo.

In conclusione, un dato rimane evidente a valle di questo sforzo complessivo: gli Stati Uniti stanno (giustamente) accelerando nel settore dei “droni” navali di superficie; anche facendo tesoro delle lezioni provenienti dalla guerra in Ucraina. Pienamente consapevoli del fatto che proprio quella dei “droni” è a tutti gli effetti una delle nuove frontiere delle guerre di domani, in tutti gli ambiti operativi.

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