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Uber

Ecco come il Consiglio di Stato tampona Uber e Ncc (i taxi festeggiano)

Che cosa ha deciso il Consiglio di Stato sull'obbligo per Uber ed Ncc di far rientrare le auto nelle rimesse

Ncc e auto Uber hanno l’obbligo di rientrare in rimessa. A stabilirlo è il Consiglio di Stato che, rigettando le richieste di Uber, non ha sospeso l’efficacia della circolare interpretativa del decreto di riforma del settore Ncc. Andiamo per gradi.

COSA PREVEDE LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO SU UBER E NCC

Il Consiglio di Stato ha deciso che resta in vigore quanto stabilito dalla circolare interpretativa del decreto di riforma del settore Ncc, in cui si prevede che gli Ncc, categoria in cui rientra anche Uber, debbano iniziare e terminare il servizio presso la propria rimessa, ovvero il Comune di rilascio della licenza, e a compilare sempre il foglio di servizio anche dopo prenotazioni on line.

COSA DICE LA CIRCOLARE

Facciamo un passo indietro. La circolare del Ministero degli Interni recita che “il comma 4 dell’art. 11 della legge 21/1992, introdotto dalla legge n. 12/2019, in coerenza con le disposizioni del comma 3 dello stesso art. 11, e fatta salva la deroga prevista dall’art. 11, comma 4-bis, nell’ipotesi di prenotazione di più servizi consecutivi, prevede che l’inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire presso le rimesse di cui all’articolo 3, comma 3, con ritorno alle stesse. II prelevamento e l’arrivo a destinazione dell’utente possono avvenire anche al di fuori della provincia o dell’area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato I’autorizzazione. Per la Sicilia e la Sardegna valgono, inoltre, le deroghe già illustrate che consentono agli operatori di avere pia rimesse nell’ambito della Regione.”

LE PROTESTE (ANCHE) DI UBER

Le norme, nonostante non manchino le deroghe e le eccezioni, non sono piaciute agli Ncc che più volte in questi mesi hanno manifestato e chiesto la sospensione della Circolare. Anche Uber, tra gli altri, ha chiesto lo stop al provvedimento.

LA DECISIONE DEL TAR DEL LAZIO

La questione è finita anche al Tar del Lazio che il 20 maggio ha respinto le richieste dei lavoratori di settore. Il Tar ha considerato che “il ricorso non appare assistito dai richiesti requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora per la concessione della misura cautelare”, ritenendo in particolare che “le censure avanzate con riferimento alla circolare impugnata appaiono prive di pregio nella parte in cui ne sostengono l’illegittimità per la non conforme integrazione e interpretazione della normativa primaria” e che “anche il pregiudizio grave ed irreparabile lamentato da parte ricorrente non è dimostrato né riveste carattere di irreparabilità, essendo di carattere prettamente economico”.

UN DANNO PER GLI UTENTI

La decisione del Consiglio di Stato “rappresenta un danno per gli utenti dei trasporti pubblici non di linea”, ha commentato il presidente del Codacons Carlo Rienzi. Quella dei giudici di Palazzo Spada, spiega Rienzi, è una scelta che “contrasta nettamente con il nuovo mercato aperto alle tecnologie moderne e con le esigenze dei consumatori, che chiedono più scelta e tariffe più basse. I limiti imposti a servizi come Uber e Ncc finiscono solo per danneggiare gli utenti finali, attraverso una riduzione della concorrenza, un peggioramento della qualità delle prestazioni e un incremento delle tariffe dei taxi. Per tale motivo speriamo che il Tar del Lazio, nella decisione di merito, voglia mettere fine al medioevo che impera in Italia nel settore dei trasporti pubblici non di linea”.

ESULTANO I TASSISTI

A festeggiare, invece, sono i tassisti, da sempre in guerra con i concorrenti Ncc ed Uber. “Il Consiglio di Stato non accoglie la richiesta dei legali di Uber di sospendere le norme in vigore nel settore. La potente piattaforma digitale californiana dovrà rispettare le regole del trasporto pubblico non di linea che prevedono per gli operatori del noleggio, l’inizio e la fine del servizio in rimessa”, festeggiano le rappresentanze dei taxi, Fit Cisl, Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Uiltrasporti, Satam Cna, Tam, Claai, Unione Artigiani, Unimpresa e Ati taxi.

E sono sempre le categorie di settore a chiedere “la conclusione dell’iter di riforma del settore, attraverso l’approvazione di uno specifico DPCM che finalmente disciplini in modo chiaro e netto l’operato delle piattaforme tecnologiche. Auspichiamo inoltre – aggiungono – che in un periodo nel quale la politica e le istituzioni si affannano per reperire risorse pubbliche, annunciando nuove misure contro l’evasione fiscale, si possa far pagare regolarmente le tasse ai grandi operatori digitali che stanno disarticolando il nostro settore e più in generale il mondo del lavoro, tutti puntualmente con sede legale in Paesi con un sistema fiscale più vantaggioso”.

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