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Uber

Perchè per Uber si mette male

Un parere di un avvocato della Corte di giustizia europea mette Uber nei guai: non è una piattaforma tecnologica, ma una società di trasporti Uber, la società di trasporti americana che fa concorrenza diretta ai taxi, potrebbe passare un brutto periodo. Sì, secondo Maciej Szpunar, avvocato generale della Corte di Giustizia europa (Corte che dovrebbe…

Un parere di un avvocato della Corte di giustizia europea mette Uber nei guai: non è una piattaforma tecnologica, ma una società di trasporti

Uber, la società di trasporti americana che fa concorrenza diretta ai taxi, potrebbe passare un brutto periodo. Sì, secondo Maciej Szpunar, avvocato generale della Corte di Giustizia europa (Corte che dovrebbe decidere il futuro dell’app nel Vecchio Continente), la società Usa è un’azienda di trasporti e non una piattaforma tecnologica che fa incontrare domanda e offerta di corse. Se è vero che ancora non si tratta di un giudizio definitivo, è vero anche che non si mette per niente bene. Proviamo a capire perchè.

La Citazione di Uber

Quella che dovrebbe prendere la Corte di giustizia europea è una sentenza storica. Uber è stato citato in numerosi tribunali europei, ma, questo caso particolare, nasce da una denuncia presentata contro la società di San Francisco dalla Asociación Taxi Profesional Élite di Barcellona. In questo caso si chiede al Giudice di decidere la definizione di Uber: è un servizio di trasporto o una piattaforma digitale? Per usare le parole della citazione in tribunale, Uber è “un telefono intelligente, una piattaforma che consente alle persone di collegarsi l’una all’altra”, o è, come sostiene l’associazione di taxi, “semplicemente un servizio di trasporto”?

La Corte di Giustizia Europea è dunque chiamata a decidere sulla “natura giuridica”. Se il giudice dovesse considerare Uber “un servizio della società dell’informazione”, allora “il servizio di intermediazione elettronica dovrebbe beneficiare del principio della libera prestazione di servizio, garantita dalla normativa della Comunità europea”.

Nel 2006 l’Ue ha deciso sulla rimozione delle barriere al commercio in tutti i paesi membri dell’UE, ma l’articolo in questione esclude i servizi di trasporto. É per questo che stabilire la natura giuridica dell’esercizio sarà fondamentale per decidere sul futuro della piattaforma.

Uber: una lotta continua per la sopravvivenza

uberLa citazione in giudizio dell’Associazione dei Tassisti di Barcellona non è certo l’unica pervenuta nei tribunali Europei. Sono numerosi i Paesi che non hanno ben accolto l’arrivo sul mercato dei servizi dell’azienda di San Francisco. Ad inizio novembre 2016, la Corte Suprema della Danimarca ha confermato in tribunale la condanna di 6 piloti Uber, per aver violato le leggi sul trasporto del Paese, dando la possibilità al pubblico ministero di Copenaghen di citare in giudizio l’azienda stessa. Una grande delusione per i 300.000 clienti danesi che hanno scaricato l’app Uber.

Anche in Germania, Belgio e Francia i tribunali hanno preso provvedimenti nei confronti della società, fino al punto di vietare vari dei suoi servizi. Le associazioni dei tassisti più volte hanno manifestato contro il servizio offerto da Uber, scendendo in piazza a Roma, Varsavia e Parigi, tra le altre città.

Il parere di un avvocato della Corte

Qualcuno ha già la sua idea in materia. Per Maciej Szpunar, avvocato generale della Corte di Giustizia, Uber è una società di trasporti e dovrebbe attenrsi, dunque alle stesse regole che rispettano i taxi. Non si tratta, come già detto, di un parere vincolante, ma non sono certo parole di poco conto. Se la Corte dovesse accogliere il giudizio, infatti, Uber non potrebbe più esercitare liberamente la propria attività in tutti gli Stati membri della Ue: ogni autista dovrebbe avere licenza e autorizzazione .

Cosa succede se il parere verrà confermato?

Il servizio Pop, come ha spiegato la società tecnologica, sarà sicuramente sospeso. Ma proprio questo servizio in Italia è sospeso dal 2015, in Spagna dal 2014 e a questo dobbiamo aggiungere anche che Uber negli ultimi anni si sta dotando di guidatori professionisti dotati di licenza.

guida autonoma uberIl parere di Maciej Szpunar, in realtà, si riferisce all’azienda nel suo complesso: “Non può essere guardata come un semplice intermediario tra guidatori e passeggeri (…) e la sua offerta principale è senza dubbio quella del trasporto, che dà significato economico al servizio”, ha spiegato l’avvocato. Con molta probabilità dunque dovrebbero esser sospesi tutti i servizi offerti da Uber.

“Essere considerati una società di trasporto non cambierebbe il modo in cui molti Paesi europei già oggi regolano le nostre attività”, ha precisato l’azienda americana.

Cosa cambia per la società?

Un parere di questo tipo potrebbe avere anche altri risvolti, interni alla società, che potrebbe esser costretta a considerare i suoi guidatori come dipendenti a tutti gli effetti della società, con relativi diritti che ne conseguirebbero. C’è da dire, infatti, che l’azienda mpone ai guidatori le condizioni di svolgimento dell’attività, ricompensa quelli che effettuano più corse, esercita un controllo sulla qualità del loro lavoro e determina il prezzo del servizio.

Cosa sta accadendo in Italia

Il 7 Aprile 2016, la nona sezione civile del Tribunale di Roma aveva deciso a favore della sospensione del servizio Uber Black offerto dalla casa di San Francisco, accogliendo un ricorso per concorrenza sleale delle associazioni di categoria dei tassisti assistite da un pool di legali coordinato dall’avvocato Marco Giustiniani dello Studio Pavia e Ansaldo e composto da Moravia, Gigliotti, Massari e Fabbi.

L’azienda, in base all’ordinanza, avrebbe dovuto bloccare, entro un massimo di 10 giorni (alla mezzanotte del giorno di Pasqua), anche i servizi analoghi offerti con Uber-Lux, Uber-Suv, Uber-X, Uber-XL, UberSelect, Uber-Van.

“Accertata la condotta di concorrenza sleale”, il Giudice Alfredi Landi, ha ritienuto giusto bloccare “il servizio di trasporto pubblico non di linea con l’uso della app Uber Black” e di “analoghe” app, “disponendo il blocco di dette applicazioni con riferimento alle richieste provenienti dal territorio italiano, nonché di effettuare la promozione e pubblicizzazione di detti servizi sul territorio nazionale”. La sentenza, inoltre, obbligava l’azienda americana alla pubblicazione sul proprio sito di quanto deciso e al pagamento di una penale di 10.000 euro “per ogni giorno di ritardo nell’adempimento” del blocco “a decorrere dal decimo giorno successivo” alla pubblicazione della sentenza.

UberQuando tutto, dunque, sembrava esser deciso e Uber costretto ad abbandonare l’Italia, è arrivato il colpo di scena. “Il tribunale di Roma ha accolto la nostra richiesta di sospensiva dell’ordinanza che richiedeva l’interruzione dei servizi di mobilità Uber a partire dal 17 aprile. Siamo molto felici di poter comunicare a tutti i driver e agli utenti di Uber in Italia che potranno continuare ad utilizzare l’applicazione fino alla pronuncia del Tribunale sul nostro reclamo”, fa sapere l’azienda.

Uber si trova al centro di una battaglia, quella tra Taxi e Ncc (settore in cui rientra l’azienda di San Francisco), scoppiata ancor prima del suo arrivo in Italia. La sua presenza, però, ha intensificato le proteste da parte dei conducenti delle auto bianche: dal 2008 i tassisti hanno chiesto, a più riprese, un decreto che potesse regolamentare la situazione, ma nulla è cambiato.

La situazione è sempre la stessa. Ncc (e oggi Uber) possono lavorare, senza limitazioni, in attesa di una nuova legge, di una decisione politica. A limitare l’operatività della casa americana è il Tribunale.

Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio il 14 aprile, subito dopo la sentenza del 7 Aprile, si è impegnato a risolvere la questione affinché “non siano i tribunali a decidere su Uber”. Nulla di nuovo però è stato deciso. E nel frattempo si spera che arrivi una revisione della legge quadro dei trasporti del 1992.

La partita è aperta. E anche se Uber potrebbe vincere in appello, continuando a servire i propri servizi, potrebbe accadere che sarà la legge tanto attesa ad ostacolare il suo inserimento in Italia.

I guai in America

Non solo Italia. L’azienda ha problemi anche in America. Il Dipartimento di giustizia americano ha avviato un’inchiesta penale nei confronti della società con l’accusa di aver usato il software segreto Greyball per evitare i controlli delle autorità in città dove non aveva la licenza per svolgere il servizio privato di taxi. L’inchiesta penale sull’azienda fondata da Travis Kalanick segue l’indagine civile già aperta.

Il software Greyball permette agli autisti di individuare se una chiamata arriva da un agente. A quel punto sul telefonino da cui è stata attivata la app partono delle macchinine ‘fantasma’ che simulano l’arrivo del taxi che invece non arriverà mai.

Uber ha proibito l’uso di ‘Greyball’ dopo che il quotidiano New York Times lo scorso marzo rivelo’ l’esistenza del software.

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