Promossi da Emmanuel Macron, i concetti di sovranità europea e autonomia strategica sono ormai presenti in tutti i discorsi dei leader dell’Unione europea. In un mondo in cui gli altri non rispettano più le vecchie regole del gioco della globalizzazione liberale, l’Europa deve cambiare per non rimanere schiacciata da Stati Uniti e Cina. Il rapporto presentato lunedì da Mario Draghi sul futuro della competitività europea ha nuovamente suonato il campanello d’allarme. Ma alla prima vera prova della determinazione dell’Ue ad affrontare questa sfida – l’imposizione di dazi compensativi anti-sussidi sui veicoli elettrici importati dalla Cina proposta dalla Commissione – i ventisette Stati membri stanno inviando il messaggio opposto: l’Europa è debole, divisa ed esitante, concentrata sugli interessi nazionali di corto periodo, pronta a cedere alla legge del più forte. Con un paradosso: sono due leader progressisti ed europeisti, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez, a indebolire l’Ue.
IL BRACCIO DI FERRO TRA COMMISSIONE UE E CINA SUI DAZI
La Commissione è impegnata in un braccio di ferro con la Cina, da quando ha lanciato la sua inchiesta sui sussidi forniti da Pechino ai produttori di veicoli elettrici a batteria. L’indagine realizzata dai funzionari della Commissione è senza appello: il governo cinese fornisce aiuti a tutta la catena del valore dei veicoli elettrici, dall’estrazione del litio per le batterie fino ai porti europei dove vengono esportate le auto. Queste sovvenzioni sleali della Cina costituiscono una minaccia di pregiudizio economico per i produttori europei di veicoli elettrici a batteria. Sono tutta l’industria dell’auto e il suo indotto a essere in pericolo, nel momento in cui sta già attraversando un periodo di crisi profonda. A luglio la Commissione ha annunciato dazi provvisori che si aggiungono al 10 per cento in vigore: 17,4 per cento per BYD, 19,9 per centro per Geely, 37,6 per cento per SAIC (e dal 20,8 al 37,6 per cento per gli altri produttori).
LA DECISIONE FINALE
Il momento della decisione definitiva sui dazi sui veicoli elettrici cinesi si avvicina. Il voto degli Stati membri dovrebbe tenersi tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Ma i leader di Spagna e Germania hanno detto pubblicamente di volere una marcia indietro sui dazi. “Non abbiamo bisogno di un’altra guerra, in questo caso una guerra commerciale”, ha detto lo spagnolo Pedro Sanchez in una visita in Cina questa settimana: “Devo essere schietto e franco… Penso che dovremmo riconsiderare, tutti noi, non solo gli stati membri, ma anche la Commissione, la nostra posizione”.
LA GERMANIA LODA LA SPAGNA
La Germania ha immediatamente applaudito a Sanchez. “La direzione di viaggio è quella che condividiamo”, ha spiegato il portavoce di Olaf Scholz, Steffen Hebestreit. In un voto di orientamento in luglio la Spagna aveva votato con altri 10 paesi (comprese Francia e Italia) a favore dei dazi. La Germania si era astenuta con altri 8 stati membri (comprese Finlandia e Svezia). Solo 4 paesi (tra cui l’Ungheria) hanno votato contro. Nel voto sui dazi definitivi serve la maggioranza qualificata – 15 paesi che rappresentano il 65 per cento della popolazione dell’Ue – per bocciare la proposta della Commissione.
LA REAZIONE CINESE
La Cina ha usato il bastone e la carota sia a livello nazionale sia a livello di Ue per bloccare la Commissione. Attraverso canali diplomatici e dichiarazioni pubbliche Pechino ha contestato con virulenza Bruxelles e corteggiato le capitali dell’Ue perché facessero pressioni sulla Commissione. Con comunicati della camera di commercio cinese nell’Ue e l’avvio di indagini anti-dumping da parte del ministero del Commercio, la Cina ha anche minacciato rappresaglie commerciali. Cognac, aeroplani, automobili e prodotti agricoli: il regime di Xi Jinping ha una mappa molto chiara di quali prodotti colpire per far male politicamente, prima ancora che economicamente. Con la Germania, che è il principale partner commerciale europeo della Cina, Xi non ha avuto grandi difficoltà di persuasione. Con la Spagna ci è voluto più tempo, ma la minaccia di bloccare le importazioni di carne di maiale ha funzionato.
A metà giugno, in concomitanza con la pubblicazione dei risultati sull’indagine della Commissione sui veicoli elettrici cinesi, Pechino ha lanciato un’inchiesta sui sussidi europei per i prodotti derivati dalla carne suina. La Spagna è il principale esportatore europeo di carne di maiale in Cina: 560 mila tonnellate nel 2023 per un valore di 1,2 miliardi di euro, secondo l’associazione dei produttori di suini spagnola Interporc. Con gli agricoltori già in rivolta per altre difficoltà, il governo spagnolo è in stato di massimo allarme. La debolezza viene sfruttata a proprio vantaggio dalla Cina. Lunedì il presidente cinese, Xi Jinping, ha incoraggiato Sánchez a svolgere un “ruolo costruttivo” sui dazi sui veicoli elettrici.
SPAGNA E GERMANIA INDEBOLISCONO LA COMMISSIONE SUI DAZI
Finora la Commissione ha resistito alle pressioni politiche di alcune capitali per rinunciare ai dazi, anche se ha lasciato aperta la porta a un compromesso con Pechino. Il vicepresidente Valdis Dombrovskis si è sempre detto pronto a una soluzione negoziata. Le discussioni sono proseguite nel corso dell’estate. Da luglio le aliquote imposte ai produttori sono state ritoccate al ribasso (ufficialmente per errori formali). Ma, in un segnale che vuole fare sul serio, ieri la Commissione ha annunciato di aver rifiutato un’offerta avanzata da alcuni produttori cinesi di mantenere i prezzi a livelli più alti nel mercato dell’Ue. “Diversi esportatori cinesi di veicoli elettrici a batteria hanno presentato offerte per impegni sui prezzi”, ha detto il portavoce della Commissione, Olof Gill. Gli effetti dannosi delle sovvenzioni possono essere eliminati? Gli impegni possono essere monitorati e attuati? “La Commissione ha concluso che nessuna delle offerte soddisfaceva questi requisiti”, ha detto il portavoce.
Il vicepresidente Dombrovskis incontrerà il ministro cinese del Commercio, Wang Wentao, il 19 settembre. “La Commissione rimane aperta a una soluzione negoziata, ma deve rispettare pienamente le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio e porre rimedio pienamente agli effetti dannosi delle sovvenzioni identificate”, ha detto il portavoce. Ma le prese di posizione di Sanchez e Scholz indeboliscono il braccio della Commissione nel rapporto di forza con la Cina. A Bruxelles alcuni si interrogano se il governo di Giorgia Meloni si unirà ai paesi contrari ai dazi, dato che sta negoziando con i produttori cinesi l’apertura di impianti di produzione di veicoli elettrici in Italia. Tra i paesi che si sono astenuti a luglio, Finlandia e Svezia sono pronti a schierarsi contro l’imposizione dei dazi definitivi.