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Daimler

Che cosa succede a Daimler?

Il piano industriale di Daimler odora più di crisi che di fiducia nel futuro. Tutti i dettagli nell'approfondimento di Pierluigi Mennitti

Tempi cupi per la casa che è stata uno dei simboli della forza e del prestigio dell’industria automobilistica tedesca, la Daimler. Alla vigilia della presentazione del bilancio annuale, che si annuncia come un momento già decisivo per il nuovo numero uno Ola Källenius dopo tre profit warning consecutivi che hanno inquietato gli investitori, l’Handelsblatt ha rivelato i contenuti del piano che dovrebbe guidare l’azienda attraverso la rivoluzione dell’automotive e rilanciarla.

IL PIANO DI STOCCARDA:15 MILA TAGLI, RISPARMI BEN OLTRE 1,4 MILIARDI DI EURO

È un piano che odora più di crisi che di fiducia nel futuro, fondato su una strategia di risparmio ancora più profondo rispetto a quello che era trapelato finora e su investimenti nel segmento dei veicoli di lusso sostenibili. Sul versante dell’occupazione, i tagli saranno 15 mila e non 10 mila come si ipotizzava, attraverso i meccanismi delle liquidazioni e dei prepensionamenti progressivi. E le forbici si accaniranno anche su progetti che si stanno dimostrando meno remunerativi del previsto, come il centro di innovazione Lab 1886, per il quale Daimler è alla ricerca di un partner di maggioranza. Verrà ridotta anche la gamma dei modelli, a cominciare dal pick up della classe X che avrebbe dovuto “unire mondi diversi” e invece ha portato solo numeri in rosso, per finire alle auto cabrio e coupé della classe S. Ma anche per le monovolume della classe B, la classe media, il futuro è incerto e circola l’ipotesi che le vetture possano essere sostituite da un modello crossover, una specie di incrocio fra una berlina e un Suv. Da Stoccarda non è arrivato alcun commento alle indiscrezioni del quotidiano economico, ma il volume dei risparmi dovrebbe abbondantemente oltrepassare la cifra circolata finora di 1,4 miliardi di euro.

LE SPINE DI DAIMLER DAL DIESELGATE ALL’ELETTRICO

Così il cinquantenne manager svedese che ha raccolto l’eredità di Dieter Zetsche si troverà domani ad annunciare alla platea di investitori da un lato un calo degli utili e una drastica riduzione dei dividendi, dall’altro un piano di risanamento nel quale si intravedono bene i tagli (che naturalmente apriranno conflitti con dipendenti e sindacato), meno bene gli investimenti e le prospettive future. Appare così una fuga in avanti – sottolinea con sarcasmo l’Handelsblatt – la spettacolare performance di Källenius di appena un mese fa al Ces di Las Vegas, la fiera dell’elettronica che quest’anno si è trasformata nella vera fiera mondiale dell’auto, quando assieme al regista James Cameron presentò Vision Avtr, una concept car a impatto zero: quella visione degna di un vero pioniere dell’ecologismo si realizzerà in uno, due decenni, mentre la realtà di oggi è quella di un gruppo industriale “che frena se stesso e scivola sempre più in una crisi”. La strada di Daimler verso l’elettromobilità è rallentata dall’impasse nell’accaparramento di batterie di buona qualità mentre Volkswagen e Opel lavorano alla creazione di propri stabilimenti per la produzione di batterie, mentre le scorie del dieselgate continuano a impigliare il marchio di Stoccarda quasi più che il concorrente Volkswagen. Da anni non viene più prodotto un modello di successo, mentre la crescente domanda di auto elettriche si indirizza altrove.

KALLENIUS DEVE ANCORA DIMOSTRARE CAPACITÀ DI LEADERSHIP

Il quotidiano di Düsseldorf raccoglie il malcontento che serpeggia all’interno dell’azienda, dove alcuni manager iniziano a dubitare delle capacità di guida di Källenius, lento a entrare nel ruolo che gli spetta: “Non è ancora riuscito a coprire il vuoto di potere lasciato dal suo predecessore Zetsche”, dice una voce interna, naturalmente protetta dall’anonimato. Il manager svedese non ha ancora presentato un piano riconoscibile sul futuro del gruppo nei nove mesi della sua guida. Il momento è arrivato e l’assemblea di domani misurerà la sua capacità di convincere investitori e maestranze di saper condurre Daimler fuori dalle secche. I suoi uomini credono che il taglio dei costi (modelli e personale) e un rilancio delle vendite (paradossalmente attraverso il modello più odiato dagli ambientalisti, il Suv) possa districare l’azienda dalle restrizioni economiche e liberare risorse per gli investimenti futuri. Molti analisti ritengono che l’azienda di Stoccarda non abbia davvero analizzato le dimensioni del dieselgate e non abbia tratto da quello scandalo le conseguenze radicali necessarie, come invece è avvenuto da Volkswagen. E questo non può certo essere imputato al solo Källenius: qualche volta le eredità sono pesanti sotto tanti punti di vista. C’è chi, come Michael Muders dell’Union Investment, pensa che i piani di Daimler non siano sufficientemente coraggiosi e che un segnale di rottura potrebbe essere la decisione di abbandonare l’impegno nella Formula 1, non compatibile con l’obiettivo della casa automobilistica di vendere entro il 2039 solo veicoli a emissioni zero.

Nella sala dove Källenius presenterà conti e programma per il futuro rimbomberà in sottofondo il recente ammonimento di Herbert Diess, numero uno di Volkswagen: “Se non saremo in grado di reagire con la velocità necessaria, rischiamo di fare la fine di Nokia”.

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