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Da Nikola Tesla a Elon Musk

Come recita il suo sito, fin dalla fondazione (2003) il gruppo Tesla ha “l’obiettivo di accelerare l’avvento di un futuro all’insegna dell’energia sostenibile”. Forse non tutti sanno che lo scienziato da cui prende il nome la creatura di Elon Musk all’inizio del Novecento era un personaggio controverso: per alcuni una delle menti scientifiche più brillanti del suo tempo; per altri un pittoresco profeta di utopie pantecnologiche. In un volumetto di cui consiglio la lettura, Edoardo Segato smonta la tesi del sognatore visionario e ci consegna un ritratto più veritiero di un protagonista della modernità industriale (“Tesla. Lo scienziato contro”).

Nikola Tesla nasce il 10 luglio 1856 nel villaggio di Smiljian, al confine tra Croazia e Serbia. Nel 1875 si iscrive al Politecnico Joanneum di Graz. Studente stakanovista, si laurea in ingegneria con il massimo dei voti. La morte del padre gli impedisce di completare la sua formazione all’università di Praga. Nel 1881 si trasferisce quindi a Budapest, dove diventa caporeparto nella Compagnia dei telefoni. L’anno seguente ottiene un impiego a Parigi, presso la Continental Edison Company. Lì comincia a immaginare quei marchingegni, in grado di sfruttare l’uso della corrente alternata, che lo renderanno celebre. Nel 1884 può finalmente coronare il suo sogno: lasciare l’Europa e salire a bordo di un piroscafo diretto a New York. Aveva con sé pochi centesimi, un blocchetto di appunti per costruire una macchina volante e una lettera di presentazione del suo mentore, l’ingegnere inglese Charles Batchellor. Era indirizzata a Thomas Alva Edison, e c’era scritto: “Conosco due grandi uomini e Lei è uno di quelli. Questo giovane è l’altro”. Dopo un breve colloquio negli uffici della Fifth Avenue, Nikola viene assunto alla Edison Machine Works.

Titolare di circa quattrocento brevetti, che spaziavano dalla telefonia alla conservazione dei cibi freschi, dal fonografo al grammofono, dalla lampadina alla telegrafia, il trentasettenne Thomas era un’icona della seconda rivoluzione industriale. John Pierpont Morgan, il magnate dal “naso bitorzoluto”, era all’epoca il re dei treni. George Westinghouse aveva fatto fortuna con la segnaletica per la rete ferroviaria e con i freni ad aria compressa per le locomotive. Entrambi avevano intuito che l’elettrificazione era la nuova frontiera dello sviluppo. I laboratori di Edison, all’avanguardia nel campo dell’elettrotecnica, avevano trasformato l’illuminazione urbana -avviata a Manhattan e nel New Jersey- nel businnes del secolo.

Tuttavia, il sistema a corrente continua dell’inventore americano non era privo di problemi. Esigeva infatti una centrale ogni due miglia per prolungare il flusso elettrico, con dispersioni di energia e costi assai elevati. Nikola propone di sostituirlo con un sistema a corrente alternata, capace di far viaggiare l’energia per centinaia di miglia senza la minima perdita, tramite semplici convertitori di tensione. Thomas accetta, e promette al suo ambizioso collaboratore una somma di cinquantamila dollari se fosse riuscito nell’impresa. Sei mesi dopo, l’ultimo bullone dei nuovi impianti veniva avvitato. Quando il giovane serbo gli chiede la ricompensa pattuita, Edison scoppia in una risata e lo congeda con una pacca sulle spalle. Tesla, indignato, si dimette su due piedi e sbarca il lunario come operaio alla Western Union Telegraph Company.

Mentre rompeva l’asfalto newyorkese per due dollari al giorno, Geronimo firmava la resa degli Apache con il governo federale, e -sull’altra sponda dell’Atlantico- Heinrich Hertz studiava le onde elettromagnetiche di James Clerk Maxwell. L’età della radio bussava alla porta. William Stanley, direttore delle officine Westinghouse a Pittsburg, stava intanto perfezionando il sistema da lui ideato per il suo sleale committente. Allarmato dalla sua ventilata commercializzazione, Edison, la cui compagnia si era già fusa con la Thomson-Houston dando vita alla General Electric, orchestra una poderosa campagna denigratoria della corrente alternata. Paradossalmente, nel 1888 sarà proprio un suo dipendente, Harold Brown, a servirsi sottobanco di una dinamo del rivale per collaudare la sedia elettrica. Quella che è passata alla storia come la “guerra delle correnti”, insomma, si combatteva senza esclusione di colpi. Per aiutare il suo sponsor in difficoltà finanziaria, Tesla rinuncia ai dodici milioni di dollari in royalties che gli spettavano contrattualmente. Il primo impianto Westinghouse a corrente alternata potrà così girare a pieno regime nelle miniere di Telluride, in Colorado. Nel 1890, mentre Francis Galton classificava le impronte digitali e Clément Ader faceva volare il suo areoplano a vapore nei cieli francesi, Tesla progettava una rivoluzionaria bobina per la trasmissione di energia senza fili.

Divenuto cittadino americano, nel 1891 in un ciclo di affollatissime conferenze presenta gli esperimenti compiuti con diversi tipi di gas nobili. Sempre in frac e cravatta bianca, mandava in visibilio la platea quando accendeva le lampade fluorescenti forgiategli da esperti soffiatori veneziani. Sebbene dieci volte più luminose e più resistenti di quelle a incandescenza di Edison, solo molto più tardi gli verrà riconosciuta la paternità delle lampade al neon e al plasma. Ormai famoso, nonostante il carattere schivo e una certa tendenza all’ipocondria, è ospite abituale del raffinato ristorante Delmonaco, dove conosce il compositore Antonin Dvorak, l’architetto Stanford White e Mark Twain, che diventerà il suo migliore amico. Nel 1893 Tesla alloggiava al Gerlach Hotel, tra Broadway e la Sixth Avenue. Mentre stava chiacchierando con il suo assistente Kolman Czito, una telefonata lo avverte che la Westinghouse era stata scelta per illuminare la Fiera mondiale di Chicago. A maggio, il presidente Grover Cleveland la inaugura premendo l’interruttore d’oro e d’avorio della corrente alternata. Aveva vinto, ma nel giro di un paio d’anni il successo gli volterà le spalle.

Nella notte del 13 marzo 1895 un incendio scoppia nel seminterrato del palazzo sulla Quinta Strada, distruggendo l’intero edificio. Il suo laboratorio, stracolmo di macchinari, dati, disegni, modelli e preziosi appunti sui raggi X, vengono divorati dalle fiamme. Cinque anni di duro lavoro andati in fumo. Il rischio della bancarotta era dietro l’angolo. Cade in una acuta crisi depressiva, curata con l’elettroshock. Inaspettatamente viene contattato da Edward Adams, presidente della Cataract Construction, la società che aveva adottato il suo sistema per la gestione delle cascate del Niagara. Adams gli offre un cospicuo finanziamento per proseguire le sue ricerche. Tesla acconsente volentieri e, dopo aver messo a soqquadro mezza città, trova i locali che cercava a East Houston Street. Nel nuovo laboratorio tenta di brevettare un metodo per liquefare l’aria, ma sarà anticipato dal pioniere del frigorifero, il tedesco Carl Gottfried von Linde. Analizza i benefici igienici e sanitari derivanti dall’utilizzo dell’elettricità in agricoltura e nel trattamento dell’acqua.

Grazie alla munificenza di John Jacob Astor, il proprietario del Waldorf Astoria, nel 1899 installa una stazione sperimentale alle pendici di Pike’s Peak, la montagna che sovrastava Colorado Springs. Con una potenza di cento milioni di volt, il suo trasmettitore era capace di produrre fulmini artificiali che terrorizzavano gli abitanti della zona. Colpito dai suoi progressi e dalla lettura di un suo importante articolo “Sull’incremento dell’energia umana”, Morgan gli accorda una grossa somma per la costruzione di un nuovo impianto. Tesla gli assicura che molto presto il cavo telegrafico che passava sotto l’oceano sarebbe apparso come un reperto archeologico. Mentre veniva eretta la gigantesca “torre di Wardenclyffe”, il 21 dicembre 1901 la stampa diffonde una notizia sensazionale: usando un aquilone come antenna, Guglielmo Marconi aveva spedito il primo segnale radio dalla Cornovaglia fino all’isola canadese di Terranova. Nel 1909 lo scienziato italiano è insignito del premio Nobel (insieme Carl F. Braun). In seguito ammetterà di aver utilizzato una bobina di Tesla, negando però di essere a conoscenza delle sue  ricerche.

Quando Morgan viene a sapere che Marconi aveva raggiunto il suo obiettivo con mezzi così semplici ed economici, rimane di stucco. Furioso per aver sperperato  un milione di dollari, taglia i fondi a Tesla. La costruzione della torre, che verrà demolita nel 1917, si interrompe. La sua credibilità precipita. È etichettato come un illusionista e un imbroglione. È pieno di debiti e in preda a un grave esaurimento nervoso. Ma non si scoraggia. Tra il 1906 e il 1909 brevetta un motore a combustione, sia con la benzina sia con il vapore, per il mercato ferroviario e automobilistico. Al funerale di Morgan riesce a parlare con il figlio. Questi gli concede un prestito di quindicimila dollari, anche perché il dipartimento della Difesa aveva giudicato l’idea interessante. Nonostante avesse ottenuto la licenza europea della “turbina di coesione”, come veniva chiamata, i costi continuavano a superare largamente i ricavi. Nel 1914 Morgan junior gli concede un nuovo prestito per un esemplare che l’ammiraglio tedesco Alfred von Tirpitz intendeva esaminare. Non esistendo ancora, però, i materiali adatti a sostenere la velocità e la pressione del suo motore, la produzione viene subito accantonata. Come era accaduto per la radio, e come accadrà per molte sue invenzioni, anche in questo caso saranno altri a raccogliere i semi gettati da Nikola nel giardino della scienza.

Il 7 gennaio 1943 viene trovato esanime nella sua camera del New Yorker Hotel. Poche ore dopo, agenti dell’Fbi sequestravano tutti i suoi documenti, “most secret” per un ventennio. Non c’è quindi da stupirsi che siano fiorite tante leggende sull’uso che ne avrebbe fatto la Cia. Sappiamo per certo, invece, che aveva già brevettato la prima candela elettrica per l’accensione del motore e un tachimetro ad attrito per alcuni modelli di lusso della Pierce-Arrow. Inoltre, che aveva brevettato un velivolo a decollo e atterraggio verticale (negli anni Cinquanta sarà realizzato dalla Lockheed). Infine, che aveva progettato una potentissima arma, da lui chiamata “raggio della pace” ma soprannominata dai giornali “raggio della morte”, che alimenterà le spy story più stravaganti. Se posseduto da tutte le nazioni, per Tesla il raggio avrebbe spento ogni istinto bellicoso degli uomini. Come osserva Segato, aveva detto la stessa cosa Alfred Nobel dopo aver inventato la dinamite. Del resto, il grande serbo non poteva immaginare che, appena due anni e mezzo dopo la sua morte, ordigni forse più micidiali della sua arma misteriosa avrebbero raso al suolo Hiroshima e Nagasaki.

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