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Ponte Morandi a Genova, che cosa sapevano davvero Autostrade e ministero delle Infrastrutture

Fatti, ricostruzioni e documenti su quello che erano al corrente la società concessionaria Autostrade per l'Italia e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sullo stato del Ponte Morandi a Genova

L’ipotesi più accreditata dagli inquirenti sul crollo del Ponte Morandi a Genova? Una serie di concause.

“Il ponte prima si è storto, poi è caduto” ha detto Roberto Ferrazza, presidente della commissione ispettiva del Mit (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) al termine del sopralluogo.

CHE COSA E’ SUCCESSO AL PONTE MORANDI

Il cedimento dello strallo “resta una ipotesi del cedimento”, ha detto ancora Ferrazza. Lo strallo è una bretella “che tiene la trave, l’impalcato su cui circolano gli automezzi: la sua rottura può essere stata determinata sia da un comportamento anomalo della trave o dal cedimento delle mensole che tengono gli impalcati. Una eventuale rottura della mensola può aver fatto girare l’impalcato e sovraccaricato lo strallo”.

LA QUESTIONE STRALLI

I magistrati che si occupano delle indagini stanno vagliando il materiale documentale sequestrato già agli atti a partire dalla relazione del Politecnico di Milano che segnalava, già nell’ottobre 2017, alcune”‘significative anomalie” agli stralli dei piloni 9 e 10. In base a quella relazione, la società Autostrade per l’Italia (gruppo Atlantia) aveva deciso per un intervento di rinforzo di uno degli stralli del pilone 9 che sarebbe dovuto essere cantierato dopo l’estate 2018 e che aveva già avuto l’ok del ministero.

CHE COSA SAPEVA LA CONCESSIONARIA DEL GRUPPO ATLANTIA-BENETTON

La stessa concessionaria autostradale nel 2011 aveva sottolineato “l’intenso degrado” del ponte per le “forti sollecitazioni dovute al traffico”. Sollecitazioni che, secondo gli esperti, si sono sommate con l’inquinamento che avrebbe aggredito i materiali e al loro invecchiamento. Con il contratto di servizio e le relazioni sugli interventi manutentivi, la relazione del Politecnico è un punto di partenza fondamentale delle indagini della procura genovese.

LO SCOOP DELL’ESPRESSO

Ma da una relazione svelata dal settimanale l’Espresso emerge che i problemi del viadotto erano ben noti sia alla società autostradale Aspi sia al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell’azienda di gestione, sapevano infatti che la corrosione alle pile 9 (quella crollata) e 10 aveva provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici interni agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema bilanciato della struttura. E che nel progetto di rinforzo presentato da Autostrade erano stati rilevati «alcuni aspetti discutibili per quanto riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo», scrive il giornalista del settimanale l’Espresso, Fabrizio Gatti, autore dello scoop.

CHE COSA SAPEVANO AUTOSTRADE E MINISTERO

“Nonostante queste conclusioni, in sei mesi da allora né il ministero né la società concessionaria hanno mai ritenuto di dover limitare il traffico, deviare i mezzi pesanti, ridurre da due a una le corsie per carreggiata, abbassare la velocità. Come si dovrebbe sempre fare, in attesa dell’avvio dei lavori, per garantire la sicurezza e alleggerire il carico e l’affaticamento della costruzione”, ha aggiunto Gatti.

CHE COSA HA SCRITTO NEL VERBALE

È tutto scritto nel verbale della riunione con cui il primo febbraio 2018 il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova rilascia il parere obbligatorio sul progetto di ristrutturazione presentato da Autostrade. Il documento, che smentisce quanto la società di gestione continua a dichiarare sull’imprevedibilità del disastro, è firmato tra gli altri dal provveditore, l’architetto Roberto Ferrazza, e dall’esperto esterno, il professore associato della facoltà di ingegneria dell’Università di Genova, Antonio Brencich, che già nel 2016 e più volte nelle interviste tv di questi giorni ha denunciato le condizioni critiche del ponte.

IL COMMENTO DELL’ESPRESSO

Chiosa l’Espresso: “Ma nel luogo istituzionale dove portare le proprie osservazioni, in nessuna parte della riunione come dimostra il verbale, nemmeno nel capitolo che riguarda le interferenze con il traffico autostradale, Ferrazza e Brencich prescrivono raccomandazioni sui volumi di traffico che tengano conto delle condizioni dei tiranti, dell’incognita del calcestruzzo. E della conseguente riduzione dei margini di sicurezza, che il crollo ha poi rivelato”.

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