Skip to content

Ira Biden Messico Batterie Industria Auto Elettriche Cinesi Usa

Auto elettriche, tutte le differenze fra le politiche Usa e Ue

L'Ue vieta la vendita di nuove auto a benzina dopo il 2035. Negli Stati Uniti, invece, Biden non impone ma vuole che nel 2030 la metà dei veicoli venduti siano elettrici. Tutti i dettagli

Nel 2030 la metà dei nuovi veicoli venduti negli Stati Uniti dovranno essere elettrici. Non è un obbligo ma un’indicazione, contenuta nell’ordine esecutivo firmato dal presidente americano Joe Biden lo scorso 6 agosto.

LA REAZIONE DEI PRODUTTORI AUTOMOBILISTICI

I maggiori produttori automobilistici nazionali l’hanno ben accolta, anche perché la mobilità elettrica rientra nelle loro strategie di business. General Motors, ad esempio, venderà esclusivamente veicoli a zero emissioni di gas serra a partire dal 2035. Stellantis vuole che, entro il 2030, i veicoli elettrici arrivino a rappresentare più del 40 per cento delle vendite in America del nord.

In un comunicato congiunto firmato da General Motors, Stellantis e Ford, le tre aziende dicono di voler raggiungere, entro il 2030, vendite annue di veicoli elettrici negli Stati Uniti pari al 40-50 per cento del totale. Ma sottolineano la necessità di misure governative di sostegno.

LA REAZIONE DEI SINDACATI

Meno entusiasti sono stati invece i sindacati come lo United Auto Workers, preoccupati per l’impatto occupazionale della transizione alla mobilità elettrica: per assemblare un’auto elettrica bastano un terzo degli operai di quelli necessari per una vettura a benzina.

GLI OBIETTIVI CLIMATICI E INDUSTRIALI DI BIDEN

La promozione delle auto elettriche risponde a obiettivi sia climatici che economici. Da una parte, i veicoli “puliti” sono cruciali per il successo del piano climatico di Biden, che vuole far raggiungere la neutralità carbonica agli Stati Uniti entro il 2050. Le auto e i camion a combustione interna sono i maggiori emettitori di gas serra nel paese, rappresentando il 28 per cento delle emissioni di CO2.

Dall’altra parte, la produzione e l’esportazione di auto elettriche è al centro della competizione tra America e Cina per la leadership sulle nuove industrie della sostenibilità (turbine eoliche, pannelli solari, batterie e, appunto, veicoli elettrici).

Come spiegato al New York Times da Micheal Oppenheimer, professore di Affari internazionali all’Università di Princeton, l’ordine esecutivo del 6 agosto è “il primo esempio di come l’amministrazione Biden vuole fare politica industriale in un contesto di cambiamento climatico”. Oltre che stimolare la fabbricazione di vetture, Biden vuole riorganizzare e rafforzare le catene di approvvigionamento del settore automobilistico per far sì che le batterie – il componente più importante dei veicoli elettrici – siano prodotte sul suolo americano.

NUOVI STANDARD SULLE EMISSIONI

L’amministrazione Biden ha anche proposto dei nuovi standard sui livelli di emissioni per i modelli di auto immessi sul mercato dal 2023, fino al 2026: si parte con una restrizione del 10 per cento. Stando ai dati della Casa Bianca, la misura permetterà di ridurre di circa un terzo la quantità di anidride carbonica emessa annualmente dagli Stati Uniti. Al 2026, le nuove auto dovranno essere in grado di percorrere 52 miglia con un gallone di benzina.

LE RICHIESTE DELL’INDUSTRIA E LE DISCUSSIONI AL CONGRESSO

Per raggiungere gli obiettivi sulle vendite, Stellantis, Ford e General Motors chiedono che il Congresso americano fornisca degli incentivi all’acquisto di auto elettriche (per compensare il costo più alto rispetto a una vettura tradizionale) e alla ricerca, e che finanzi una rete di punti ricarica sul territorio nazionale.

Attualmente negli Stati Uniti ci sono 104mila punti di ricarica pubblici, ma solo il 18 per cento di questi offre una ricarica veloce delle batterie (in un’ora o meno). Neanche il 10 per cento degli americani ha accesso a una stazione pubblica nelle vicinanze della sua abitazione.

Biden ha chiesto al Congresso 174 miliardi di dollari da destinare alla costruzione di 500mila stazioni di ricarica. Nella legge sulle infrastrutture in discussione al Senato, però, ci sono solo 7,5 miliardi, anche se ne vengono stanziati 73 per l’espansione e l’ammodernamento della rete elettrica (un presupposto cruciale, considerato il numero di auto che vi si collegheranno per ricaricare). Questo autunno il Congresso dovrebbe esaminare una nuova legge che potrebbe contenere ulteriori fondi per i veicoli elettrici e incentivi fiscali al loro acquisto.

L’APPROCCIO DELL’UNIONE EUROPEA

L’Unione europea ha obiettivi climatici simili a quelli degli Stati Uniti di Biden. Il 14 luglio la Commissione ha presentato il piano Fit for 55, contenente le misure che dovranno permettere il raggiungimento del target di riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030.

Tra le iniziative presenti nel piano c’è anche il divieto di vendita di nuove automobili a benzina o a gasolio dopo il 2035. Il divieto ha lo scopo sia di incoraggiare il passaggio alla mobilità elettrica, sia di garantire il soddisfacimento del target di azzeramento netto delle emissioni entro il 2050.

Contestualmente, la Commissione ha stabilito che entro il 2025 gli stati membri dovranno installare punti di ricarica per i veicoli elettrici a non più di 60 chilometri di distanza l’uno dall’altro sulle strade principali. Bruxelles prevede che nel 2030 ci saranno 3,5 milioni di stazioni di ricarica per le auto e i furgoni elettrici, che saliranno a 16,3 milioni nel 2050.

Anche nel caso europeo, i produttori automobilistici hanno fatto intendere di essere disposti ad accettare limiti più stringenti sulle emissioni in cambio di grandi investimenti pubblici nelle infrastrutture di ricarica. Stando alle stime di Bruxelles, sarà necessaria una spesa nei punti di ricarica sul suolo pubblico e privato lungo tutto il territorio europeo pari a 80-120 miliardi di euro entro il 2040.

Torna su