skip to Main Content

Flotta Australiana

Come sarà la flotta di navi militari della Marina australiana

Non solo sottomarini d'attacco a propulsione nucleare per la Marina australiana, Canberra rinnoverà anche la composizione della flotta di superficie. L'articolo di Giovanni Martinelli

Oramai sembra una sorta di “tradizione”; periodicamente cioè, l’Australia tende a riservarci delle grosse sorprese sui piani di sviluppo della propria Marina, meglio nota come Royal Australian Navy (RAN). Quella che potremmo infatti definire la prima puntata di questa particolare tendenza, risale al 15 settembre del 2021; quel giorno, Australia, Stati Uniti d’America e Regno Unito annunciano un patto sulla Difesa che subito diventa famoso con la sua sigla Aukus.

Tanti sono i temi toccati da questo stesso patto ma il più importante in assoluto è la scelta di Canberra di dotarsi di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare. Una decisione davvero importante, resa ancora più forte dal fatto che, contestualmente, si vede costretta a cancellare in maniera drastica il programma di acquisto per altri sottomarini di attacco (questa volta a propulsione convenzionale); quelli della classe Attack scelti appena pochi anni prima (più precisamente, nel 2016) sulla base del progetto Shortfin Barracuda della francese Naval Group.

DOPO I SOTTOMARINI, È LA VOLTA DELLA FLOTTA DI SUPERFICIE

Come nel caso del patto Aukus e dei suoi risvolti sul fronte dei battelli subacquei, c’è da precisare che alcuni elementi di quanto si stava profilando in realtà erano emersi nelle settimane precedenti gli annunci in questione; diminuendo quindi l’effetto sorpresa vero e proprio. Anzi, nel caso di quanto reso noto dal ministro della Difesa Australiano Richard Marles il 20 febbraio, che qualcosa fosse destinato a cambiare lo si sapeva già da tempo; da quando cioè nell’aprile del 2023, proprio il nuovo governo di Canberra aveva pubblicato la propria “Strategic Defense Review” (SDR), all’interno della quale venivano raccomandati sia un potenziamento, sia un cambiamento nella composizione della flotta di superficie della RAN.

A quelle prime indicazioni era poi seguita una ulteriore fase di studio condotta da un team indipendente, che di fatto confermava i punti principali. Il deterioramento complessivo del quadro di sicurezza del Pacifico, richiede infatti che la RAN aumenti la consistenza della propria flotta, ne incrementi le capacità operative complessive e ne modifichi la composizione per renderla più adatta alle nuove sfide. In particolare, veniva anticipata l’esigenza di costruire delle nuove unità relativamente piccole, di fatto delle fregate “leggere”.

Nonostante dunque queste anticipazioni, la sorpresa legata all’annuncio del ministro Marles è stata comunque notevole, perché non c’è dubbio che la “Enhanced Lethality Surface Combatant Fleet” (questo è il nome ufficiale delle conclusioni finali di tutti gli studi condotti) presenti davvero molti spunti di interesse.

NASCONO DUE CATEGORIE DI NAVI DA COMBATTIMENTO

Prima di tutto, essa introduce il concetto di unità definite “Tier 1” e “Tier 2”. Le prime sono e saranno le unità di maggiori dimensioni nonché capacità operative (ovvero, piattaforme con spiccate caratteristiche multiruolo); mentre le seconde saranno uno “scalino” sotto ma sempre e comunque utili per incrementare il potenziale della RAN. Alla prima categoria appartengono dunque i 3 cacciatorpediniere della classe Hobart già in servizio e che riceveranno peraltro una serie di aggiornamenti mirati.

A questi si aggiungeranno poi le 6 future fregate classe Hunter (derivate dal progetto Type 26 Britannico) per quella che è, di fatto, la prima importante notizia, dato che il programma originale prevedeva la realizzazione di 9 unità. Un programma davvero complicato, che ben presto ha cominciato ad accumulare ritardi, aumenti di costo e difficoltà tecniche; al punto di essere messo pesantemente in discussione fino a ipotizzare un taglio delle unità da costruire perfino più drastico. Quella in questione è dunque una scelta di compromesso, comunque utile a dare il via alla parte più importante di questo processo di aggiornamento della RAN stessa.

Ovvero, la comparsa delle piattaforme “Tier 2”, nel cui ambito l’Australia punta alla introduzione in servizio di 11 nuove fregate leggere (anche se poi viene fissata fissata una soglia minima di 7 unità da realizzare comunque), dotate di una spiccata capacità ASW (Anti-Submarine Warfare) ma comunque in grado di svolgere altri tipi di missioni. Nel frattempo, Canberra ha già effettuato una prima selezione, riducendo a 4 le piattaforme tra le quali sarà poi scelta quella da introdurre in servizio.

Si tratta della fregata Giapponese Mogami, di quella Tedesca MEKO A-200, di quella Sud Coreana Daegu (nella versione definita “Batch II” o in quella “Batch III) e, infine, del progetto Spagnolo ALFA 3000. Dettaglio molto importante, per assicurare una rapida implementazione del programma, le prime 3 unità saranno costruite direttamente nel Paese prescelto; contestualmente, si procederà con il trasferimento di tecnologie necessario per poi avviare la costruzione delle restanti fregate in Australia.

L’altra grande novità è rappresentata dalla scelta di aumentare la consistenza della futura componente “Tier 2” attraverso l’acquisto di 6 “Large Optionally Crewed Surface Vessels” (LOSV). Una scelta dunque tecnologicamente molto avanzata, che farà perno sulla collaborazione con gli Stati Uniti che a loro volta stanno sviluppando proprio delle unità simili con il programma “Large Umanned Surface Vessel” (LUSV). Dunque, delle piattaforme sostanzialmente prive di equipaggio o comunque con uno non permanentemente imbarcato e che avranno lo scopo di accompagnare le unità tradizionali ovvero di operare in maniera autonoma, fungendo soprattutto da “magazzino aggiunto” per missili (antiaerei, antinave e per l’attacco a terra). Anche queste unità saranno comunque costruite in Australia.

Infine, da segnalare anche gli interventi operati sulla linea delle unità minori. Gli Offshore Patrol Vessel (OPV) della classe Arafura attualmente in fase di costruzione saranno anch’essi tagliati da 12 a 6, per essere quindi affiancati nei compiti/missioni più semplici da un totale di 19 unità da pattugliamento della classe “Evolved Cape” (8 saranno in servizio con la RAN stessa e le restanti 11 con la Australian Border Force o ABF).

SCELTE TANTO CORAGGIOSE QUANTO DENSE DI RISCHI

Se dunque la “rivoluzione” è notevole, al punto di far dire che (al suo completamento) quella in questione sarà la flotta più “potente” per Canberra dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, non si possono neanche nascondere i diversi interrogativi che essa pone.

Innanzi tutto, di ordine finanziario; perché se da una parte è vero che ci saranno i risparmi derivanti dalla cancellazione di 3 fregate della classe Hunter e 6 OPV della classe Arafura, dall’altra l’obiettivo di mettere in servizio 7/11 nuove fregate e 6 LOSV è comunque ambizioso; nonché finanziariamente significativo. In questo senso, il governo australiano ha promesso ulteriori  stanziamenti, anche per rafforzare l’industria cantieristica del Paese.

Ma anche così, le perplessità non sono certo fugate; anche perché l’Australia in questi ultimi anni si è contraddistinta per scelte erratiche e all’insegna della eccessiva complicazione sul fronte del “procurement”. E quanto successo al programma delle fregate Hunter lo testimonia alla perfezione. Anche se, va riconosciuto, le premesse poste alla base di questo processo di potenziamento, sembrerebbero aver recepito le lezioni di un recente passato.

Da ultimo, il tema del personale; anche Canberra (così come molti altri Paesi del “blocco Occidentale”) deve infatti far fonte a una crescente difficoltà sul fronte dei reclutamenti. E l’ulteriore impegno legato al potenziamento della flotta (anche subacquea, con il già ricordato arrivo dei sottomarini a propulsione nucleare), inevitabilmente porrà ancora più sotto stress questo aspetto. Al punto da farlo diventare, con ogni probabilità, un fattore determinante nella scelta delle future fregate “Tier 2”;e ciò nella misura in cui l’Australia potrebbe puntare proprio su quelle unità dotate di un elevato livello di automazione, al fine di contenere le esigenze in quanto uomini di equipaggio.

Back To Top