Grande è il sommovimento nell’industria automobilistica globale. Il FT segnala che i consumatori cinesi stanno snobbando Tesla, che peraltro ha lanciato il suo ultimo modello nel paese nell’ormai lontano 2019. La quota del mercato cinese dell’azienda di Elon Musk, nei primi sette mesi dell’anno, è al 6,5 per cento contro il 9 per cento dello stesso periodo dello scorso anno, secondo una società di consulenza di Shanghai. Il calcolo delle quote di mercato EV in Cina include le ibride plug-in.
Le auto ibride avanzano in Cina
Le vendite di EV in Cina sono cresciute quest’anno più del 30 per cento, spinte da un balzo di quasi il 90 per cento delle plug-in hybrid, tecnologia che combina una batteria più piccola con un motore termico di backup (ma spesso l’utilizzo avviene all’opposto, con la spina snobbata). Nel primo semestre di quest’anno, i ricavi di Tesla in Cina ammontano a 9,2 miliardi di dollari contro i 10,6 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno.
In Cina, la spinta alle ibride deriva dalla diffusione dell’elettrico fuori dai grandi centri urbani, dove le infrastrutture di ricarica sono meno sviluppate. Anche nell’ambito delle ibride, il colosso cinese BYD domina il mercato, lanciando quest’anno due modelli con autonomia di 2.100 chilometri con una ricarica e un pieno di benzina. Anche altri costruttori cinesi hanno dichiarato che svilupperanno il segmento ibrido, grazie ai generosi e onnipresenti sussidi pubblici.
In questo quadro competitivo, Musk tenta di recuperare ricavi tentando di convincere le autorità cinesi a dare il via libera al software di guida semi-autonoma FSD (Full Self Driving), che è centrale al nascente (o presunto tale) mercato dei robotaxi. Anche ipotizzando uno sviluppo del genere, è molto difficile riuscire a non essere travolti da concorrenti col coltello tra i denti, che potranno replicare la tecnologia senza problemi ma anzi con evidente supporto delle autorità, e impegnati a lanciare nuovi modelli con una frequenza inimmaginabile altrove.
Europa, salvare il motore termico potrebbe non bastare
In Europa, nel frattempo, dove la situazione del mercato delle EV è in uno stato comatoso, si cerca di capire dove si dirigerà l’industria, dopo che Volkswagen ha lanciato un allarme che può essere considerato esistenziale. A luglio, le consegne di auto elettriche sono calate del 10 per cento su base annuale sul mercato europeo, con il crollo del 37 per cento della Germania. Ciò sta sconvolgendo i piani di investimento e conversione delle case automobilistiche. Date le attuali strutture di costi i prezzi degli EV, in assenza di enormi e assai poco razionali sussidi pubblici, restano eufemisticamente non competitivi, ma la crisi non risparmia i tradizionali modelli con motore a combustione interna.
Il Ceo di Mercedes, Ola Källenius, ha dichiarato che la sua azienda, che puntava alla completa elettrificazione delle sue vendite entro il 2030, ora immagina che il motore termico resterà ben oltre l’inizio del nuovo decennio. Nel frattempo, i governi si muovono. I tedeschi lo scorso anno sono riusciti a ottenere una deroga per i cosiddetti e-fuel alla messa al bando dei motori termici, ma la sensazione è che si andrà molto oltre. Nel 2026 è prevista la revisione in sede Ue della scadenza del 2035 per la messa al bando dei motori termici. Con questa situazione di mercato, immaginare che tale data possa essere posticipata o addirittura cancellata, non è così spericolato.
Ma se così fosse, per andare dove? Qui si possono solo fare congetture. Ad esempio, verso l’ibrido, dove si stanno rifugiando anche costruttori statunitensi come Ford. Il problema è che, anche in questa ipotesi, i marchi cinesi stanno diventando sempre più abili e convenienti. La loro penetrazione nel mercato europeo potrà agevolmente avvenire anche sugli ibridi, già da oggi, mentre il mercato statunitense è minacciato in prospettiva dall’arrivo di impianti cinesi in Messico. Questo dà la misura della minaccia esistenziale alla sopravvivenza dei costruttori automobilistici incumbent, in Europa e non solo.