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Messico

Cosa farà Trump contro le auto cinesi in Messico?

L'applicazione di un dazio del 200% sull’import di auto dal Messico, proposto da Trump, richiederebbe un accordo separato con il paese, che fa parte del libero scambio nordamericano. L'analisi di Giraldo tratta dalla newsletter Out.

Donald Trump ha ribadito la sua disponibilità a permettere alle case automobilistiche cinesi di costruire auto negli Stati Uniti per stimolare l’economia. “Proprio ora, mentre parliamo, grandi fabbriche vengono costruite oltre confine in Messico” dalla Cina per produrre auto da vendere negli Stati Uniti, ha detto Trump alla Convention nazionale repubblicana la scorsa settimana. “Quegli impianti saranno costruiti negli Stati Uniti e la nostra gente gestirà quegli impianti”, ha detto, aggiungendo che altrimenti avrebbe imposto tariffe fino al 200% su ogni auto per impedirne l’ingresso nel paese.

Un’altra delle iperboli trumpiane? O è qualcosa che ha senso? Intanto, due numeri: oggi la quota di mercato negli USA dei tre big di Detroit (Ford, General Motors e Stellantis) è attorno al 40%. Il resto del mercato è spartito tra marchi europei e giapponesi. Si stima che i cinesi venderanno 446.000 unità in Nord America (USA, Canada e Messico) quest’anno, ovvero il 2,3% delle vendite di veicoli leggeri nel Nord America. L’ottantuno percento di queste sarà venduto però in Messico e solo 77.000 in USA. Al 2030 le importazioni negli USA di auto cinesi arriverebbero a 120.000 veicoli. Numeri molto piccoli.

Infatti, quello che preoccupa di più sono le importazioni da Messico e Canada, ai quali, essendo nell’area doganale di libero scambio USMCA, non si applicano dazi. In quel caso, nell’ipotesi che i marchi cinesi BYD e Chery aprano fabbriche di assemblaggio in Messico per vendere poi le auto negli USA, le vendite al 2030 salirebbero a 257.000, cioè l’1,5% dei veicoli leggeri negli USA (stime IndustryWeek). Non esattamente un bagno di sangue, dunque.

Probabilmente si tratta di stime un po’ troppo prudenti (non riguardano solo le auto elettriche, ma anche ibride e ICE, motori a combustione interna). Se consideriamo volumi di vendite superiori, il problema di Trump sarà dunque frenare l’import di auto dal Messico, dove i cinesi stanno costruendo fabbriche di assemblaggio. Ma il trattato di libero scambio del Nord America impedisce i dazi sull’import dal Messico, se le produzioni lì sono conformi alle regole USMCA.

Dunque, l’applicazione di un dazio del 200% (o qualunque altro) sull’import di veicoli dal Messico richiederebbe un accordo separato. Non è impossibile, visto che la stessa cosa ha fatto Joe Biden poco tempo fa quando ha alzato i dazi sull’alluminio dal Messico, in accordo con il governo di Mexico City. Però, anche in questo caso il dazio dovrebbe essere attentamente dosato, poiché anche le Big three americane (e i marchi asiatici ed europei) hanno delocalizzato in Messico per esportare da lì negli USA. Paradossalmente, le case americane soffrirebbero molto più dei fabbricanti cinesi in caso di dazi così alti sull’import. Sarebbero costrette a rimpatriare? Come si dovrebbe distinguere il veicolo cui applicare il dazio da quello libero? Ogni anno gli USA dal Messico importano circa 2,6 milioni di veicoli, pari a circa il 14% delle vendite in USA, e non si tratta certo di marchi messicani. L’equazione insomma non è semplice.

La scappatoia potrebbe essere rappresentata dalle questioni di sicurezza. Il timore che le nuove auto iperconnesse cinesi portino con sé rischi per la sicurezza nazionale americana è un tema molto sentito a Washington e potrebbe essere usato per giustificare unilateralmente una iniziativa del genere. Un’altra possibilità è che gli USA nel 2026 escano dal USMCA in occasione della revisione del trattato, prevista dopo sei anni (il trattato è del gennaio 2020) o in quella sede chiedere sostanziali modifiche per tenere conto delle mutate condizioni. È anche vero che ogni parte contraente del trattato può uscirne con sei mesi di preavviso, in qualunque momento. Non ci sarebbe da sorprendersi se Trump minacciasse di uscire dal trattato USMCA come arma negoziale, se il governo messicano dovesse opporsi a revisioni pesanti.

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