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Auto, perché la transizione energetica elettrizza la Borsa

Le ultime mosse fra industria e Borsa di alcuni gruppi automobilistici

La transizione energetica dai motori endotermici a quelli elettrici non sarà indolore. E non solo perché i grandi marchi si ritrovano a competere con un nugolo di startup arrembanti che sperano di mettersi in scia al successo di Tesla. Occorre formare personale, costruire gigafactory, rivedere da zero pianali e piattaforme, investire come mai prima in R&D, ripensare le collaborazioni con seconde e terze parti… In più, un numero crescente di Paesi, a iniziare da quelli europei, imporranno date precise per il passaggio all’elettrico, quindi non potrà avvenire per gradi, è non potrà essere finanziato dai motori tradizionali, che a un certo punto sbatteranno contro il divieto di produzione.

LA TRANSIZIONE ENERGETICA SI QUOTA IN BORSA

È questo il motivo per il quale sempre più gruppi parlano di riassetti, scorpori e riorganizzazioni. Il 2022 potrebbe essere l’anno in cui Porsche correrà in Borsa. Se ne parla da tempo, puntualmente le voci di corridoio sono state disattese. Poi, però, di colpo, sono state pronunciate due parole: «trattive avanzate» e sono bastate a far volare le azioni del Gruppo Volkswagen, arrivato a guadagnare quasi 10 punti, tutto ciò grazie all’ufficializzazione che la discussione con Porsche Automobil Holding su una potenziale Ipo di Porsche Ag, controllata al 100% dal 2012, non solo prosegue ma pare perfino a buon punto.

Non sappiamo che tipo di valutazione avrà una operazione del genere: si parla di una cifra tra i 45 e perfino i 100 miliardi di euro (il direttore finanziario di Porsche, Lutz Meschke, nel 2018 ipotizzò una valorizzazione complessiva fino a 70 miliardi di euro, Bank of America fissa l’asticella a 80 miliardi), mentre l’intero gruppo ha attualmente una capitalizzazione di mercato di circa 112 miliardi.

IL RITORNO DELLE FAMIGLIE PORSCHE E PIECH

L’obiettivo dell’Ipo di Porsche è replicare il successo dell’operazione Ferrari, quando nel 2015 Fca mise sul mercato il 10% del capitale del Cavallino rampante, destinando una quota analoga nelle mani di Piero Ferrari e l’80% in capo a Fiat Chrysler, distribuita poi agli azionisti di Fca con quotazioni schizzate del 300%. Sarebbe una manna dal cielo per il Gruppo, che intende sfruttare il brand del lusso per fare cassa: trovare fondi per sostenere la transizione energetica.

Le famiglie Porsche e Piech, che controllano Porsche Se, maggiore azionista di Volkswagen (quota del 31,4% e il 53,3% dei diritti di voto) non sono contrarie: Porsche Se ha infatti fatto sapere che potrebbe acquistare azioni ordinarie di Porsche Ag in caso di quotazione. Porsche Automobil Holding acquisirà 25% più un’azione del capitale ordinario della Casa di Zuffenhausen al prezzo di collocamento delle azioni privilegiate, aumentato del 7,5%. La famiglia Porsche/Piëch rientrerà insomma nell’azionariato dopo la cessione del controllo decisa nel 2009.

FORD E RENAULT RADDOPPIANO

Un’altra voce di corridoio smentita a più riprese dalla stessa Ford, ma che invece va verso la concretizzazione, è lo scorporo di Ford in due unità distinte: Ford Model e Ford Blue. Ormai è ufficiale. La prima sarà incentrata sull’elettrico, Ford Blue proseguirà con le attività tradizionali, ovvero sarà impegnata a costruire ‘un business termico più redditizio e dinamico’, per usare le parole dell’amministratore delegato di Ford, Jim Farley. Qualcosa di simile è stato annunciato negli stessi giorni da Luca De Meo, ad Renault, che intende procedere con un’unità EV per l’Europa e l’altra endotermica per Asia e America.

Ma torniamo alla Casa fondata da Henry Ford. Ford Blue e Ford Model opereranno come attività distinte, condividendo però la tecnologia.  Al 2026, Ford si aspetta anche di raggiungere un margine Ebit adjusted di gruppo del 10%. Ford ha confermato la guidance per il 2022, con un adjusted ebit tra 11,5 e 12,5 miliardi di dollari mentre per ciò che concerne gli obiettivi a lungo termine prevede un margine ebit adjusted al 10% nel 2026. Entro quella data, la Casa statunitense produrrà 2 milioni di auto EV entro mentre stima che al 2030 i mezzi Ev rappresenteranno metà delle vendite globali. Nel 2022 stanzierà 5 miliardi di dollari solo sull’EV.

LA VIA MAESTRA È CINESE?

Insomma, la via maestra sembra quella tracciata a suo tempo dai cinesi di Geely Auto Group con Volvo, che hanno deciso di riunire la divisione elettrica sotto l’egida sportiva di Polestar per poi farle percorrere la via della SPAC, acronimo di Special Purpose Acquisition Company, veicolo di investimento costituito per raccogliere capitali sul mercato attraverso la quotazione in Borsa così da ripagare appunto la transizione energetica. Alla chiusura dell’operazione, prevista a settimane, Polestar Automotive Holding UK Limited dovrebbe essere quotata al Nasdaq con il simbolo “PSNY” a un enterprise value di circa 20 miliardi di dollari.

DA LOTUS A HARLEY DAVIDSON

E probabilmente non sarà la sola marca del gruppo Geely a reperire in Borsa le risorse per la transizione energetica: dovrebbe ricorrere all’Ipo pure la britannica Lotus, in mano cinese dal 2017. Si sta pesando una «quotazione nel Regno Unito, Stati Uniti o Cina», ha detto il portavoce James Andrew in una dichiarazione riportata da Bloomberg. La dimensione dell’emissione e la valutazione devono ancora essere «determinate, e nessuna decisione è stata ancora presa sull’eventuale Ipo». Lotus Tech è intesa dalla proprietà asiatica come la chiave per far crescere le vendite da 1.710 auto nel 2021 a ben 150.000 all’anno nei prossimi. Tutti modelli ovviamente elettrificati. Sempre quest’anno si attendono poi le Ipo della vietnamita VinFast di Vingroup, ancora abbastanza sconosciuta in Occidente, ma che ha appena presentato al Mobile World Congress di Barcellona VF 8 e VF 9 – due Suv elettrici realizzati in collaborazione con il designer torinese Pininfarina – e soprattutto dell’iconico marchio USA Harley Davidson.

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