Si fa sempre più impervia la strada dell’esecutivo italiano a caccia di marchi asiatici nel tentativo di riportare la produzione annuale di auto a livelli accettabili, ma soprattutto sostenibili così da evitare nuovi licenziamenti e altre chiusure della filiera (i numeri che arrivano dai sindacati riguardo ai marchi Fiat sono sempre più preoccupanti). La Spagna si sta rivelando infatti il principale competitor a livello europeo, riuscendo a intercettare più velocemente di noi gli investitori cinesi.
LA SPAGNA FA INCETTA DI INVESTITORI CINESI
Era già successo con Chery, che fonti di stampa e persino qualche dichiarazione scappata al titolare del Mimit, Adolfo Urso, nei mesi scorsi davano in trattative ormai avanzate col governo italiano per la realizzazione di una gigafactory nel nostro Paese.
Lo scorso 19 aprile, però, le speranze italiane si sono sfarinate di fronte alla firma dell’accordo tra l’impresa catalana Ebro-EV Motors (con il 60% delle quote) e l’azienda automobilistica cinese Chery (con il restante 40% delle quote) per produrre insieme veicoli a Barcellona, così da reindustrializzare l’ex fabbrica Nissan in Zona Franca.
I SOLDI PUBBLICI SPAGNOLI (ED EUROPEI) AI MARCHI CINESI
L’investimento previsto è di 400 milioni di euro e se Chery alla fine ha scelto la penisola iberica è perché non dovrà tirarli fuori da sola: in buona parte sono infatti sovvenzioni pubbliche per avviare il progetto. Fondi che provengono in massima parte dal Pnrr che Madrid ha contrattato con Bruxelles, dedicando un capitolo ad hoc all’automotive.
Le linee di assemblaggio inizieranno a sfornare auto già alla fine di quest’anno, con la prospettiva di aumentare il volume e raggiungere 150.000 veicoli assemblati nei prossimi cinque anni. Il nuovo progetto prevede l’assunzione di 1.250 dipendenti. Il vicepresidente di Chery, Zhang Guibing, ha affermato che Barcellona diventerà una delle principali basi di esportazione del marchio a livello mondiale.
ALTRI INVESTITORI CINESI PUNTANO ALLA SPAGNA
Nonostante le numerosissime fibrillazioni politiche dell’ultimo periodo, la Spagna ha messo in atto una formula che piace agli investitori cinesi e li persuade sul fatto che sia e resti ancora il Paese europeo nel quale sia meglio scommettere.
Secondo indiscrezioni della stampa locale, anche il brand asiatico Saic, già proprietario del marchio britannico MG, starebbe valutando la Galizia come possibile regione per un suo primo hub nel Vecchio continente, al di qua della Manica.
La Galizia e altre due comunità autonome spagnole, Aragona e Cantabria, avrebbero già preso parte alle trattative con gli investitori cinesi, presentando ai vertici della Saic un possibile pacchetto di sussidi erogati a livello locale per ingolosire la controparte, cui potrebbero aggiungersi ulteriori aiuti in arrivo dal governo centrale della Spagna.
Sembra che la penisola iberica attragga Saic non solo per i sussidi, ma anche per la posizione strategica che la renderebbe particolarmente vicina agli impianti inglesi di MG. Voci non confermate sostengono che gli investitori cinesi finora avessero preso in considerazione come possibili mete l’Ungheria, già scelta alcune settimane fa da BYD, o la Repubblica Ceca. Entrambi gli Stati dell’Est Europa garantirebbero un costo del lavoro decisamente inferiore rispetto alla Spagna, che però vanta una vicinanza all’Inghilterra che potrebbe influenzare le decisioni.
LA SPAGNA SI CONFERMA LA FABBRICA DELLE AUTO EUROPEE
Anche nell’era dell’auto elettrica la Spagna conferma insomma il suo peculiare ruolo di fabbrica europea di vetture, pur non vantando chissà quale storia automobilistica. I numeri che arrivano da Madrid evidenziano maggiormente il ritardo italiano.
Gli ultimi dati di S&P Global Mobility confermano infatti che nel 2023 nel nostro Paese sono state sfornate poco più di 800 mila vetture, contro il milione e seicentomila della Francia, ma soprattutto ci dicono che quel numero è appena un terzo rispetto a quello vantato dalla Spagna. E per quest’anno i sindacati italiani temono che la produzione nei nostri stabilimenti si fermerà a poco più di cinquecentomila tra vetture e veicoli commerciali.