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Auto Connesse

Perché gli americani temono tanto le auto cinesi connesse

Non c'è solo TikTok a rischiare il ban dagli Usa. Dopo i dazi sulle elettriche, l'amministrazione Biden intende preparare a tempo record un pacchetto normativo che blindi le frontiere alle auto connesse: "Fotografano ogni cosa e sanno dove andate". Il provvedimento potrebbe essere esteso anche alle vetture con motori endotermici.

“Le auto connesse possono essere oggetti molto spaventosi”. Sembra l’incipit di un film dell’orrore di serie B, invece sono le parole di Alan Estevez, sottosegretario per l’Industria e la Sicurezza, cui è toccato il compito di spiegare alla stampa l’ennesima blindatura commerciale che gli Usa intendono apporre alle loro frontiere ai danni della tecnologia cinese.

LE AUTO CONNESSE NON PASSERANNO

Dopo il ban di Huawei di Donald Trump e i recenti dazi alle auto elettriche e ai pannelli solari cinesi imposti da Joe Biden, il nuovo obiettivo degli Stati Uniti pare essere il cervello delle vetture più intelligenti già in circolazione.

IL CAMBIO DI PASSO DEGLI USA: SEMPRE MENO IMPORTAZIONI

Per Pechino le nuove dichiarazioni del boiardo di Stato significano una cosa sola: a novembre indipendentemente da chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca, l’America proseguirà con atti commercialmente ostili alla Cina. Gli Usa, insomma, giocano in difesa. Per buona parte del Secolo breve hanno spinto sulle importazioni per rendere il dollaro una sorta di moneta universale, ora però vogliono fare da sé e diventare autosufficienti.

Una autarchia già messa nero su bianco dall’Inflation Reduction Act voluto da Biden, ovvero il pacchetto di aiuti che premia le aziende che impiantano la propria filiera di valore nei 50 Stati, svantaggiando enormemente chi importa dall’estero, persino dai Paesi considerati amici.

COLPIRE LE AUTO CONNESSE PER FERMARLE TUTTE

Che gli Usa avessero nel mirino le auto connesse lo si sapeva da qualche mese. A inizio anno Joe Biden aveva commissionato un report sulla materia e a maggio la segretaria al Commercio, Gina Raimondo aveva fatto capire che il barometro segnava tempesta: “Potremmo prendere provvedimenti estremi, ossia dire di no in toto a queste auto, oppure cercare una qualche forma di contenimento del problema”.

Ora però il sottosegretario per l’Industria e la Sicurezza aggiunge un altro particolare non di poco conto: “Che sia elettrica o abbia un motore a combustione interna, la vostra macchina sa un sacco di cose su di voi. Scatta foto in continuazione, gestisce la propulsione, è connessa al vostro telefono, sa chi chiamate e dove andate. Ecco perché il software che la gestisce dovrebbe essere sviluppato in un Paese alleato”.

FRONTIERA BLINDATA ANCHE PER I MOTORI A SCOPPIO

Il colpo di coda dell’amministrazione Biden, ormai agli sgoccioli, potrebbe insomma essere quello di estendere futuribili restrizioni commerciali non solo alle auto elettriche cinesi, già duramente colpite dai dazi di recente promulgazione, ma pure a quelle tradizionali, mosse da motori endotermici.

Da questo punto di vista, la situazione si fa preoccupante un po’ per tutte le Case che non sviluppano internamente la propria tecnologia e hanno componenti hi-tech che arrivano da Pechino e dintorni: potrebbero infatti essere vietati negli Usa proprio perché ci sarebbe in gioco la sicurezza nazionale.

L’ULTIMA CORSA DI BIDEN?

Si tratta di un provvedimento che, oltre a scudare la sicurezza nazionale, difende l’industria dell’auto – fondamentale nell’economia Usa – dalle bordate degli agguerriti avversari cinesi. Un provvedimento insomma da spendere in campagna elettorale.

Per questo sembra che il Dipartimento del commercio statunitense stia correndo il più velocemente possibile far partire, già dal prossimo agosto, la regolamentazione del software delle auto connesse, così da permettere all’amministrazione Biden di porre in essere la misura prima della fine del mandato.

GLI USA COPIANO I CINESI?

Sull’allarmismo per le auto connesse gli statunitensi non hanno inventato nulla. Alle Tesla in Cina, persino quelle prodotte a Shanghai (Elon Musk ha impiantato lì la principale fabbrica del Gruppo), secondo quanto riferito dal Wall Street Journal fin dal 2021, per anni è stato impedito costantemente di circolare nei quartieri sensibili e nei dintorni dei luoghi in cui si riunisce il Partito comunista in quanto dotate di “occhi e orecchie”.

Non solo, a Tesla era stato vietato di esportare i dati raccolti in Cina negli Usa perché fossero analizzati e contribuissero a portare avanti lo sviluppo dell’Autopilot. Motivo? La sicurezza nazionale cinese, appunto.

Ma negli ultimi tempi qualcosa è cambiato, se si pensa che a seguito dell’incontro di fine aprile tra Musk e il capo del Consiglio cinese per la promozione del commercio internazionale, Ren Hongbin, l’imprenditore sudafricano di colpo ha avuto i documenti che chiedeva da anni, ovvero quelli che attestano che i modelli prodotti localmente da Tesla rispettano i requisiti di sicurezza dei dati della Cina. Insomma, Pechino la prima mossa distensiva l’ha fatta e gli Usa?

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