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Audi è già pronta a partire per gli Usa per compiacere Trump?

Audi sarebbe pronta a mettere mano a un investimento da 4 miliardi pur di costruire un proprio impianto negli Usa così da scansare i dazi al 25 per cento che Trump ha predisposto per tutelare i marchi americani

Chiuso lo stabilimento di auto elettriche nel cuore dell’Europa (ormai quella parte del piano industriale della Casa dei Quattro anelli è superata, come ha dichiarato recentemente il Ceo del gruppo), Audi valuta seriamente di aprirne uno negli Usa, quasi certamente per vetture dal motore a combustione interna e al più ibride, naturalmente per evitare i dazi di Donald Trump.

LE AUTO TEDESCHE NEL MIRINO DI TRUMP

Se ne parla da tempo: sia Audi sia la sua controllante, Volkswagen, con l’insediamento del tycoon hanno subito lasciato trapelare la propria volontà di addivenire a un accordo con il nuovo presidente Usa, che in troppi discorsi ha citato proprio le “auto tedesche” quale principale problema della scarsa competitività dei marchi statunitensi.

Secondo quanto appreso dal settimanale tedesco Der Spiegel, il marchio premium nonostante la crisi in cui si dimena il comparto dell’auto sarebbe pronto a mettere sul tavolo circa 4 miliardi di euro per avviare i lavori in un impianto americano che permetta di evitare i balzelli alla dogana.

LA CORSA E LO STOP

La casa di Ingolstadt a inizio 2025 aveva corso a più non posso esportando circa 37.000 macchine negli Usa prima della scadenza del 3 aprile così da poter evitare l’aggravio doganale su un ultimo lotto da distribuire ai propri rivenditori senza aggravi di spesa che sarebbero finiti nei listini.

Con l’innalzamento delle tariffe, invece, Audi ha deciso di fermare nei porti statunitensi tutte le auto indirizzate alla rete vendita americana, mossa condivisa da tanti altri marchi europei come per esempio Jaguar Land Rover (controllata dagli indiani di Tata).

IL MERCATO CHE AUDI RISCHIA DI PERDERE A CAUSA DI TRUMP

Quello a stelle e strisce, però, è un mercato irrinunciabile per il marchio tedesco: nei 50 Stati nel solo 2024 la Casa dei Quattro anelli ha commercializzato quasi 197.000 auto, quasi il 12% dei volumi totali.

Finora Audi aveva alimentato i rivenditori americani tramite le proprie fabbriche localizzate in Messico – in cui si produce la suv Q5, che negli Usa ha piazzato circa 57.000 esemplari – o nell’Unione Europea (la A5 arriva da Neckarsulm, in Germania, le Q7 e Q8 provengono da Bratislava, in Slovacchia mentre la Q3 vengono invece sfornate a Györ, in Ungheria). In entrambi i casi tali linee sarebbero attualmente soggette al nuovo balzello del 25%. E soprattutto all’incognita di ulteriori rincari, data l’imprevedibilità della Casa Bianca su questo argomento.

L’ULTIMA GIRAVOLTA DI TRUMP SULLE AUTO

A fine aprile Trump aveva spiazzato il mercato prevedendo uno sconto fiscale annuale del 3,75 per cento sul prezzo di vendita dei veicoli prodotti a favore di chi assembla negli Usa vetture con componenti straniere. Si tratta di una misura temporanea che scenderà al 2,5 per cento nel secondo anno e porta i marchi a internalizzare le filiere produttive.

NO AGLI STABILIMENTI CONDIVISI?

Inizialmente diversi analisti avevano ipotizzato che Audi si sarebbe fatta ospitare da Volkswagen che ha due stabilimenti negli Usa: a Chattanooga, nel Tennessee e in Columbia, nel South Carolina. Ma a quanto pare sia per dimostrare a Trump la serietà delle proprie azioni, sia perché Vw avrà bisogno di far funzionare quei due stabilimenti a tutto regime, essendo costretta anch’essa a implementare la produzione negli Usa, le indiscrezioni che giungono dai media tedeschi parlano di uno stabilimento indipendente per le sole Audi.

COME MAI QUESTA ATTESA?

La decisione comunque dovrà essere ufficializzata quanto prima dato che il tempo scorre veloce: non deve però nemmeno sorprendere l’attendismo di questo e di altri costruttori europei. Con ogni probabilità è infatti ancorato alla speranza che la Ue possa addivenire in extremis a un accordo con Washington finalizzato a mitigare l’impatto dei balzelli. Ciò consentirebbe agli industriali di evitare simili spese in un periodo tutt’altro che facile per il comparto dell’auto.

 

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