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Aeroporti di Roma (Adr), ecco come Atlantia decolla. Storia e cronaca

Passato, presente e futuro di Aeroporti di Roma (gruppo Atlantia) secondo l'esperto Gaetano Intrieri già al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

La storia di Adr è molto lunga e complessa, ma per ben comprendere la portata dell’operazione relativa all’ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino, gestito dalla società Aeroporti di Roma, gruppo Atlantia, occorre ripercorrere brevemente la storia della privatizzazione del più grande aeroporto di questo Paese.

Durante il mio breve periodo come componente della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ebbi modo di ricostruire quanto accaduto a Fiumicino aeroporto dagli anni 70 ai giorni nostri.

Nel 1974 veniva costituita la società Aeroporti di Roma (Adr), attraverso lo spin off di una divisione dell’allora Ministero dei Trasporti ed in seguito venivano determinate alcune importanti prescrizioni tra le quali occorre evidenziare quella all’art. 5 comma 6 della legge 985/77 secondo la quale i dividendi della società non potevano superare l’8% del capitale sociale e tutto quanto eccedeva questo importo andava accantonato in apposito fondo destinato a finanziare investimenti infrastrutturali a favore della collettività.

Peccato che nel 1995 nel bel mentre si inizia a parlare di privatizzazioni la legge n. 351 con un codicillo apparentemente insignificante di fatto cancella tale prescrizione attraverso l’articolo 1 bis, che stabilisce che con effetto dall’entrata in vigore della medesima legge: “…cessa ogni obbligo di destinazione degli utili delle società di gestione aeroportuale previsto dalle disposizioni vigenti”.

Sarà un caso ma dopo questo apparentemente insignificante codicillo, gli imprenditori italiani accorsero ed è così che nel luglio 1997 Aeroporti di Roma veniva quotata in borsa per il 45% e nel 2000 il Consorzio Leonardo, di cui facevano parte Gemina (famiglia Romiti), Falck, Italpetroli e Impregilo, acquisiva il restante 55%, completando definitivamente la privatizzazione, il tutto a trattativa privata, ovvero senza un bando internazionale che mettesse in reale competizione più concorrenti interessati all’acquisto delle quote.

I Benetton arrivarono esattamente 10 anni dopo, nel 2007, rilevando la maggioranza del capitale, attraverso una complessa operazione finanziaria condotta da Sintonia, a quel tempo holding finanziaria dei Benetton, che successivamente, nel dicembre 2013, trasferiva la proprietà di Adr ad Atlantia.

Nel 2009 la concessione originale, quella del 1974 era in scadenza, ma con il provvidenziale intervento di una legge, la n.57 del 2001 e più precisamente dell’art. 10 comma 1, che interpreta una precedente legge n. 359 del 1992, senza troppa pubblicità e rumore si allungò la concessione di ulteriori 35 anni.

Non solo: il Parlamento, nel 2009, compie un vero e proprio capolavoro passato inosservato e nel silenzio mediatico. Mi riferisco al D.L. n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009, art. 17, comma 34 bis, che rimuove un tappo fondamentale, quello del Cipe regolatore e controllore delle tariffe aeroportuali e guarda caso anche autostradali.

Tale articolo, per incentivare l’adeguamento delle infrastrutture di sistemi aeroportuali nazionali, prevede che l’Authority controllante i gestori aeroportuali possa stipulare, per i sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale, contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia, alla data di approvazione della concessione, cioè 21 dicembre 2012, “introducendo sistemi di tariffazione pluriennale orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza e a criteri di adeguata remunerazione degli investimenti e dei capitali, con modalità di aggiornamento valide per l’intera durata del rapporto”.

Fabrizio Palenzona – a quel tempo e sino al 2016 Presidente di Aeroporti di Roma, ma anche Presidente di Aiscat (Associazione Italiana Concessionarie Autostrade e Trafori) e Vice Presidente di Unicredit Banca – in un pubblico convegno tenuto in Enac nel giugno del 2018 dichiarò che quella legge fu di fatto anche merito suo.

Quindi che al momento del rinnovo della concessione aeroportuale attuale, Adr/Atlantia ottengono un beneficio di straordinaria portata potendo di fatto contare su una adeguata remunerazione del capitale investito in infrastrutture e servizi.

Ma i colpi di scena non finiscono qui, infatti rovistando tra leggi e decreti, arrivai a determinare chi aveva chiuso il cerchio, ovvero chi aveva legiferato l’atto di programma a danno della collettività oggi bloccato dal Ministero dell’ambiente: l’Atto Unico Contratto di Programma-Convenzione tra Adr e lo Stato Italiano attraverso Enac porta la firma del Presidente del Consiglio Prof. Mario Monti con decreto della Presidenza del Consiglio del 22 Dicembre 2012.

La stranezza di tale decreto è che lo stesso viene ad essere approvato da un Presidente del Consiglio e da un Consiglio dei Ministri che si dimette lo stesso giorno, dopo che già aveva annunciato le sue dimissioni sin dall’8 dicembre 2012, quindi formalmente ancora in carica solo per l’ordinaria amministrazione, ma non certamente per firmare un atto che impegna lo Stato italiano per i successivi 33 anni e per una spesa di circa 18 miliardi di euro.

Ecco quindi che quel governo che approvò la legge Fornero contemporaneamente firmava un decreto con annessi 18 miliardi per la famiglia Benetton.

Chi istruisce ed è di fatto il dominus della pratica relativa all’ampliamento dell’aeroporto di Roma è l’allora Ministro dei Trasporti Corrado Passera, l’uomo del Piano Fenice, ovvero quel Piano che doveva servire a salvare e privatizzare Alitalia ma che di fatto finì per salvare Airone e permettere a Banca Intesa di rientrare dell’esposizione con il gruppo Toto proprietario della compagnia aera abruzzese schiacciata sotto una montagna di debiti.

Passera riuscii quindi al fotofinish a istruire il decreto e il Consiglio dei Ministri a poche ore dalle dimissioni decreta il Contratto di Programma con il gruppo della famiglia Benetton tutto questo reso possibile dall’opera di Palenzona.

Nella stessa legge vi è un comma che quanto meno per salvare la faccia e le apparenze, recita quanto segue:
“la deroga è applicabile se si rispettavano due precise condizioni: gli aeroporti dovevano avere un elevato volume di traffico (superiore a dieci milioni di passeggeri annui) e gli investimenti infrastrutturali previsti si fondassero su capitali di mercato del gestore”.

Se la prima condizione è chiaramente soddisfatta perché l’aeroporto di Fiumicino supera abbondantemente i 10 milioni di passeggeri, sulla seconda occorre analizzare il Piano Economico Finanziario previsto dal contratto di programma della Concessione ad Adr/Atlantia ed i bilanci dei primi 6 anni di gestione post rinnovo della concessione, cioè quelli dal 2012 al 2018. Dall’analisi di tali bilanci si dimostra che la seconda condizione prevista dalla legge non è soddisfatta ne a livello preventivo ne tanto meno a consuntivo.

Più in dettaglio emerge quanto segue:

1. Il piano di copertura del fabbisogno finanziario funzionale a realizzare il piano degli investimenti infrastrutturali non prevede alcun apporto di nuovo capitale da parte degli azionisti.

2. La copertura del fabbisogno di risorse finanziarie connesso alla realizzazione del piano di investimenti è totalmente realizzata tramite i flussi di cassa operativi quindi senza alcuna iniezione di capitale proprio. Non vi è traccia di apporto di nuovi capitali di mercato del gestore!!

Gli investimenti si sono autofinanziati e Adr non ha in realtà avuto necessità di ricorrere a capitali di mercato per far fronte alle obbligazioni convenzionalmente assunte, hanno pagato come sempre i cittadini italiani.

Quanto ho potuto verificare durante la mia permanenza al Ministero e grazie anche allo straordinario contributo dei fantastici cittadini del “Comitato Fuoripista”, è l’esistenza di un coacervo di un progetto multi-decennale, durante la quale è stata concepita, perseguita e finalizzata una strategia da parte di Atlantia che potremmo definire un “continuum incedere di outliers dalle regole di mercato e soprattutto senza il minimo rispetto delle più elementari norme sulla concorrenza e dei diritti dei consumatori”. I danni per lo Stato sono incalcolabili pari a diversi miliardi di euro, se a tutto questo si aggiunge che le tariffe aeroportuali accordate ad Adr/Atlantia sono uno dei fattori letali del susseguirsi dei fallimenti Alitalia di cui tutti ne stiamo pagando un peso insopportabile. E fa quasi tenerezza che qualcuno con il cappello in mano chieda a Benetton di salvare Alitalia con dei soldi che moralmente appartengono ai cittadini italiani.

Il rischio di impresa sotteso al conseguimento degli scopi del contratto di concessione è sostanzialmente inesistente, alcune clausole contrattuali sono finalizzate a ridurre, sino a praticamente azzerare, tali rischi attraverso un sistema di indennizzi studiati ad hoc nell’esclusivo interesse del gruppo Benetton, attraverso un sistema di calcolo del WACC ovvero il tasso di remunerazione sull’investimento assolutamente iniquo ed a danno dello Stato ed infine attraverso un sistema tariffario denominato “dual till” è in deroga rispetto a quello sino ad allora in vigore e gestito dal Cipe, basato su criteri diversi che prevedevano, ad esempio che i ricavi da attività “non aviation”, non solo quelli da attività ”aviation”, contribuissero a ridurre le tariffe e come già detto, la deroga fu resa possibile da un apposito articolo della Legge102/2009, sponsorizzata dal banchiere Fabrizio Palenzona. Tale regime tariffario ha generato negli ultimi 6 anni cioè dal 2013, anno della entrata in vigore della concessione, profitti mirabolanti, sia in termini di utili che di dividendi, a scapito dei passeggeri e degli utenti aeroportuali e quindi dei contribuenti italiani. Anzi, il termine “profitto”, dato il livello di rischio d’impresa praticamente uguale a zero, è inappropriato: è più corretto parlare di rendite garantite dallo Stato a danno dei propri cittadini.

La mia idea era quella che il Ministero ed Enac rivedessero il contratto ed il sistema tariffario in esso regolato, in modo che fosse remunerato solo il capitale realmente investito e gli incredibili tassi di rendimento sinora garantiti venissero azzerati a favore di una diminuzione delle tariffe, o in alternativa la parte eccedente il budget (PEF) venisse a costituire un apposito fondo infrastrutturale volto, ad esempio, a finanziare il cronico deficit infrastrutturale degli aeroporti minori anche esso gravante sulle tasche dei cittadini contribuenti. Non fu possibile.

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