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Nuovi Farmaci

Vaccini anti Covid ai bambini, come si dividono esperti e Stati

Il parere dell’Ema sui vaccini anti Covid ai bambini arriverà il 29 novembre, ma Stati europei ed esperti non concordano. Fatti e approfondimenti

 

Se quasi tutti i Paese europei hanno iniziato la vaccinazione dei ragazzi dai 12 anni in su resta ancora da sciogliere il nodo sui bambini dai 5 agli 11 anni. Ma ora, una data su quando l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) si pronuncerà ci sarebbe.

Secondo quanto anticipato dal presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) Giorgio Palù, il parere arriverà il prossimo 29 novembre e “noi seguiremo quanto deciderà l’Ema”, ha detto il virologo.

COSA DIRÀ L’EMA

L’Ema, che ha iniziato la revisione sui vaccini anti Covid ai bambini il 18 ottobre, darà una valutazione sull’utilizzo del vaccino di Pfizer/BioNTech, in quanto Moderna ha presentato la stessa richiesta di autorizzazione solo il 9 novembre scorso.

Secondo il Sole24Ore, Pfizer dovrebbe ricevere un sì dall’Autorità europea, ma non senza difficoltà. Ci sarebbe, infatti, un gruppo di Paesi del Nord Europa pronto a fare resistenza.

QUALI PAESI EUROPEI POTREBBERO OPPORSI

Svezia e Danimarca, stando al quotidiano economico, sarebbero i più ostili all’autorizzazione dei vaccini anti Covid ai bambini – e potrebbero portare dalla loro parte anche altri Paesi. Tuttavia, questo non dovrebbe inficiare l’esito finale che raggiungerebbe comunque una maggioranza tale da vedere il sì trionfare.

I RISCHI DEL NO

L’obiettivo resta quello di raggiungere un parere più omogeneo possibile per non alimentare ulteriormente le tesi dei no vax e avvicinarsi sempre di più al 100% di immunizzazione in un momento in cui il virus ricomincia a circolare più velocemente – anche attraverso i bambini che sono un veicolo di contagio.

Non è escluso, aggiunge Il Sole24Ore, che emerga una “relazione” da questa minoranza di Paesi contrari, come accadde con la Danimarca che sul vaccino di AstraZeneca decise in modo diverso rispetto all’Ema.

CHI DECIDE

All’interno dell’Ema, a dare l’autorizzazione o meno è il Committee for medicinal products for human use (Chmp). Il Comitato è composto da un esperto per ogni Paese europeo, più altri cinque scelti dalla Commissione Ue.

C’È CHI FA DA SÉ

Intanto, in Austria, dove nella sola giornata di sabato si sono registrati 13 mila contagi, Vienna sarà la prima città europea a offrire il vaccino di Pfizer anche ai bambini tra i 5 e gli 11 anni. Il tasso di vaccinazione del Paese è fermo al 65%. Un dato “vergognosamente basso” per usare le parole del cancelliere Alexander Schallenberg quando ha annunciato l’entrata in vigore da ieri del lockdown per i non vaccinati.

IL RAPPORTO RISCHI-BENEFICI

Sia tra chi è a favore che tra chi è contrario ai vaccini anti Covid nei bambini, la decisione finale si basa sul rapporto rischi benefici. Senza vaccino tra gli under 12, secondo i numeri riportati dal Sole24Ore, “si stanno registrando oltre all’aumento dei contagi anche forme gravi tra i più piccoli”.

In Italia, tra i 5 e gli 11 anni, infatti, “ci sono state finora 16 morti e sono in crescita anche ricoveri, compresi quelli in terapia intensiva. A questo vanno aggiunti i 239 casi di MIS-C (sindrome infiammatoria multi-sistemica del bambino) censiti dal Gruppo di Studio Reumatologia della Sip, una complicanza da Covid-19 che ha interessato anche bambini senza pregresse patologie oltre ai casi di long Covid nella fascia pediatrica”.

Motivo per cui, la Società italiana di pediatria (Sip) si è già schierata a favore della vaccinazione dei bambini, che in Italia sono circa 3,5 milioni.

ESPERTI A FAVORE

A proposito di questi dati, il direttore sanitario dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano Fabrizio Pregliasco, in un’intervista ha dichiarato: “Spero che a breve sia possibile vaccinare anche i bambini, non appena ci sarà il via libera da parte dell’Ema, considerando che anche per loro il Covid non è una passeggiata e ha degli effetti a lungo termine”.

“Uno su mille ha la sindrome infiammatoria multisistemica che crea problemi. I più piccoli – ha aggiunto Pregliasco – sono colpiti dalla variante Delta, quindi vaccinandoli si ridurrebbero molte probabilità di contagi. Vanno vaccinati anche per mantenere aperta la scuola, perché cominciano ad esserci molte classi in quarantena”.

A sottolineare le maggiori difficoltà poste dal diffondersi della variante Delta anche tra i più piccoli è anche Guido Rasi, consulente del Commissario all’emergenza Covid Francesco Paolo Figliuolo, il quale sostiene che “la protezione del vaccino è soprattutto per loro stessi perché vediamo che, purtroppo, la variante Delta in questa quarta ondata non risparmierà neanche loro”.

Paolo Rossi, capo del dipartimento di pediatria dell’ospedale Bambino Gesù, si chiede: “I bambini entro il primo anno di vita ricevono l’esavalente che contiene sei vaccini: difterite, tetano, pertosse, epatite B, poliomielite e Haemophilus influenzae. Perché bisognerebbe temere la puntura che ora gli proponiamo per metterli al sicuro?”.

ESPERTI NON TROPPO A FAVORE

Molto più cauta invece è la posizione di Maurizio Bonati dell’Istituto Mario Negri in un’intervista al Corriere della Sera: “Vaccinare i bambini di 5-11 anni non è una priorità. Abbiamo tempo per decidere. Aspettiamo che si faccia chiarezza”.

Bonati sembra non avere dubbi su efficacia e sicurezza del vaccino “a breve termine”, tuttavia giustifica così i numeri citati prima: “I bambini se prendono l’infezione accusano sintomi lievi. Dal 2020 ne sono morti 16 ma per altre patologie concomitanti. Il rischio è migliaia di volte inferiore pur tenendo conto delle rarissime sindromi infiammatorie multisistemiche (Mis-c), espressioni tardive del Covid”.

Vaccini anti Covid “solo ai bambini fragili”, è il parere del direttore dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, che concorda pienamente con il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus, il quale ha affermato che è “insensato il vaccino a bimbi e il booster a sani se chi rischia è senza”.

Vaia ha infine aggiunto che “la responsabilità sociale non deve essere dei bambini ma degli adulti, dei genitori, dei nonni e dei docenti”.

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