Skip to content

Sla

Una nuova terapia potrebbe rallentare la forma più comune di Sla

Un nuovo approccio terapeutico per i pazienti con la forma genetica più diffusa di Sla sfrutta un farmaco, già approvato per il trattamento della dipendenza da alcol, per rallentare la progressione della malattia. Parte del team che ha condotto la ricerca è anche italiano. Tutti i dettagli

 

Un importante studio internazionale coordinato dal National Institute on Aging (Nia) e pubblicato su Cell Genomics, che ha visto la partecipazione di diversi centri di ricerca italiani e milanesi in particolare, ha identificato un promettente approccio terapeutico per i pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) causata da mutazioni del gene C9orf72, la forma genetica più comune della malattia.

LA PARTECIPAZIONE ITALIANA

Allo studio hanno contribuito i ricercatori del Centro Dino Ferrari dell’Università degli Studi di Milano, della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano e la Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, tutti appartenenti al Consorzio Slagen, fondato anni fa per favorire la ricerca genetica sulla Sla.

“Questo studio rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dei meccanismi alla base della Sla legata a mutazioni di C9orf72 e nell’identificazione di nuove terapie – ha spiegato Stefania Corti, ricercatrice della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico -. L’approccio innovativo basato sull’analisi dei dati genomici ha permesso inoltre di identificare un farmaco già disponibile che potrebbe essere rapidamente testato in trial clinici”.

Nello studio sono stati analizzati i dati genomici di oltre 41mila pazienti affetti da Sla.

IL FARMACO CHE POTREBBE RALLENTARE LA SLA

Lo studio, affermano i ricercatori, ha permesso di identificare l’acamprosato, farmaco già approvato per il trattamento della dipendenza da alcol, come potenziale terapia per rallentare la progressione della malattia nei pazienti con mutazioni del gene C9orf72.

Gli esperimenti condotti su cellule motoneuronali derivate da pazienti hanno dimostrato che l’acamprosato ha un effetto neuroprotettivo paragonabile o superiore a quello del riluzolo, l’attuale standard di cura per la Sla.

FATTORI GENETICI ED ETÀ DI ESORDIO DELLA MALATTIA

Gli autori della ricerca hanno anche scoperto che i fattori genetici che influenzano il rischio di sviluppare Sla sporadica possono modificare l’età di esordio nei pazienti con questa particolare mutazione, fornendo nuove informazioni sulla variabile espressione clinica della malattia.

“L’originalità dell’approccio sta nell’avere inizialmente focalizzato la ricerca su varianti geniche influenzanti l’età di esordio dei pazienti con mutazione nel gene C9orf72 per utilizzare poi questa strategia per identificare molecole terapeuticamente efficaci”, ha detto Nicola Ticozzi, direttore dell’Uo di Neurologia dell’Auxologico San Luca di Milano.

NUOVE SPERANZE

“La completezza dello studio – ha aggiunto Antonia Ratti della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano – sta nella conferma di efficacia utilizzando modelli in vitro ottenuti da cellule staminali pluripotenti indotte (ipscs) differenziate a cellule motoneuronali umane quale modello di prezioso significato biologico per testare molecole di impiego clinico”.

“Questi risultati – ha concluso Giacomo P. Comi della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – aprono nuove prospettive per lo sviluppo di terapie personalizzate per i pazienti con Sla. La possibilità di utilizzare un farmaco già approvato potrebbe accelerare significativamente il processo di sviluppo di nuovi trattamenti”.

I DATI DELLA SLA IN ITALIA

La Sla, spiega la Società italiana di neurologia (Sin), è la più frequente delle malattie del motoneurone, un gruppo eterogeneo di patologie che interessano i neuroni motori. A esse, oltre alle varie tipologie di Sla, appartengono la Sma (atrofia muscolare  spinale), la malattia di Kennedy, la Sindrome Post-Polio e numerose altre forme.

La Sla è una malattia neurodegenerativa progressiva, il cui esordio avviene di solito fra i 65 e 75 anni di età. Il deficit motorio inizialmente può manifestarsi agli arti superiori, agli arti inferiori, a livello dei muscoli a innervazione bulbare o a livello della muscolatura respiratoria.

Stando alla Sin, colpisce circa 3 casi ogni 100.000 abitanti/anno e ha una prevalenza di circa 10 casi su 100.000 abitanti, il che la inserisce per definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) tra le malattie rare. In Italia si contano circa 5.000-6.000 malati e, secondo i dati del 2020 dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), si prevede che ogni anno si registreranno circa 2.000 nuovi casi.

Le cause sono ancora sconosciute ma molti fattori di rischio sono stati studiati in associazione alla malattia. A oggi, il fumo di sigaretta, insieme all’attività fisica intensa (sportiva o lavorativa) e ai traumi generali, sembra essere il fattore di rischio statisticamente più rilevante. Negli ultimi anni, come possibile fattore causale o predisponente della malattia, è stato riconosciuto un ruolo sempre più importante alla genetica.

LE TERAPIE A DISPOSIZIONE

Come scrive la Sin, non esistono terapie farmacologiche in grado di arrestare il suo decorso e attualmente l’unico farmaco approvato per la Sla, con efficacia dimostrata in diversi studi controllati, è il riluzolo, capace di rallentare il decorso della malattia di alcuni mesi. In Italia è autorizzato, ma non approvato, anche l’edaravone endovenoso, un farmaco che ha mostrato alcuni risultati sul rallentamento di perdita di funzione.

Nel settembre del 2022 alle Molinette di Torino è stata scoperta la prima cura efficace per una particolare mutazione genetica che colpisce il 2% dei pazienti, mentre nell’aprile 2023 la Food and Drug Administration (Fda) ha approvato un trattamento per lo stesso tipo di mutazione.

Torna su