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Esame Sangue Long Covid

Un esame del sangue potrebbe prevedere il long Covid

Ricercatori dell’University College London hanno sperimentato un esame che sembra essere in grado di prevedere il long Covid già al momento dell’infezione. Tutti i dettagli

 

La sindrome del long Covid, una delle conseguenze della pandemia ancora poco conosciuta, potrà essere prevista da un esame del sangue eseguito al momento dell’infezione da Sars-CoV-2. Lo afferma uno studio pubblicato su The Lancet.

Per ora i risultati analizzati da alcuni ricercatori dell’University College London riguardano un piccolo numero di partecipanti ma sembrano comunque promettenti.

IL TEST

Un esame del sangue eseguito al momento dell’infezione da Sars-CoV-2 promette di prevedere la sindrome del long Covid, individuando i pazienti più a rischio di disturbi.

Per compiere questa missione, il test misura i livelli di una serie di proteine, le cui concentrazioni plasmatiche sono risultate particolarmente alte nei contagiati con sintomi ancora persistenti a 12 mesi dall’infezione.

I PRIMI CASI DI COVID E LONG COVID NEL REGNO UNITO

Lo studio parte dall’osservazione dei primi casi di infezione da SARS-CoV-2 nel Regno Unito. La maggior parte delle persone infettate all’epoca, si legge su The Lancet, non ha richiesto l’ospedalizzazione, ha avuto un’infezione lieve o asintomatica di breve durata, ma altri invece hanno avuto sintomi che sono persistiti per settimane o mesi.

Da qui gli studiosi hanno ipotizzato che “il proteoma [il complesso delle proteine espresse da una cellula o da un organismo, ndr] plasmatico al momento della prima infezione riflettesse differenze nella risposta infiammatoria legate alla gravità e alla durata dei sintomi”.

LO STUDIO

Nello studio del proteoma plasmatico sono quindi stati coinvolti 156 operatori sanitari, di cui 54 con Covid confermato da tampone molecolare o test degli anticorpi e 102 non infetti. L’età mediana era 39 anni.

Gli scienziati hanno analizzato campioni di plasma ogni settimana per 6 settimane nella primavera 2020 per capire se e come il Covid influenzava i livelli di proteine plasmatiche. Sono stati monitorati anche la gravità dei sintomi e le risposte anticorpali. I questionari a 6 e 12 mesi hanno raccolto dati sui sintomi persistenti.

I LIVELLI ANOMALI DI ALCUNE PROTEINE

Dai campioni di plasma sono state rilevate concentrazioni anomale, molto elevate, per 12 proteine su 91 prese in considerazione. Il grado di anomalia nelle concentrazioni proteiche era proporzionato alla gravità dei sintomi e alla risposta anticorpale.

Le proteine con una concentrazione anomala “erano per lo più coordinate intorno alle vie del metabolismo dei lipidi, dell’aterosclerosi e del colesterolo, al sistema del complemento e alla coagulazione, all’autofagia e alla funzione lisosomiale”, affermano su The Lancet.

I RISULTATI

I risultati hanno mostrato che anche un’infezione Covid lieve o asintomatica altera il profilo proteico del plasma sanguigno per almeno 6 settimane.

Inoltre, aggiungono gli scienziati: “La firma proteomica plasmatica al momento della sieroconversione ha il potenziale per identificare quali individui hanno maggiori probabilità di soffrire di sintomi persistenti legati all’infezione da SARS-CoV-2”.

È stato infatti scoperto che dei 20 principali biomarcatori proteomici associati a sintomi persistenti, 5 continuavano a essere “anormalmente abbondanti” nel plasma dei partecipanti infetti anche dopo 6 settimane.

IL RUOLO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

L’individuazione dei soggetti più a rischio di sviluppare il long Covid è resa possibile da un algoritmo realizzato con l’intelligenza artificiale che ha permesso di prevedere con successo se la persona avrebbe riportato o meno sintomi persistenti un anno dopo l’infezione.

Secondo uno strumento di apprendimento automatico, il tasso di errore del test è del 6% ed è in grado di analizzare migliaia di campioni in un solo pomeriggio.

Riuscire a identificare le persone che potrebbero sviluppare long Covid, ha commentato una delle autrici, Wendy Heywood, significa aprire “la strada alla sperimentazione di trattamenti come antivirali somministrati nelle fasi iniziali dell’infezione per capire se riescono a ridurre il rischio di long Covid”.

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