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Fontana Lombardia Ordinanza

Tutti i perché sul papocchio di dati e Rt fra Iss e Regione Lombardia

Cosa è successo fra Istituto superiore di sanità e Regione Lombardia con l'indice Rt? Fatti, numeri, polemiche e approfondimenti

 

Da zona rossa a zona arancione. Da domenica 24 gennaio, ci sono misure meno restrittive in Lombardia, regione che era stata messa in zona rossa per un indice Rt sbagliato. Ora è caccia al colpevole, con Regione e Governo che si rimbalzano le accuse. Cosa è successo?

L’INDICE RT

Partiamo dal principio (o quasi). Il dato che ha fatto rientrare la Lombardia in zona rossa è l’indice Rt relativo alla settimana dal 4 al 10 gennaio, aggiornato al 13 gennaio, a 1.4 (valore inferiore di 1.38 e un valore massimo di 1.43).

In base a tale numero, la cabina di regia, decide che “due Regioni e province autonome (Bolzano e Lombardia) hanno un Rt puntuale maggiore di 1,25 anche nel limite inferiore, compatibile quindi con uno scenario di tipo 3”.

NUMERI SOVRASTIMATI

Ma si tratta, secondo la Regione Lombardia, di numeri sovrastimati dall’Istituto superiore di Sanità. In pratica, vengono contati più infetti di quelli che realmente ci sono.

DATI VALIDATI DALLA REGIONE

Ma si tratta, ribattono da ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità, di dati che sono stati “ripetutamente validati dalla stessa Regione”.

Regione, spiegano dall’Iss, che avrebbe rettificato, il 20 gennaio, il numero di casi sintomatici, che sono gli unici che rientrano nel calcolo dell’Rt. In quell’occasione dai 14.180 casi con data di inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre, il 20 gennaio, si è passati a 4.918.

IL CONTEGGIO

Ma colpe e responsabilità a parte, a cosa è dovuto il calcolo sbagliato? In quell’indice Rt vengono conteggiati anche centinaia di guariti, che però guariti non sono stati dichiarati.

CHE COSA HA SCRITTO IL CORRIERE DELLA SERA

Il problema è che il numero di casi indicati dalla Regione su cui viene calcolato dall’Istituto superiore di sanità l’Rt è sovrastimato, ha sottolineato sabato scorso il Corriere della Sera: “Vengono contati più infetti di quelli che realmente ci sono. Sembra paradossale, ma è la verità: tra i casi ci sono anche centinaia di guariti. Sono soprattutto coloro che dal 12 ottobre, in base alle nuove norme del ministero, possono interrompere l’isolamento tra i 10 e i 21 giorni dalla comparsa dei sintomi senza più il doppio tampone negativo. Tutti loro nei report compilati da Cereda compaiono come persone con «inizio sintomi», ma senza la descrizione dello stato clinico (asintomatico, paucisintomatico, sintomi). Se il campo non è compilato, in assenza di informazioni, quando guariscono, non vengono depennati”.

ASINTOMATICI NON ESCONO DAI CONTEGGI

“Il 12 ottobre una circolare del ministero della Salute dice che persona asintomatica con tampone positivo dopo 21 gg si reputa guarita. Ma senza tampone negativo, al data-base regionale la persona risulta ancora infetta. Non solo Lombardia…”, ha sottolineato su Twitter la giurista Vitalba Azzollini che sul quotidiano Domani diretto da Stefano Feltri sta seguendo anche questi aspetti.

LE RICHIESTE DEI SINDACI DI CENTROSINISTRA

Il sospetto è che a causa dei mancati conteggi dei guariti la Lombardia sia finita nella «zona» sbagliata non solo a gennaio ma anche in altre occasioni. È l’allarme lanciato dai sette sindaci di centrosinistra dei capoluoghi lombardi (Milano, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona, Lecco e Varese) che ieri hanno chiesto alla Regione di poter avere accesso agli «open data» a partire dalla data del 12 ottobre. Da quando, cioè, non è più obbligatorio il doppio tampone negativo per dichiarare guarito un malato di Covid, ma sono sufficienti 21 giorni di isolamento, scrive il Corsera: “Secondo i sindaci è da quella data che iniziano i problemi. Se il campo dove deve essere indicato lo stato clinico di sintomatico, asintomatico o paucisintomatico non viene compilato si continuano a conteggiare come positivi anche i guariti. È l’effetto «cumulo» che ha determinato il calcolo dell’Rt sbagliato come è successo il 15 gennaio con la Lombardia in zona rossa. Parla a nome di tutti Giorgio Gori, sindaco di Bergamo: «Ci sia dato il modo di capire cosa sia successo dal 12 ottobre, settimana per settimana e se quindi l’errata classificazione della Lombardia riguardi solo la decisione del 15 gennaio e se la zona rossa sbagliata sia stata di una sola settimana o se anche prima di Natale sia accaduto che l’Rt sia stato calcolato in modo più elevato e la Lombardia abbia subito limitazioni che non avrebbe dovuto subire»”.

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