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Medici

Sanità, cosa non va nei Livelli essenziali di assistenza (Lea)

I Livelli essenziali di assistenza (Lea) dovrebbero ridurre le diseguaglianze e rendere accessibili le innovazioni del settore sanitario in tutto il territorio nazionale, tuttavia il timore della Fondazione Gimbe è che queste intenzioni rimangano solo sulla carta. Ecco perché

 

I Livelli essenziali di assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale, ovvero le tasse.

Secondo il 5° Rapporto sul SSN della Fondazione Gimbe l’incompiuta del Dpcm sui nuovi LEA che aveva ampliato prestazioni e servizi a carico del SSN senza la necessaria copertura finanziaria è uno dei gravi problemi riguardanti la grave crisi del nostro sistema sanitario.

IL NUOVO DPCM SUI LEA

Il 18 marzo 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dpcm del 12 gennaio 2017 con i nuovi Livelli essenziali di assistenza che ha sostituito integralmente quello precedente del novembre 2001, con cui i LEA erano stati definiti per la prima volta.

COSA PREVEDE

Il Dpcm, si legge sul sito del ministero della Salute, definisce le attività, i servizi e le prestazioni garantite ai cittadini con le risorse pubbliche messe a disposizione del SSN; descrive con maggiore dettaglio e precisione prestazioni e attività oggi già incluse nei livelli essenziali di assistenza; ridefinisce e aggiorna gli elenchi delle malattie rare e delle malattie croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione dal ticket; innova i nomenclatori della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica, introducendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed escludendo prestazioni obsolete.

I TRE LIVELLI DEI LEA

Inoltre, il Dpcm definisce i tre macro livelli: prevenzione collettiva e sanità pubblica, che comprende tutte le attività di prevenzione rivolte alle collettività ed ai singoli; assistenza distrettuale, vale a dire le attività e i servizi sanitari e socio-sanitari diffusi sul territorio; e l’assistenza ospedaliera.

COSA NON VA SECONDO GIMBE

Fin dall’annuncio di un nuovo Dpcm sui Lea, la Fondazione Gimbe, si legge nel rapporto, ha rilevato che “l’intervento della politica nella complessa normativa dei LEA puntava esclusivamente ad aggiornare le prestazioni in relazione al progresso scientifico e tecnologico, senza considerare le implicazioni economiche (sostenibilità), né quelle professionali e sociali (medicalizzazione della società)”.

L’AGGIORNAMENTO CONTINUO…

Una delle criticità osservata da Gimbe è il mancato aggiornamento dei LEA previsto dal Dpcm e che secondo il ministero, deve essere “continuo, sistematico, su regole chiare e criteri scientificamente validi”.

A tal proposito è stata istituita una Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel SSN. Tuttavia, osserva Gimbe, “non si è mai concretizzato il loro aggiornamento continuo per mantenere allineate le prestazioni all’evoluzione delle conoscenze scientifiche”.

…E L’ASPETTO ECONOMICO

Ma l’aggiornamento, secondo il rapporto, non è la vera sfida della Commissione quanto la “definizione e applicazione di un rigoroso metodo evidence& value-based, al fine di utilizzare il denaro pubblico per garantire ai cittadini servizi e prestazioni sanitarie ad elevato value, impedire l’erogazione di prestazioni dal value negativo, spostare sulla spesa privata (compartecipazione, spesa out-of-pocket, spesa intermediata) quelle dal value basso e avviare ricerca comparativa indipendente per le prestazioni dal value incerto”.

Uno dei problemi economici rilevati dalla Fondazione, infatti, riguarda “l’assenza di una rendicontazione pubblica dell’intero processo di valutazione dell’aggiornamento [che] non permette di comprendere quanto attualmente l’aggiornamento dei LEA sia un processo prevalentemente “reattivo” – ovvero indotto dalle richieste degli stakeholder – e quanto “proattivo”, dettato cioè da proposte che arrivano dalle Istituzioni”.

I FINANZIAMENTI

A decorrere dal 2022, la legge di bilancio 2022 – si legge sul sito della Camera dei deputati – ha indirizzato uno stanziamento annuale pari a 200 milioni di euro per l’aggiornamento dei LEA. Tale somma è a valere sulla quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale.

I LEA NON SONO UGUALI IN TUTTA ITALIA

Sebbene il Dpcm preveda un Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA, cui è affidato proprio il compito di verificarne l’erogazione in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal SSN, la realtà è un po’ diversa.

Infatti, nonostante il Dpcm dichiari l’intenzione di fornire su tutto il territorio nazionale le nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica, per Gimbe, queste non sono esigibili in tutto il Paese perché il “Decreto Tariffe non è mai stato approvato per carenza di risorse economiche”. Restano quindi un ‘lusso’ solo delle Regioni non in Piano di rientro che le finanziano con fondi propri.

Infine, afferma la Fondazione, il Nuovo Sistema di Garanzia, la nuova ‘pagella’ con cui lo Stato darà i ‘voti’ alle Regioni, non è affatto uno specchio fedele per valutare la qualità dell’assistenza.

PERCHÉ?

“A quasi sei anni dal Dpcm che ha istituito i ‘nuovi LEA’ – ha detto il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – le diseguaglianze regionali, in termini di esigibilità di prestazioni e servizi a carico del SSN, non dipendono solo dalle capacità di erogazione delle Regioni, ma affondano nell’impianto istituzionale di aggiornamento e verifica dei LEA. Un impianto che richiede una profonda revisione di responsabilità, metodi e strumenti, perché l’esigibilità di servizi e prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale non rimanga solo sulla carta”.

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